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Subject: Crisi economica
si ma la cosa che dimostra in modo incontrovertibile la malafede è la completa assenza della valutazione degli effetti sulle importazioni.
E' inconcepibile che "se ne siano dimenticati"..
E' inconcepibile che "se ne siano dimenticati"..
GRECIA. IL RAPPORTO DELL'ONU SULLA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI
UN CORRISPONDENTE VOLONTARIO DALLA GRECIA
Comedonchisciotte.org
Riceviamo dalla Grecia e volentieri pubblichiamo.
Il 7 Marzo 2014 l'avvocato Cephas Lumina incaricato dal Human Rights Council (Consiglio dei Diritti Umani) delle Nazioni Unite ha presentato un rapporto sulla situazione dei diritti umani in Grecia dopo i 4 anni di austerità estrema imposta dalla Troika al paese. (1), (2)
Nel rapporto il governo greco è accusato in dettaglio per la sistematica violazione dei diritti umani, dei diritti civili, politici, economici e culturali come anche del diritto al progresso e allo sviluppo del popolo greco. Il governo greco è anche severamente criticato per la violazione dei diritti costituzionali e per il non mantenimento degli impegni presi a livello internazionale in materia di diritti umani.
È un rapporto documentato di 23 pagine che, malgrado mantenga il linguaggio ufficiale e austero del caso, svela la dura realtà nella quale si è venuto a trovare un paese che fino a qualche anno fa faceva parte del cosiddetto mondo sviluppato. È anche un rapporto che fa riflettere accorgendosi di quanto sia facile trovarsi privi di cose tanto elementari che fino a poco tempo fa venivano considerate assolutamente naturali e ovvie.
Il sommario del rapporto recita:
Da Maggio 2010, il governo greco, sta implementando un programma di correzioni economiche come precondizione per ottenere un pacchetto finanziario di €240 miliardi dal Fondo Monetario Internazionale, la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea. Il programma consiste in stringenti misure politiche che comportano severi tagli alla spesa pubblica, licenziamenti nel settore pubblico, aumenti di tasse, la privatizzazione di aziende pubbliche e riforme strutturali (riforme nel mercato del lavoro incluse), che apparentemente mirano alla riduzione del deficit e del debito fino ad un livello “sostenibile”. Tuttavia, le misure hanno spinto l'economia verso la recessione e in generale hanno minato il godimento dei diritti umani, in particolare dei diritti economici, sociali e culturali in Grecia. In maniera significativa, i tagli della spesa pubblica e le riforme del mercato del lavoro hanno provocato un aumento della disoccupazione (specialmente tra i giovani), il fenomeno dei senzatetto e l'esclusione sociale (con 11% della popolazione in condizioni di estrema povertà), ed hanno severamente ridotto l'accesso ai servizi pubblici, come ad esempio la salute pubblica e l'educazione. L'impatto è stato particolarmente severo per i più vulnerabili: i poveri, i vecchi, i disabili, le donne, i bambini e gli immigrati.
Il rapporto si articola nei seguenti capitoli:
Introduzione
Obblighi in materia dei diritti umani della Grecia e dei suoi creditori
Il programma degli aggiustamenti economici
La sostenibilità del debito
L'impatto sui diritti umani del programma degli aggiustamenti
Conclusioni e raccomandazioni.
Con riferimento agli obblighi della Grecia come Stato aderente alla Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (3), il rapporto fa un elenco dettagliato degli articoli della Costituzione Greca che sono stati violati in materia di protezione dei valori umani, della proprietà, della famiglia, della maternità, dell'infanzia, della salute, delle condizioni di lavoro e dell'assistenza sociale. In base alla violazione di queste condizioni di convivenza civile garantite dalla Costituzione, sono stati a loro volta cancellati dei diritti che riguardano l'uguaglianza di tutti i Greci, il loro diritto di partecipare alla vita politica, economica e sociale, il diritto alla libera divulgazione dell'informazione, quello della libera e pacifica associazione, dell'istruzione gratuita, del sindacalismo e così via.
