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Subject: NBA
Outdoor top sui 90 euro il t1000 della spalding…. Rapporto qualità prezzo invece bg3800 della molten (dovresti stare nei 40),se vuoi esagerare anche il bg 4500 sempre molten(ma vai su,credo sui 75) ….poi si parla del nuovo Wilson outdoor ma non è un 7, è una innovazione,affascinante però per il playground (altro sport rispetto al basket).
- in estate Irving fa ufficialmente sapere alla dirigenza dei Nets che non vuole vaccinarsi, dichiarandosi un no-vax.
- nel frattempo la NBA vara un rigidissimo protocollo sanitario di 61 pagine, per i giocatori: i non vaccinati sono obbligati a tamponi quotidiani, anche più volte al giorno, e non possono mangiare al chiuso con i compagni, devono stare ad almeno due metri da tutti negli spogliatoi, in aereo e in pullman, ed altre limitazioni.
- di recente alcune città americane ed alcuni Stati, tra cui la California, varano delle disposizioni con le quali, tra le altre cose, vietano ai non vaccinati di accedere alle Arene sportive. Tra queste città c'è anche New York. In sostanza Irving non può giocare le partite casalinghe al Barclays Center.
- i Nets incontrano più volte Irving che conferma la sua intenzione di non vaccinarsi "per questioni religiose".
- Irving, non potendo accedere ad alcune Arene, tra cui quella di Brooklyn, salterebbe circa una cinquantina di partite sulle 82 totali perdendo più del 50% del suo stipendio annuale (37 milioni).
- la zia di Irving dichiara in una intervista che in realtà Irving non vuole vaccinarsi non per questioni religiose, ma per scelte che non vuole spiegare a nessuno. Da tempo, dopo il suo sostegno alle teorie terrapiattiste e cospirazioniste, praticamente nessuno riesce a parlare con lui.
- al training camp di San Diego, la dirigenza spera che Irving cambi idea dopo aver parlato con tutti i compagni. Irving resta fermo sulla sua posizione e pubblica un tweet criptico: “Sono protetto da Dio".
- i Nets non possono tagliarlo per giusta causa perchè l'NBA non ha imposto l'obbligo vaccinale per i giocatori. I Nets non possono neanche scambiarlo perché, come scritto da Gazzetta, ha una player option sul 2022/2023 e potrebbe quindi diventare free agent in estate, rendendo impossibile per Brooklyn ottenere in cambio qualcuno dello stesso livello.
- i suoi agenti fanno sapere che in caso di trade, Irving sarebbe pronto a ritirarsi dal basket.
- Irving non è presente al media-day al Barclays Center, ma risponde da casa via zoom alle domande dei giornalisti intimandogli di non chiedere nulla riguardo al vaccino. Nello shooting fotografico ufficiale per la stagione 2021/2022 non c'è quindi nessuna foto di Irving.
- nelle ultime due settimane si è allenato due volte con la squadra.
- un'ora fa i Nets hanno ufficialmente messo fuori squadra Irving. Il GM Sean Marks ha scritto: “Abbiamo deciso che Kyrie Irving non giocherà e non si allenerà con la squadra fino a quando non sarà in grado di prenderne completamente parte. Accettiamo la sua scelta personale e rispettiamo il suoi diritti individuali di prendere una tale decisione, ma non possiamo permettere a nessun giocatore di essere un componente della squadra part-time".
Ad una scelta del giocatore che crea, tra le altre cose, un grande danno tecnico ed economico alla sua squadra, alla fine è corrisposta una perentoria scelta, legittima, della sua squadra.
- nel frattempo la NBA vara un rigidissimo protocollo sanitario di 61 pagine, per i giocatori: i non vaccinati sono obbligati a tamponi quotidiani, anche più volte al giorno, e non possono mangiare al chiuso con i compagni, devono stare ad almeno due metri da tutti negli spogliatoi, in aereo e in pullman, ed altre limitazioni.
- di recente alcune città americane ed alcuni Stati, tra cui la California, varano delle disposizioni con le quali, tra le altre cose, vietano ai non vaccinati di accedere alle Arene sportive. Tra queste città c'è anche New York. In sostanza Irving non può giocare le partite casalinghe al Barclays Center.
- i Nets incontrano più volte Irving che conferma la sua intenzione di non vaccinarsi "per questioni religiose".
- Irving, non potendo accedere ad alcune Arene, tra cui quella di Brooklyn, salterebbe circa una cinquantina di partite sulle 82 totali perdendo più del 50% del suo stipendio annuale (37 milioni).
