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Subject: Running
Ho fatto 2 maratone (New York) e ti posso dare un consiglio..... non la fare!!! è un suicidio per il fisico. Per fare una maratona devi fare almeno 8 - 10 mesi di allenamenti QUOTIDIANI. Allenati e fai quella del prossimo anno.
io dico prova.. al max a metà dici di aver preso una storta o dai la colpa agli scarpini :)
io kmq tutt'ora con un fisico asciutto e palestrato ma non allenato negli ultimi mesi faccio 10 km orari ma costanti cioè mantengo 10 km/h per un ora...a volte faccio anche 15 km in un ora...
io kmq tutt'ora con un fisico asciutto e palestrato ma non allenato negli ultimi mesi faccio 10 km orari ma costanti cioè mantengo 10 km/h per un ora...a volte faccio anche 15 km in un ora...
Concordo con chi ha scritto di lasciar stare.
Sono abbstanza allenato (ho fatto 5 ultra nel complesso) ed alla fine dello scorso anno ho deciso di passare alla pista perchè nel momento in cui la corsa diventa un'impegno (e se non ti prepari, anche per la mezza, piu' che diveritmento diventa un calvario) "quasi" serio meglio cambiare.
Tra l'altro se non riesci a trovare un gruppo con cui allenarti è un'incubo.
Ricordo le sezioni di lungo da 3 a 5 ore.......due palle infinite visot che ero sempre solo.
Da quest'anno faccio solo pista.
Con 1.30 al giorno riesco a fare un sig. allenamento, siamo un bel gruppetto ed alterniamo anche con la bici ed in estate il nuoto.
Rischi seriamente di farti male a tendini ed articolazioni.
Poi fai un po' tu.
Sono abbstanza allenato (ho fatto 5 ultra nel complesso) ed alla fine dello scorso anno ho deciso di passare alla pista perchè nel momento in cui la corsa diventa un'impegno (e se non ti prepari, anche per la mezza, piu' che diveritmento diventa un calvario) "quasi" serio meglio cambiare.
Tra l'altro se non riesci a trovare un gruppo con cui allenarti è un'incubo.
Ricordo le sezioni di lungo da 3 a 5 ore.......due palle infinite visot che ero sempre solo.
Da quest'anno faccio solo pista.
Con 1.30 al giorno riesco a fare un sig. allenamento, siamo un bel gruppetto ed alterniamo anche con la bici ed in estate il nuoto.
Rischi seriamente di farti male a tendini ed articolazioni.
Poi fai un po' tu.
Ma poi Frank l'ha fatta la maratona? :P
Comunque sia,
Dopo aver corso lo scorso luglio per 75 chilometri nel posto con le temperature più alte del pianeta (Dasht e-Lut, In Iran, a 67 gradi), tra pochi giorni tenterà l’opposto: correre per 38 km tra i villaggi di Ojmjakon e Tomtor, in Jacuzia (Siberia Orientale), dove non c’è che ghiaccio in questi centri abitati dalle temperature più fredde al mondo.
Lui è Paolo Venturini, 50 anni, sovraintendente della Polizia, runner e biker dalle imprese impossibili, che tra il 17 e il 22 gennaio 2019 sfiderà il gelo per raccogliere dati utili sulle reazioni umane in contesti estremi e dove spera di dimostrare che nulla è impossibile. Questi gli obiettivi che spingono il tecnico di atletica del Gruppo Sportivo delle Fiamme Oro di Padova in questa prossima missione, battezzata Monster Frozen, lì dove l’aria ti congela anche le vie respiratorie.
Un’idea nata mentre attraversava il deserto iraniano, uno dei più caldi al mondo, quella di correre dove è impossibile stare con le mani senza guanti per più di 30 secondi. Un’impresa siberiana mai tentata prima che ha colpito anche il viceministro degli Esteri russo, che ha promesso di andarlo a vedere.
Paolo Venturini, che da tempo ama giocare con i propri limiti e con quelli della natura, non sarà solo: sarà seguito da un team di sei persone che arriveranno dall’Italia. Per supportarlo e aiutarlo ad affrontare i 38 chilometri che separano i due centri abitati, ci saranno due medici del dipartimento di Medicina dello sport dell’Università di Padova, un traduttore, uno troupe che girerà un documentario, esperti di medicina del freddo dell’Università di Yakutsk e la sua compagna Virtus per assisterlo nei momenti di tensione.