Con riferimento agli obblighi del governo greco di garantire questi diritti, ora calpestati, nel rapporto è dichiarato: “In base al Contratto Internazionale circa i diritti Economici, Sociali e Culturali, gli Stati hanno l'onere di assicurarsi che le misure di austerità prese siano state introdotte dopo la più attenta considerazione di tutte le altre meno restrittive. Queste misure di austerità non possono essere giustificate con dei riferimenti a bisogni di disciplina fiscale. Gli Stati devono dimostrare perché le misure di austerità adottate erano necessarie per la protezione dei diritti previsti dal Contratto”.
Per quel che riguarda la Troika: “È sempre più accettato che gli stessi obblighi riguardano, oltre agli Stati membri del Contratto Internazionale, anche enti non statali, come le istituzioni finanziarie internazionali, le quali devono assicurarsi che le loro attività siano in conformità con la salvaguardia dei diritti umani. Questa responsabilità si deve tradurre nella loro astensione dal formulare, approvare, finanziare o promuovere delle politiche e dei programmi che direttamente o indirettamente violino i diritti umani. Inoltre, un importante elemento di cooperazione internazionale, come riflesso nella Carta delle Nazioni Unite e nei trattati delle istituzioni internazionali, è che gli Stati membri, individualmente o tramite istituzioni internazionali di cooperazione, non debbano promuovere politiche o adottare pratiche che mettano in pericolo il godimento dei diritti umani”.
Dopo un accurato e sostanziale riassunto del programma economico che ha portato i greci nel baratro e dopo aver constatato che la sostenibilità del debito è una mera illusione per ammissione dello stesso FMI, il rapporto affronta la parte più dolorosa: l'impatto sui diritti umani. I dettagli sono veramente sconvolgenti per chi ha la mente sana e possono essere brevemente rappresentati nel seguente diagramma che riguarda la disoccupazione.
Unemployment rate in per cent (June 2008 to June 2013)
disoccupazione grecia.
L'ultima parte del rapporto è dedicata alla sua conclusione e alle raccomandazioni verso governanti e creditori internazionali.
La conclusione:
Il programma di aggiustamento e, in particolare, le smisuratamente rigide misure adottate da maggio 2010, hanno provocato sostanziali costi economici e sociali al popolo greco. Il programma ha spinto l'economia verso la recessione, compromesso lo standard di vita della maggior parte della popolazione e generalmente danneggiato il godimento dei diritti umani in Grecia. Una grande parte dei nuovi debiti sono stati usati per il salvataggio delle banche che avevano sconsideratamente prestato del denaro alla Grecia, aumentando così il debito pubblico. Sfortunatamente, il ruolo dello Stato come provveditore di servizi pubblici accessibili, è stato subordinato al sempre più irraggiungibile obbiettivo di ottenere un debito pubblico sostenibile.
Alcune raccomandazioni al governo greco:
- Conservare risorse sufficienti per garantire i livelli minimi essenziali di diritti economici, sociali e culturali nel paese.
- Condurre un indipendente, trasparente e partecipativo controllo del debito (audit) per determinare le sue origini ed identificare e mettere sotto accusa i responsabili.
- Identificare l'impatto negativo del programma e le misure necessarie per fronteggiarlo.
- Combattere l'evasione fiscale e, in particolare, migliorare il meccanismo di riscossione dei debiti fiscali eccezionalmente grandi.
- Dedicare d'urgenza sufficienti risorse al sistema di protezione sociale.
- Aumentare al più presto il salario minimo a livelli sopra la soglia di povertà.
- Abrogare o aggiustare urgentemente le misure di austerità che hanno un impatto regressivo sulla distribuzione delle entrate.
- Garantire l'indiscriminato accesso alla cura sanitaria primaria ed avere cura particolare per tutti quelli che, per ragioni di disoccupazione prolungata o altre, sono rimasti senza.
- Riconsiderare le misure di riforma che hanno avuto un impatto negativo sull'educazione, specie per i gruppi vulnerabili.