- la zia di Irving dichiara in una intervista che in realtà Irving non vuole vaccinarsi non per questioni religiose, ma per scelte che non vuole spiegare a nessuno. Da tempo, dopo il suo sostegno alle teorie terrapiattiste e cospirazioniste, praticamente nessuno riesce a parlare con lui.
- al training camp di San Diego, la dirigenza spera che Irving cambi idea dopo aver parlato con tutti i compagni. Irving resta fermo sulla sua posizione e pubblica un tweet criptico: “Sono protetto da Dio".
- i Nets non possono tagliarlo per giusta causa perchè l'NBA non ha imposto l'obbligo vaccinale per i giocatori. I Nets non possono neanche scambiarlo perché, come scritto da Gazzetta, ha una player option sul 2022/2023 e potrebbe quindi diventare free agent in estate, rendendo impossibile per Brooklyn ottenere in cambio qualcuno dello stesso livello.
- i suoi agenti fanno sapere che in caso di trade, Irving sarebbe pronto a ritirarsi dal basket.
- Irving non è presente al media-day al Barclays Center, ma risponde da casa via zoom alle domande dei giornalisti intimandogli di non chiedere nulla riguardo al vaccino. Nello shooting fotografico ufficiale per la stagione 2021/2022 non c'è quindi nessuna foto di Irving.
- nelle ultime due settimane si è allenato due volte con la squadra.
- un'ora fa i Nets hanno ufficialmente messo fuori squadra Irving. Il GM Sean Marks ha scritto: “Abbiamo deciso che Kyrie Irving non giocherà e non si allenerà con la squadra fino a quando non sarà in grado di prenderne completamente parte. Accettiamo la sua scelta personale e rispettiamo il suoi diritti individuali di prendere una tale decisione, ma non possiamo permettere a nessun giocatore di essere un componente della squadra part-time".
Ad una scelta del giocatore che crea, tra le altre cose, un grande danno tecnico ed economico alla sua squadra, alla fine è corrisposta una perentoria scelta, legittima, della sua squadra.
Ce ne sono diversi di giocatori non vaccinati: tra i più importanti Porter jr., Wiggins e, soprattutto, Beal.
Irving, che grazie al cielo non è più un Celtico, e gli altri hanno, imho, diritto a questa scelta
L'opinione di Kareem, secondo il quale la NBA dovrebbe insistere nel far vaccinare tutti i giocatori e i membri dello staff, è che chi non si vaccina dovrebbe essere escluso dalle squadre perchè «Non c’è spazio per giocatori che vogliono mettere a rischio la salute e la vita dei propri compagni di squadra, dello staff e del pubblico semplicemente perché non sono in grado di cogliere la gravità della situazione o di fare le ricerche necessarie. Quello che trovo particolarmente ipocrita riguardo ai negazionisti del vaccino è la loro arroganza nel non credere all’immunologia e agli altri esperti medici. Eppure, se un loro figlio fosse malato o se loro stessi avessero bisogno di cure mediche di emergenza, quanto poco ci metterebbero per fare esattamente ciò che quegli stessi esperti gli hanno detto di fare?».
Irving, che grazie al cielo non è più un Celtico, e gli altri hanno, imho, diritto a questa scelta
L'opinione di Kareem, secondo il quale la NBA dovrebbe insistere nel far vaccinare tutti i giocatori e i membri dello staff, è che chi non si vaccina dovrebbe essere escluso dalle squadre perchè «Non c’è spazio per giocatori che vogliono mettere a rischio la salute e la vita dei propri compagni di squadra, dello staff e del pubblico semplicemente perché non sono in grado di cogliere la gravità della situazione o di fare le ricerche necessarie. Quello che trovo particolarmente ipocrita riguardo ai negazionisti del vaccino è la loro arroganza nel non credere all’immunologia e agli altri esperti medici. Eppure, se un loro figlio fosse malato o se loro stessi avessero bisogno di cure mediche di emergenza, quanto poco ci metterebbero per fare esattamente ciò che quegli stessi esperti gli hanno detto di fare?».
sulla base di un presupposto sbagliato (il vaccino protegge chi ti sta vicino) si possono trarre conseguenze davvero ridicole.