Il nostro Paolo partirà dopo un anno e mezzo di preparazione per gestire in primis la respirazione, in quanto l’umidità raggiunge l’85% e con questi livelli si inalano cristalli di ghiaccio. Un’aria così fredda che congela le prime vie respiratorie può danneggiare anche i denti. Inoltre, non esistono capi da running adatti a queste temperature e non ingombranti come quelle degli alpinisti. Per questo motivo ha adattato e modificato materiali tecnici e trovato conforto in tessuti come la lana merino che anche se bagnata mantiene il calore del corpo mentre lo strato esterno si ghiaccia. Si cambierà quattro volte, così come da programma, e un camion della Protezione Civile della Jacuzia lo seguirà con una cabina riscaldata. “Devo stare attento a non essere troppo veloce”, ha dichiarato in una sua intervista al Corriere della Sera “Questo aumenterebbe il vento in faccia e quindi la sensazione di freddo percepito: con un ritmo di 5 minuti al chilometro arriverebbe a -90 gradi. Ai ragazzi la prima cosa che insegno è che lo sport, qualunque sport, ti aiuta a stare meglio e darti delle regole”.
(edited)
Comunque sia,
Dopo aver corso lo scorso luglio per 75 chilometri nel posto con le temperature più alte del pianeta (Dasht e-Lut, In Iran, a 67 gradi), tra pochi giorni tenterà l’opposto: correre per 38 km tra i villaggi di Ojmjakon e Tomtor, in Jacuzia (Siberia Orientale), dove non c’è che ghiaccio in questi centri abitati dalle temperature più fredde al mondo.
Lui è Paolo Venturini, 50 anni, sovraintendente della Polizia, runner e biker dalle imprese impossibili, che tra il 17 e il 22 gennaio 2019 sfiderà il gelo per raccogliere dati utili sulle reazioni umane in contesti estremi e dove spera di dimostrare che nulla è impossibile. Questi gli obiettivi che spingono il tecnico di atletica del Gruppo Sportivo delle Fiamme Oro di Padova in questa prossima missione, battezzata Monster Frozen, lì dove l’aria ti congela anche le vie respiratorie.
Un’idea nata mentre attraversava il deserto iraniano, uno dei più caldi al mondo, quella di correre dove è impossibile stare con le mani senza guanti per più di 30 secondi. Un’impresa siberiana mai tentata prima che ha colpito anche il viceministro degli Esteri russo, che ha promesso di andarlo a vedere.
Paolo Venturini, che da tempo ama giocare con i propri limiti e con quelli della natura, non sarà solo: sarà seguito da un team di sei persone che arriveranno dall’Italia. Per supportarlo e aiutarlo ad affrontare i 38 chilometri che separano i due centri abitati, ci saranno due medici del dipartimento di Medicina dello sport dell’Università di Padova, un traduttore, uno troupe che girerà un documentario, esperti di medicina del freddo dell’Università di Yakutsk e la sua compagna Virtus per assisterlo nei momenti di tensione.
Il nostro Paolo partirà dopo un anno e mezzo di preparazione per gestire in primis la respirazione, in quanto l’umidità raggiunge l’85% e con questi livelli si inalano cristalli di ghiaccio. Un’aria così fredda che congela le prime vie respiratorie può danneggiare anche i denti. Inoltre, non esistono capi da running adatti a queste temperature e non ingombranti come quelle degli alpinisti. Per questo motivo ha adattato e modificato materiali tecnici e trovato conforto in tessuti come la lana merino che anche se bagnata mantiene il calore del corpo mentre lo strato esterno si ghiaccia. Si cambierà quattro volte, così come da programma, e un camion della Protezione Civile della Jacuzia lo seguirà con una cabina riscaldata. “Devo stare attento a non essere troppo veloce”, ha dichiarato in una sua intervista al Corriere della Sera “Questo aumenterebbe il vento in faccia e quindi la sensazione di freddo percepito: con un ritmo di 5 minuti al chilometro arriverebbe a -90 gradi. Ai ragazzi la prima cosa che insegno è che lo sport, qualunque sport, ti aiuta a stare meglio e darti delle regole”.
(edited)
L'idea è affascinante anche se mi vien male solo a pensarci. soffrirò con lui davanti alla TV quando trasmetteranno il documentario. Ammirerò l'impresa al calduccio e luci soffuse :)
Oggi a Ojmjakon la minima è -38C° la massima -34C°
a Tomtor è anche peggio , si arriva a -42C°
PS
Per me rischia seriamente la pelle ...
(edited)
a Tomtor è anche peggio , si arriva a -42C°
PS
Per me rischia seriamente la pelle ...
(edited)
Oddio, so che da quelle parti, quando devono fare degli spostamenti relativamente lunghi, i locali usano assumere dosi di Amanita muscaria in forma di tisana o masticando direttamente piccoli pezzi di quel simpatico fungo rosso a pois bianchi. Il lieve stato allucinogeno che ne consegue aumenta la resistenza al freddo e alla fatica… chiedete a Nic che ne sa qualcosa :D
Nic e i funghi, non so perché ma l'accostamento mi sembra verosimile
Troy_McLure to
NIC
Filippo Facci
11 h ·
(resta il K2 da fare d'inverno)
Un nepalese, Nirmal Purja, ha salito i 14 ottomila in 189 giorni, cioè sei mesi. L'ha fatto con l'ossigeno e con gli sherpa: ma l'impresa ha dell'incredibile e in un certo senso chiude un capitolo. Il silenzio della comunità alpinistica mondiale è piuttosto assordante, e le riflessioni di Simone Moro restano per ora le più condivisibili:
“Ora che il progetto è stato completato e che da due giorni tutti i giornali ne parlano, abbandonata la prima sbornia mediatica che giustamente Nirmal si è meritato, provo a fare una riflessione.