- Supportare ulteriormente i senza tetto e prevenire che altri ricadano in questa categoria. Proteggere le famiglie di basso reddito che rischiano lo sfratto delle loro case.
- Frenare gli attacchi razzisti e la violenza xenofoba. Continuare a prendere misure adeguate contro l'estremismo violento in accordo con la legge internazionale sui diritti umani.
Le raccomandazioni ai creditori:
- Evitare l'assistenza finanziaria con politiche invadenti e onerose che compromettono lo sviluppo del paese e la realizzazione dei diritti umani.
- Sostenere il governo greco nel condurre un indipendente, trasparente e partecipativo controllo del debito pubblico.
- Considerare un'ulteriore riduzione del debito pubblico greco, includendo una svalutazione dei bond greci tenuti dalla BCE, in modo che si riduca il debito del paese ad un livello più sostenibile come definito in questo rapporto.
- Includere negli obbiettivi misurabili la riduzione della disoccupazione e della povertà e monitorarli regolarmente.
- Assicurare la trasparenza delle trattative con il governo greco rispettando i diritti del popolo greco, includendo il diritto della pubblica partecipazione.
- Con riferimento particolare al FMI, assicurare che le valutazioni sulla sostenibilità del debito tengano in considerazione le risorse necessarie per la realizzazione dei diritti umani.
- Prendere in considerazione la preparazione di un nuovo programma per la Grecia con migliori condizioni che permettano di indirizzare deficit e debito senza minare le fondamenta dei diritti umani.
Certamente, è da molti anni che assistiamo al degrado dell'ONU come organizzazione di regolamento delle dispute internazionali e come garante di un minimo di pace nel mondo. Certamente, la sua autorevolezza di una volta non a niente a che fare con quella (del mondo unipolare) di oggi. Nel passato l'ONU svolgeva un ruolo che veniva preso in seria considerazione anche dalle grandi potenze, che lo usavano come strumento, talvolta ultimo, per stabilire l'equilibrio su scala planetaria. Un equilibrio che, in fin dei conti, faceva la differenza tra guerra e pace.
Non affrettiamoci però a schernire questo rapporto o le sue intenzioni che magari appaiono ingenue nel reale mondo “pragmatico”, bancario e “amerikano” di oggi. Non soltanto sbaglieremo ma neppure ci conviene. In un certo senso l'ONU rappresenta su scala globale ciò che il Parlamento rappresenta a livello nazionale: la garanzia di un minimo di logica comune e di volontà per la pace e per i diritti dell'uomo. Almeno sulla carta esistono ancora. I veri problemi verranno quando queste carte saranno stralciate. “Ufficialmente”.
Un corrispondente volontario dalla Grecia
Fonte: www.comedonchisciotte.org
22.05.2014
(1) Report of the Independent Expert on the effects of foreign debt and other related international financial obligations of States on the full enjoyment of human rights, particularly economic, social and cultural rights – Mission to Greece (A/HRC/25/50/Add.1)
(2) Report of the Independent Expert on the effects of foreign debt and other related international financial obligations of States on the full enjoyment of all human rights, particularly economic, social and cultural rights, Cephas Lumina *
(3) http://it.wikipedia.org/wiki/Convenzione_internazionale_sui_diritti_economici,_sociali_e_culturali
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=13405
UN CORRISPONDENTE VOLONTARIO DALLA GRECIA
Comedonchisciotte.org
Riceviamo dalla Grecia e volentieri pubblichiamo.
Il 7 Marzo 2014 l'avvocato Cephas Lumina incaricato dal Human Rights Council (Consiglio dei Diritti Umani) delle Nazioni Unite ha presentato un rapporto sulla situazione dei diritti umani in Grecia dopo i 4 anni di austerità estrema imposta dalla Troika al paese. (1), (2)
Nel rapporto il governo greco è accusato in dettaglio per la sistematica violazione dei diritti umani, dei diritti civili, politici, economici e culturali come anche del diritto al progresso e allo sviluppo del popolo greco. Il governo greco è anche severamente criticato per la violazione dei diritti costituzionali e per il non mantenimento degli impegni presi a livello internazionale in materia di diritti umani.