Negli ultimi anni l’attenzione e la sensibilità che il mondo dello sport ha mostrato verso la salute mentale degli atleti sono aumentate a dismisura. Un tema che nel basket è diventato d'attualità grazie ai tanti coming-out di giocatori NBA, che hanno contribuito ad ammorbidire i giudizi spesso trancianti con cui si etichettavano certe richieste di aiuto. Nei tempi i più recenti poi, davanti a un modo diverso di rapportarci al nostro contorno, è aumentata l’esigenza di aprirsi su quelli su non sono e non devono più essere considerati argomenti tabù.
Perché non è solo il dolore fisico a tenerti lontano dal campo di gioco. La rottura di un legamento crociato o del tendine d’Achille che per oltre 2 anni ci hanno privato di Klay Thompson, rientrato sorridente questa notte, sono infortuni gravi, difficili da affrontare, emotivamente provanti anche per chi vede il proprio idolo soffrire e in qualche modo si identifica in quel calvario.
Ci sono altri tipi di dolore, nascosti dai muscoli, difesi dalla corazza che in tanti provano a costruirsi per diventare immuni a critiche e pressioni. Rui Hachimura ad esempio, 23enne dei Washington Wizards, era fuori da mesi, prima di stanotte, proprio per un dolore del genere. Nessun comunicato con recuperi da affrontare, operazioni a cui sottoporsi, tempi di recupero: molto più semplicemente una pausa invocata a gran voce da tutto.
A dispetto della scelta bassa, la nona, in un draft cannibalizzato dalle attenzioni su Zion Williamson, trovarsi di fronte 50 giornalisti giapponesi nella notte in cui è stato ufficialmente scelto dai Washington Wizards nel 2019 è stato per Rui un primo, enorme, macigno. Diventato ancora più pesante quando, sin dai primi allenamenti, sin dalla Summer League, Rui ha capito di essere in una sorta di Truman Show, inseguito sempre e comunque da una telecamera. Non tutti nascono LeBron James, non ogni ragazzo di 20 anni deve per forza avere spalle larghe per reggere pressione, aspettative, richieste via via più frequenti. Se poi sei il primo giapponese della storia a essere scelto al primo giro del draft, in un certo senso devi essere davvero pronto a tutto ciò per non restarne sopraffatto.
Rui forse non aveva ben chiara la portata di quella responsabilità conferitagli da un popolo intero mentre esibiva un sorriso sfavillante con una spilla ben in vista del Giappone accanto ad Adam Silver, poco dopo essere stato scelto. Da giapponese, in primis, ma anche da ragazzo figlio del Sol Levante dal lato materno e del Benin, stato africano, lato paterno. E per quanto il progresso civile in uno stato tecnologicamente iper evoluto abbia allontanato sterili polemiche su colore della pelle e tratti somatici che qualcuno vorrebbe poter definire "tipici" di una Nazione e dei suoi cittadini, proprio l'esperienza con Nazionale giapponese in estate, a Tokyo, e tutto ciò che ne è conseguito hanno fatto chiedere aiuto a Rui. Lui che da sempre si è dichiarato orgoglioso di rappresentare il suo Paese, risucchiato nel vortice delle critiche per le sconfitte rimediate, 3 su 3, dalla squadra, a stroncare la fiducia altissima che dopo le amichevoli vinte con Belgio e Francia aveva contagiato un popolo intero. Sconfitte che hanno messo in discussione tutto, in particolare quella che per lui era sempre stata una missione che andava ben oltre il basket: essere un punto di riferimento per i più piccoli, e visto il suo vissuto e il tenore di certe critiche, anche per chi in Giappone veniva ancora discriminato per il colore della pelle.
Sorte toccata anche a Naomi Osaka, tennista, anche lei come Rui "hafu" (half) che è il modo in cui vengono chiamati i giapponesi “a metá”. Due ragazzi cresciuti in una società che ha storicamente guardato il diverso con molto sospetto, diventati la grande speranza del Paese in sport per loro storicamente poveri di soddisfazioni. Finendo per subire la pressione sociale che le auto-aspettative che un popolo evoluto ma molto esigente esercita costantemente su se stesso.
Il 27 settembre Rui Hachimura ha fatto sapere ai Wizards con un SMS che non avrebbe partecipato agli allenamenti di inizio stagione e che riteneva necessario prendersi del tempo per affrontare i suoi problemi di salute mentale: un break dalla pallacanestro era quello che voleva più di ogni altra cosa.