Non sono molti i commenti dei “big” che si felicitano con il Gurka Nirmal Purja. Alcuni magari non l’hanno ancora fatto, altri non lo faranno mai, altri ancora faranno commenti elencando i fattori che non apprezzano di questa velocissima collezione dei 14 ottomila compiuta dall’alpinista nepalese.
Certo ammutolisce questa capacità espressa da Nirmal e da tutto il suo team e questo è probabilmente la causa che zittisce tutti quelli che si sentivano o ancora si sentono in cattedra. La sua è stata una logistica perfetta, una strategia efficace, un team fortissimo, una resistenza fisica e mentale straordinaria e una capacità comunicativa e diplomatica che ha trasformato il suo progetto in una performance apparsa e commentata anche sui TG nazionali e sui quotidiani di tutto il mondo.
Io dico che Nirmal è stato davvero bravo, che ha fatto un qualcosa che finalmente spazza via tutti gli eroi di qualche ottomila in saccoccia fatto magari in stagione propizia, con ossigeno, corde fisse, guide, traccia fatta e in fila indiana.
Quel tipo di alpinismo che possiamo definire turismo d’alta quota farà più fatica a generare falsi eroi perché oggi c’è un punto di riferimento chiaro e mondiale e forse termineranno i facili annunci di record e performance. Tutti oggi sono in grado di dire “Sì ma guarda che Nirmal Purja ha fatto tutto ed in una volta quello che tu stai provando a vendermi singolarmente e come eccezionale, fatto nel suo stesso stile”.
Forse questa salita libera e ridà una identità a coloro che invece gli ottomila li salgono senza ossigeno, per vie nuove, in invernale, in piccoli gruppi, in stile alpino. La stessa cosa a chi va a quote più basse, dai settemila in giù. Il Gurka infatti ha sempre mostrato e specificato che il suo obbiettivo era un “che cosa fare” e non un “come farlo” se non nei termini temporali.
Ossigeno, sherpa, corde fisse, elicottero sono stati mezzi che ha utilizzato, pagato e palesato e che gli hanno permesso comunque di fare un qualcosa che pochissimi altri alpinisti (anche quelli top) avrebbero la forza atletica e psicologica di fare.
Vi garantisco che che in trent’anni di spedizioni e di conoscenza dell’alta quota potrei elencare meno di dieci nomi di persone che anche con gli stessi mezzi saprebbero realmente ripetere questo risultato dei 14 ottomila in sei mesi e sei giorni.
Ora l’invito che arriva alla comunità dei collezionisti dei 14 ottomila e dei turisti d’alta quota è quella di vivere la loro personale avventura ed esperienza con entusiasmo ma senza più scomodare proclami e trionfalismi se non quelli famigliari e del giro stretto di amici.
Per chi invece ama un alpinismo diverso, oltre che ringraziare Nirmal Purja e complimentarsi (mettete da parta il vostro orgoglio e toglietevi il cappello) cominciate a pensare a cosa si potrebbe e si deve fare di diverso rimettendo ora al centro il vostro “come” e il vostro stile.
Mancano ancora un bel po’ di cose da fare, anzi ne mancano moltissime. Un progetto alla Nirmal senza ossigeno, sherpa e corde fisse. I quattordici 8000 d’inverno (in quella stagione non si bara e non si colleziona), diventare il “re” dei 7000, 6000, 5000, ripetere le vie dei grandissimi del passato e molte della quali ancor oggi irripetute, divenire un esclusivo cacciatore di vette e luoghi montuosi inviolati (il mio viaggio in Siberia mi ha aperto un mondo), fare concatenamenti d’alta quota, traversate, aprire vie nuove sulle miglia di pareti e montagne che nessuno ha ancora provato o addirittura visto, mischiare più attività e specializzazioni del mondo verticale…
Insomma, non iniziate o sprecate una carriera collezionando i 14 ottomila se l’obbiettivo è essere esploratori e avventurieri.
Fino a ieri potevate avere alibi e spazio sulle normali dei 14 ottomila, oggi sarebbe solo un aiuto, seppur prezioso, che date a sherpa, agenzie e al popolo nepalese, ma non chiedete attenzione mediatica e sensibilità agli sponsor, perché non c’è più trippa per gatti è stata posta una virtuosa e salutare parola FINE allo show.
Grazie ancora Nirmal e complimenti senza se e senza ma per quello che hai fatto. Sono sicuro che hai fatto bene anche ad un altro alpinismo che, per quello che riguarda la mia persona, ti applaude e ti stringe la mano“.
poi ci restano secchi (come quello a nanda parbat) e tutti a dire "poverini"................