È un rapporto documentato di 23 pagine che, malgrado mantenga il linguaggio ufficiale e austero del caso, svela la dura realtà nella quale si è venuto a trovare un paese che fino a qualche anno fa faceva parte del cosiddetto mondo sviluppato. È anche un rapporto che fa riflettere accorgendosi di quanto sia facile trovarsi privi di cose tanto elementari che fino a poco tempo fa venivano considerate assolutamente naturali e ovvie.
Il sommario del rapporto recita:
Da Maggio 2010, il governo greco, sta implementando un programma di correzioni economiche come precondizione per ottenere un pacchetto finanziario di €240 miliardi dal Fondo Monetario Internazionale, la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea. Il programma consiste in stringenti misure politiche che comportano severi tagli alla spesa pubblica, licenziamenti nel settore pubblico, aumenti di tasse, la privatizzazione di aziende pubbliche e riforme strutturali (riforme nel mercato del lavoro incluse), che apparentemente mirano alla riduzione del deficit e del debito fino ad un livello “sostenibile”. Tuttavia, le misure hanno spinto l'economia verso la recessione e in generale hanno minato il godimento dei diritti umani, in particolare dei diritti economici, sociali e culturali in Grecia. In maniera significativa, i tagli della spesa pubblica e le riforme del mercato del lavoro hanno provocato un aumento della disoccupazione (specialmente tra i giovani), il fenomeno dei senzatetto e l'esclusione sociale (con 11% della popolazione in condizioni di estrema povertà), ed hanno severamente ridotto l'accesso ai servizi pubblici, come ad esempio la salute pubblica e l'educazione. L'impatto è stato particolarmente severo per i più vulnerabili: i poveri, i vecchi, i disabili, le donne, i bambini e gli immigrati.
Il rapporto si articola nei seguenti capitoli:
Introduzione
Obblighi in materia dei diritti umani della Grecia e dei suoi creditori
Il programma degli aggiustamenti economici
La sostenibilità del debito
L'impatto sui diritti umani del programma degli aggiustamenti
Conclusioni e raccomandazioni.
Con riferimento agli obblighi della Grecia come Stato aderente alla Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (3), il rapporto fa un elenco dettagliato degli articoli della Costituzione Greca che sono stati violati in materia di protezione dei valori umani, della proprietà, della famiglia, della maternità, dell'infanzia, della salute, delle condizioni di lavoro e dell'assistenza sociale. In base alla violazione di queste condizioni di convivenza civile garantite dalla Costituzione, sono stati a loro volta cancellati dei diritti che riguardano l'uguaglianza di tutti i Greci, il loro diritto di partecipare alla vita politica, economica e sociale, il diritto alla libera divulgazione dell'informazione, quello della libera e pacifica associazione, dell'istruzione gratuita, del sindacalismo e così via.
Con riferimento agli obblighi del governo greco di garantire questi diritti, ora calpestati, nel rapporto è dichiarato: “In base al Contratto Internazionale circa i diritti Economici, Sociali e Culturali, gli Stati hanno l'onere di assicurarsi che le misure di austerità prese siano state introdotte dopo la più attenta considerazione di tutte le altre meno restrittive. Queste misure di austerità non possono essere giustificate con dei riferimenti a bisogni di disciplina fiscale. Gli Stati devono dimostrare perché le misure di austerità adottate erano necessarie per la protezione dei diritti previsti dal Contratto”.
Per quel che riguarda la Troika: “È sempre più accettato che gli stessi obblighi riguardano, oltre agli Stati membri del Contratto Internazionale, anche enti non statali, come le istituzioni finanziarie internazionali, le quali devono assicurarsi che le loro attività siano in conformità con la salvaguardia dei diritti umani. Questa responsabilità si deve tradurre nella loro astensione dal formulare, approvare, finanziare o promuovere delle politiche e dei programmi che direttamente o indirettamente violino i diritti umani. Inoltre, un importante elemento di cooperazione internazionale, come riflesso nella Carta delle Nazioni Unite e nei trattati delle istituzioni internazionali, è che gli Stati membri, individualmente o tramite istituzioni internazionali di cooperazione, non debbano promuovere politiche o adottare pratiche che mettano in pericolo il godimento dei diritti umani”.