Lo ha fatto senza alcun preavviso, come evidenziò qualcuno, come se certe sofferenze ti avvisassero prima preparandoti al percorso da fare. Un colosso di oltre 2 metri e di più di 100 chili, nonostante tanti come lui ci abbiano insegnato come oltre la corazza e il denaro ognuno di noi stia vivendo qualcosa che gli altri non devono per forza vedere, resta nell’immaginario collettivo ancora immune a parole come depressione, panico, ansia, salute mentale. Eppure se passi dall’essere l’eroe e il portabandiera del tuo Paese al capro espiatorio numero uno, preso di mira sui social – dove Rui a un certo punto smette di seguire tutti – una pausa diventa necessaria. Al punto da staccare da tutto, da tutti, allenandoti di notte da solo come scritto da reporter che seguono Washington.
Dopo mesi di silenzio, nella serata in cui ogni titolo diverso da Klay Thompson e Ja Morant risulta quasi ingombrante, Rui Hachimura è tornato ufficialmente in campo. Ha segnato 6 punti, realizzato una bella schiacciata come primo canestro, ed è apparso finalmente sereno in volto a fine partita. Dopo la quale ha detto:
"Stare per un po' lontano dalla pallacanestro per concentrarmi sulla mia salute mentale mi ha ricordato quanto mi piaccia questo sport. Sono arrivato a riguardare i miei highlights ogni giorno"
Senza paura di esporsi nella sua umana debolezza fino a poco tempo fa ricoperta da muscoli e lunghe leve, solo ieri Rui si è liberato di un peso che stava rendendo complicato persino godersi quello che ama fare di più.
Ecco perché saperlo sorridente con una palla da basket tra le mani, oggi, ci fa stare un po' meglio.
Perché non è solo il dolore fisico a tenerti lontano dal campo di gioco. La rottura di un legamento crociato o del tendine d’Achille che per oltre 2 anni ci hanno privato di Klay Thompson, rientrato sorridente questa notte, sono infortuni gravi, difficili da affrontare, emotivamente provanti anche per chi vede il proprio idolo soffrire e in qualche modo si identifica in quel calvario.
Ci sono altri tipi di dolore, nascosti dai muscoli, difesi dalla corazza che in tanti provano a costruirsi per diventare immuni a critiche e pressioni. Rui Hachimura ad esempio, 23enne dei Washington Wizards, era fuori da mesi, prima di stanotte, proprio per un dolore del genere. Nessun comunicato con recuperi da affrontare, operazioni a cui sottoporsi, tempi di recupero: molto più semplicemente una pausa invocata a gran voce da tutto.
A dispetto della scelta bassa, la nona, in un draft cannibalizzato dalle attenzioni su Zion Williamson, trovarsi di fronte 50 giornalisti giapponesi nella notte in cui è stato ufficialmente scelto dai Washington Wizards nel 2019 è stato per Rui un primo, enorme, macigno. Diventato ancora più pesante quando, sin dai primi allenamenti, sin dalla Summer League, Rui ha capito di essere in una sorta di Truman Show, inseguito sempre e comunque da una telecamera. Non tutti nascono LeBron James, non ogni ragazzo di 20 anni deve per forza avere spalle larghe per reggere pressione, aspettative, richieste via via più frequenti. Se poi sei il primo giapponese della storia a essere scelto al primo giro del draft, in un certo senso devi essere davvero pronto a tutto ciò per non restarne sopraffatto.
Rui forse non aveva ben chiara la portata di quella responsabilità conferitagli da un popolo intero mentre esibiva un sorriso sfavillante con una spilla ben in vista del Giappone accanto ad Adam Silver, poco dopo essere stato scelto. Da giapponese, in primis, ma anche da ragazzo figlio del Sol Levante dal lato materno e del Benin, stato africano, lato paterno. E per quanto il progresso civile in uno stato tecnologicamente iper evoluto abbia allontanato sterili polemiche su colore della pelle e tratti somatici che qualcuno vorrebbe poter definire "tipici" di una Nazione e dei suoi cittadini, proprio l'esperienza con Nazionale giapponese in estate, a Tokyo, e tutto ciò che ne è conseguito hanno fatto chiedere aiuto a Rui. Lui che da sempre si è dichiarato orgoglioso di rappresentare il suo Paese, risucchiato nel vortice delle critiche per le sconfitte rimediate, 3 su 3, dalla squadra, a stroncare la fiducia altissima che dopo le amichevoli vinte con Belgio e Francia aveva contagiato un popolo intero. Sconfitte che hanno messo in discussione tutto, in particolare quella che per lui era sempre stata una missione che andava ben oltre il basket: essere un punto di riferimento per i più piccoli, e visto il suo vissuto e il tenore di certe critiche, anche per chi in Giappone veniva ancora discriminato per il colore della pelle.