Dopo un accurato e sostanziale riassunto del programma economico che ha portato i greci nel baratro e dopo aver constatato che la sostenibilità del debito è una mera illusione per ammissione dello stesso FMI, il rapporto affronta la parte più dolorosa: l'impatto sui diritti umani. I dettagli sono veramente sconvolgenti per chi ha la mente sana e possono essere brevemente rappresentati nel seguente diagramma che riguarda la disoccupazione.
Unemployment rate in per cent (June 2008 to June 2013)
disoccupazione grecia.
L'ultima parte del rapporto è dedicata alla sua conclusione e alle raccomandazioni verso governanti e creditori internazionali.
La conclusione:
Il programma di aggiustamento e, in particolare, le smisuratamente rigide misure adottate da maggio 2010, hanno provocato sostanziali costi economici e sociali al popolo greco. Il programma ha spinto l'economia verso la recessione, compromesso lo standard di vita della maggior parte della popolazione e generalmente danneggiato il godimento dei diritti umani in Grecia. Una grande parte dei nuovi debiti sono stati usati per il salvataggio delle banche che avevano sconsideratamente prestato del denaro alla Grecia, aumentando così il debito pubblico. Sfortunatamente, il ruolo dello Stato come provveditore di servizi pubblici accessibili, è stato subordinato al sempre più irraggiungibile obbiettivo di ottenere un debito pubblico sostenibile.
Alcune raccomandazioni al governo greco:
- Conservare risorse sufficienti per garantire i livelli minimi essenziali di diritti economici, sociali e culturali nel paese.
- Condurre un indipendente, trasparente e partecipativo controllo del debito (audit) per determinare le sue origini ed identificare e mettere sotto accusa i responsabili.
- Identificare l'impatto negativo del programma e le misure necessarie per fronteggiarlo.
- Combattere l'evasione fiscale e, in particolare, migliorare il meccanismo di riscossione dei debiti fiscali eccezionalmente grandi.
- Dedicare d'urgenza sufficienti risorse al sistema di protezione sociale.
- Aumentare al più presto il salario minimo a livelli sopra la soglia di povertà.
- Abrogare o aggiustare urgentemente le misure di austerità che hanno un impatto regressivo sulla distribuzione delle entrate.
- Garantire l'indiscriminato accesso alla cura sanitaria primaria ed avere cura particolare per tutti quelli che, per ragioni di disoccupazione prolungata o altre, sono rimasti senza.
- Riconsiderare le misure di riforma che hanno avuto un impatto negativo sull'educazione, specie per i gruppi vulnerabili.
- Supportare ulteriormente i senza tetto e prevenire che altri ricadano in questa categoria. Proteggere le famiglie di basso reddito che rischiano lo sfratto delle loro case.
- Frenare gli attacchi razzisti e la violenza xenofoba. Continuare a prendere misure adeguate contro l'estremismo violento in accordo con la legge internazionale sui diritti umani.
Le raccomandazioni ai creditori:
- Evitare l'assistenza finanziaria con politiche invadenti e onerose che compromettono lo sviluppo del paese e la realizzazione dei diritti umani.
- Sostenere il governo greco nel condurre un indipendente, trasparente e partecipativo controllo del debito pubblico.
- Considerare un'ulteriore riduzione del debito pubblico greco, includendo una svalutazione dei bond greci tenuti dalla BCE, in modo che si riduca il debito del paese ad un livello più sostenibile come definito in questo rapporto.
- Includere negli obbiettivi misurabili la riduzione della disoccupazione e della povertà e monitorarli regolarmente.
- Assicurare la trasparenza delle trattative con il governo greco rispettando i diritti del popolo greco, includendo il diritto della pubblica partecipazione.
- Con riferimento particolare al FMI, assicurare che le valutazioni sulla sostenibilità del debito tengano in considerazione le risorse necessarie per la realizzazione dei diritti umani.
- Prendere in considerazione la preparazione di un nuovo programma per la Grecia con migliori condizioni che permettano di indirizzare deficit e debito senza minare le fondamenta dei diritti umani.
Certamente, è da molti anni che assistiamo al degrado dell'ONU come organizzazione di regolamento delle dispute internazionali e come garante di un minimo di pace nel mondo. Certamente, la sua autorevolezza di una volta non a niente a che fare con quella (del mondo unipolare) di oggi. Nel passato l'ONU svolgeva un ruolo che veniva preso in seria considerazione anche dalle grandi potenze, che lo usavano come strumento, talvolta ultimo, per stabilire l'equilibrio su scala planetaria. Un equilibrio che, in fin dei conti, faceva la differenza tra guerra e pace.
Non affrettiamoci però a schernire questo rapporto o le sue intenzioni che magari appaiono ingenue nel reale mondo “pragmatico”, bancario e “amerikano” di oggi. Non soltanto sbaglieremo ma neppure ci conviene. In un certo senso l'ONU rappresenta su scala globale ciò che il Parlamento rappresenta a livello nazionale: la garanzia di un minimo di logica comune e di volontà per la pace e per i diritti dell'uomo. Almeno sulla carta esistono ancora. I veri problemi verranno quando queste carte saranno stralciate. “Ufficialmente”.
Un corrispondente volontario dalla Grecia
Fonte: www.comedonchisciotte.org
22.05.2014
(1) Report of the Independent Expert on the effects of foreign debt and other related international financial obligations of States on the full enjoyment of human rights, particularly economic, social and cultural rights – Mission to Greece (A/HRC/25/50/Add.1)
(2) Report of the Independent Expert on the effects of foreign debt and other related international financial obligations of States on the full enjoyment of all human rights, particularly economic, social and cultural rights, Cephas Lumina *
(3) http://it.wikipedia.org/wiki/Convenzione_internazionale_sui_diritti_economici,_sociali_e_culturali
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=13405
spero di aver tempo di leggere tutto il documento... ma in sintesi dice che le ricette di bce, troika e fmi riducono i diritti delle persone...
dove l'ho già sentita questa cosa? proprio in questo 3d!
ci sarebbe da essere contenti che una nostra osservazione empirica è stata confermata ufficialmente da un organo dell'onu, senon fosse per la tristezza e la gravità dei fatti
dove l'ho già sentita questa cosa? proprio in questo 3d!
ci sarebbe da essere contenti che una nostra osservazione empirica è stata confermata ufficialmente da un organo dell'onu, senon fosse per la tristezza e la gravità dei fatti
What is Fiscal Compact?
Inviato da Redazione il 22/5/2014 23:50:00 (1265 letture)
di Riccardo Pizzirani
L’economia è davvero un argomento distante e complicato, per il quale dobbiamo affidarci al parere degli esperti del settore, o siamo vittima di un sistema che ci fa filtrare solo notizie confezionate per dirigere altrove il nostro interesse? Con questo articolo è mia intenzione illustrare in modo chiaro e semplice il funzionamento del Fiscal Compact, la norma europea che entrerà in vigore l’anno prossimo, e che condizionerà le nostre vite più di qualsiasi altra norma finora applicata nel nostro paese.
Per far questo è necessario introdurre due argomenti distinti: primo, come sono strutturati i conti dello stato, in semplici termini di entrate, uscite e debito; e secondo, elencare alcuni dei parametri richiesti per entrare e permanere nell’Unione Europea e nell’Euro. Questi due argomenti convergeranno poi nella trattazione del Fiscal Compact vero e proprio, e di cosa comporta per l’Italia l’adozione.
In conclusione, verranno mostrati anche i vari strati di menzogne e di mistificazioni che i media tradizionali hanno finora riservato a questo scomodo e fondamentale argomento.