Sorte toccata anche a Naomi Osaka, tennista, anche lei come Rui "hafu" (half) che è il modo in cui vengono chiamati i giapponesi “a metá”. Due ragazzi cresciuti in una società che ha storicamente guardato il diverso con molto sospetto, diventati la grande speranza del Paese in sport per loro storicamente poveri di soddisfazioni. Finendo per subire la pressione sociale che le auto-aspettative che un popolo evoluto ma molto esigente esercita costantemente su se stesso.
Il 27 settembre Rui Hachimura ha fatto sapere ai Wizards con un SMS che non avrebbe partecipato agli allenamenti di inizio stagione e che riteneva necessario prendersi del tempo per affrontare i suoi problemi di salute mentale: un break dalla pallacanestro era quello che voleva più di ogni altra cosa.
Lo ha fatto senza alcun preavviso, come evidenziò qualcuno, come se certe sofferenze ti avvisassero prima preparandoti al percorso da fare. Un colosso di oltre 2 metri e di più di 100 chili, nonostante tanti come lui ci abbiano insegnato come oltre la corazza e il denaro ognuno di noi stia vivendo qualcosa che gli altri non devono per forza vedere, resta nell’immaginario collettivo ancora immune a parole come depressione, panico, ansia, salute mentale. Eppure se passi dall’essere l’eroe e il portabandiera del tuo Paese al capro espiatorio numero uno, preso di mira sui social – dove Rui a un certo punto smette di seguire tutti – una pausa diventa necessaria. Al punto da staccare da tutto, da tutti, allenandoti di notte da solo come scritto da reporter che seguono Washington.
Dopo mesi di silenzio, nella serata in cui ogni titolo diverso da Klay Thompson e Ja Morant risulta quasi ingombrante, Rui Hachimura è tornato ufficialmente in campo. Ha segnato 6 punti, realizzato una bella schiacciata come primo canestro, ed è apparso finalmente sereno in volto a fine partita. Dopo la quale ha detto:
"Stare per un po' lontano dalla pallacanestro per concentrarmi sulla mia salute mentale mi ha ricordato quanto mi piaccia questo sport. Sono arrivato a riguardare i miei highlights ogni giorno"
Senza paura di esporsi nella sua umana debolezza fino a poco tempo fa ricoperta da muscoli e lunghe leve, solo ieri Rui si è liberato di un peso che stava rendendo complicato persino godersi quello che ama fare di più.
Ecco perché saperlo sorridente con una palla da basket tra le mani, oggi, ci fa stare un po' meglio.
Quando ha ragione ha ragione
Con Kevin Durant fuori almeno un mese, allungare la rotazione per Brooklyn diventa obiettivo prioritario delle prossime settimane - per evitare di far perdere quota ai Nets in classifica e non solo. L’idea è quella passata nella mente di molti: se Irving fosse vaccinato potrebbe giocare anche a New York e togliere un bel po’ di castagne dal fuoco a Brooklyn, ma Kyrie ha ancora una volta sottolineato la sua intenzione di proseguire lungo la sua strada: “Nessun infortunio mi farà cambiare idea”, ha spiegato a margine della partita persa contro Cleveland. “Purtroppo è difficile far capire come la mia vita al di fuori del campo sia diversa e abbia una coerenza rispetto a quelle che sono le mie scelte: voi siete focalizzati su ciò che succede in campo, “Kevin sta male, KD è guarito”. No, io rispetto le decisioni degli altri e voglio che anche le mie lo siano; senza cercare di convincermi a fare altro
Con Kevin Durant fuori almeno un mese, allungare la rotazione per Brooklyn diventa obiettivo prioritario delle prossime settimane - per evitare di far perdere quota ai Nets in classifica e non solo. L’idea è quella passata nella mente di molti: se Irving fosse vaccinato potrebbe giocare anche a New York e togliere un bel po’ di castagne dal fuoco a Brooklyn, ma Kyrie ha ancora una volta sottolineato la sua intenzione di proseguire lungo la sua strada: “Nessun infortunio mi farà cambiare idea”, ha spiegato a margine della partita persa contro Cleveland. “Purtroppo è difficile far capire come la mia vita al di fuori del campo sia diversa e abbia una coerenza rispetto a quelle che sono le mie scelte: voi siete focalizzati su ciò che succede in campo, “Kevin sta male, KD è guarito”. No, io rispetto le decisioni degli altri e voglio che anche le mie lo siano; senza cercare di convincermi a fare altro
Finita ora Celtics-Wolves... ennesima asfaltata che proietta i C's in vetta a Est.