Il bilancio dello stato
Innanzi tutto valutiamo la situazione economica attuale dello stato italiano. Il funzionamento del sistema-Italia non può essere descritto interamente usando quali esempi le logiche delle imprese o i normali funzionamenti di una famiglia, ...
... ma dal punto di vista economico ci sono alcune affinità alle quali possiamo appoggiarci ad esempi semplici bensì significativi:
Ogni famiglia ha delle entrate, che sono dovute tipicamente dagli stipendi dei suoi componenti che lavorano, e in qualche caso anche una o più rendite di immobili che si possiedono. Allo stesso modo ci sono delle uscite, delle spese: mangiare, vestirsi, le utenze, assicurazioni, affitto. Anche i soldi che vengono messi da parte di mese in mese possono essere considerati spese, fino a dire che “tanto entra e tanto esce”, cioè che il bilancio famigliare fa somma zero. Poi c’è il rapporto con le banche: una famiglia potrebbe decidere di fare un investimento “neutro”, cioè di fare un mutuo per comprarsi la casa in cui vive, e pagare la rata del mutuo invece che pagare l’affitto. Una impresa tipicamente fa investimenti “in positivo”, cioè chiede un prestito oggi, e ne paga le rate di volta in volta, per acquistare un macchinario che in futuro gli permetterà di avere maggiori entrate.
Ma talvolta possono esserci anche delle spese impreviste, e allora in questo caso la famiglia/impresa per farne fronte o è stata abbastanza saggia da crearsi un fondo di risparmio, ed attinge da esso, oppure è costretta a rivolgersi a chi i soldi li ha, per avere un prestito: le banche.
Detto questo, mettiamoci qualche numero: se ogni mese io prendo 745 euro di stipendio e ne spendo 710 per tutte le mie necessità, ho un bilancio positivo, e ho pure un margine di 35 euro ancora da impiegare. Ma se ho un debito pregresso che mi costringe a pagare un interesse di 82 euro ogni mese, allora sono nei guai: tipicamente non posso alzare le entrate imponendo al mio datore di lavoro un arbitrario aumento di stipendio, e se non posso ridurre le spese perché non sono in condizione di fare rinunce, allora per pagare l’interesse del debito sono costretto a fare nuovidebiti. Ed è chiaro che se faccio questa scelta e nel sistema non cambia nulla, al mese dopo avrò ancora più interessi da pagare (tutti quelli precedenti più quelli che ho appena fatto) e sarò sempre più strozzato dall’interesse sul debito: sono proprio quelle situazioni in cui non ci si deve mai trovare.
Il problema è che se tramutiamo questo esempio da mesi in anni, e se consideriamo le cifre da euro a miliardi di euro... questi sono proprio i conti dell’Italia, presi pari pari dal Bilancio di Stato del 2013! [1]
Vista la nostra enorme pressione fiscale, che è tra le più alte al mondo, lo Stato italiano incassa più di quanto spende Anche con tutti gli sprechi, la malagestione, le clientele assortite e l’evasione, abbiamo ben 745 miliardi di euro di entrate (tasse dirette, indirette e accise) a fronte di 710 miliardi di euro di spese (stipendi di politici, magistrati, polizia, pompieri, medici, altri statali, pensioni, spese varie di manutenzione statale come strade, scuole, ospedali, la difesa, i sussidi, insomma tutto quanto faccia lo stato).
I 35 miliardi di margine positivo tra le entrate e uscite vengono chiamati in gergo tecnico Avanzo Primario, e sono calcolati al netto dell’interesse sul Debito Pubblico. Il Debito Pubblico è l’ammontare dei soldi che la nostra nazione ha preso in prestito, ad interesse, da banche private e da altri investitori privati, ed è ben oltre i 2000 miliardi di euro. Questo colossale ammanco ci rende uno dei paesi più indebitati al mondo e ci richiede il pagamento di un interesse di 82 miliardi di euro l’anno, cioè circa un ottavo delle spese totali dello Stato.