Primi!
Regular season incredibile... fino a metà una delle versioni più brutte dei verdi mai viste: individualità senza squadra, cioè l'esatto opposto di quello che i Celtics dovrebbero essere... li si cominciava a chiamarli Seltics per disgusto.
Poi, non è ben chiaro quale pulsante sia stato premuto ma tutto è andato magicamente a posto... a partire da una difesa esaltante davvero.
Perché diamine scrivo questo post allora? Perché ho paura che Timelord si sia infortunato e quindi spero di esorcizzare la solita sfiga di Boston di questi ultimi anni :)
Primi!
Regular season incredibile... fino a metà una delle versioni più brutte dei verdi mai viste: individualità senza squadra, cioè l'esatto opposto di quello che i Celtics dovrebbero essere... li si cominciava a chiamarli Seltics per disgusto.
Poi, non è ben chiaro quale pulsante sia stato premuto ma tutto è andato magicamente a posto... a partire da una difesa esaltante davvero.
Perché diamine scrivo questo post allora? Perché ho paura che Timelord si sia infortunato e quindi spero di esorcizzare la solita sfiga di Boston di questi ultimi anni :)
E niente, Timelord fuori per i PO... che sfiga... l'invidia degli dei mi sa
Sfiga sì, ma i Celtics secondo me non avrebbero avuto grosse chance in ogni caso, la regular è particolare, ma nei PO non so quanti saranno in grado di tenere testa ai Nets
Stanotte senza Timelord, Horford, Tatum e Brown il secondo e terzo quintetto C's ha sfiorato l'impresa a Toronto... exploit nervoso o abbiamo raggiunto la magica mentalità Next man up ? Magari :)
Stagione 2021-22 Ovest:
1. Phoenix: 61-14 (82%)
2. Memphis: 54-23 (70%)
3. Dallas: 48-28 (62%)
Stagione 2017-18 Ovest:
13. Dallas: 24-58 (29%)
14. Memphis: 22-60 (27%)
15. Phoenix: 21-61 (25%)
E poi non ditemi che non è la Lega migliore al mondo. L'NBA sta viaggiando alla velocità della luce, in tutti i sensi, e ogni anno qualsiasi franchigia ha la possibilità di reinventarsi e di ridisegnare il proprio presente e futuro. Basta guardare a queste tre squadre, ultime solo qualche anno fa, tra le migliori adesso grazie a scelte azzeccate al draft, grazie ad operazioni di mercato mirate e al giusto sviluppo dei giocatori a roster. Dal 2016 al 2021 abbiamo avuto cinque differenti squadre vincenti, due di queste per la prima volta in assoluto, una che non vinceva dagli anni '70 e una che da 5 anni risultava avere il peggior record NBA. Favoloso.
1. Phoenix: 61-14 (82%)
2. Memphis: 54-23 (70%)
3. Dallas: 48-28 (62%)
Stagione 2017-18 Ovest:
13. Dallas: 24-58 (29%)
14. Memphis: 22-60 (27%)
15. Phoenix: 21-61 (25%)
E poi non ditemi che non è la Lega migliore al mondo. L'NBA sta viaggiando alla velocità della luce, in tutti i sensi, e ogni anno qualsiasi franchigia ha la possibilità di reinventarsi e di ridisegnare il proprio presente e futuro. Basta guardare a queste tre squadre, ultime solo qualche anno fa, tra le migliori adesso grazie a scelte azzeccate al draft, grazie ad operazioni di mercato mirate e al giusto sviluppo dei giocatori a roster. Dal 2016 al 2021 abbiamo avuto cinque differenti squadre vincenti, due di queste per la prima volta in assoluto, una che non vinceva dagli anni '70 e una che da 5 anni risultava avere il peggior record NBA. Favoloso.
La struttura Made in usa è il modello vincente,partendo dalla high school…meritocrazia pura e semplice.
Purtroppo c'è anche il modello rivale che è quello rappresentato recentemente da Lakers e Nets
non mi è chiaro come mai tu dici meritocrazia. Mi pare che ci siano un sacco di ostacoli alla meritocrazia.