Ci si può chiedere chi ha creato questo enorme debito, come, e perché: quali sono state mai le emergenze che ci hanno coinvolto come nazione, anno per anno, per costringerci a ricorrere al finanziamento a debito. Oppure, in mancanza di queste motivazioni e di queste emergenze, potremmo ragionare su quanti regali alle banche i nostri politici hanno fatto in cambio dei loro privilegi. Se ne potrebbe parlare tanto, ciascuno con la propria opinione, ma il dato puro è incontestabile: qualsiasi sia stata l’origine del problema, oggi ricorrere al finanziamento a debito è la norma, anzi il sistema è così drogato di denaro che non possiamo più farne a meno pur di tenere in piedi i nostri conti e onorare nel contempo gli impegni presi precedentemente. Il Debito Pubblico cresce sempre, e con esso l’interesse da pagare.
Se poi vi interessa analizzare nel dettaglio questi dati in forma numerica, qui [2] trovate una tabella riassuntiva che mostra come il Debito Pubblico sia passato da 14 miliardi del 1970 ai 2120 miliardi odierni, con a fianco il nome del governo che ha licenziato il bilancio statale di anno in anno.
Ma per tornare alla nostra trattazione, siccome tra l’80 e il 90% del Debito Pubblico è detenuto dalle banche private, e siccome il pagamento dell’interesse sul Debito è fatto con le entrate di stato che sono sostanzialmente tasse, possiamo concludere che “il debito è pubblico e l’interesse è privato” (dei soliti noti).
Visto il fatto, e visto l’ammontare, questo è il motivo per cui di Debito Pubblico (e del relativo interesse) si parla sempre molto poco.
Anche quando se ne deve proprio parlare gli economisti invece che presentare il Debito Pubblico come dato puro in euro, lo presentano come Rapporto Debito/PIL, cioè frazione tra il Debito Pubblico e la capacità produttiva di beni e servizi annuale della nazione (il prodotto interno lordo), così appare in forma di percentuale piuttosto che con il dato puro in euro. Matematicamente questa cosa avrebbe anche senso, perchè anche un debito di importo molto sostenuto potrebbe essere sopportabile dalla nazione se la sua capacità produttiva fosse altrettanto alta; in tal caso ci sarebbero altri problemi, ma tutti di entità inferiore a quelli attuali. In ogni caso, studiando i dati certi del Ministero del Tesoro sul Rapporto Debito/PIL [3] appare chiaro che la trappola del debito è già scattata, e la produttività del paese non è riuscita a crescere quanto i nostri politici siano riusciti ad indebitarci. O detta in altro modo, che i soldi ricevuti con l’indebitamento dello stato non sono stati spesi in azioni produttive, ma sottratti o sprecati. Non siamo nel caso positivo in cui l’impresa chiede un prestito per fare un investimento produttivo. Non siamo nemmeno nel caso neutro in cui un capofamiglia fa un mutuo per la casa in cui la famiglia vive, al posto di pagare l’affitto... siamo piuttosto nel caso in cui il capofamiglia è un tossicodipendente che non riesce a pagare l’interesse del debito che ha fatto tempo addietro con uno strozzino, e quindi pensa bene di rivolgersi ad un altro strozzino, chidere dei soldi, e con questi pagare l’interesse (solo l’interesse) del primo strozzino!
Certo, anche qui l’analisi è aperta a diverse interpretazioni, e la mia vale come quella di chiunque altro, ma i dati no, quelli sono certi: il Rapporto Debito/Pil è alto, altissimo, e visto il fatto che il debito cresce sempre (e parecchio) ed il pil della nazione specialmente dal 2008 arranca, il Rapporto Debito/Pil non accenna affatto a diminuire:
L’unione europea
L’Unione Europea è stata costituita principalmente come entità economica, per fare una moneta unica con un importante idea di fondo: ciascuno stato vende parte del proprio Debito Pubblico agli altri stati membri, ed acquista da loro un pari ammontare di debito pubblico estero. Questo significherà che il destino di ogni stato membro è indissolubilmente legato a quello di tutti gli altri, e che quindi sarà interesse dell’intero insieme di nazioni far fronte comune alle problematiche delle singole nazioni. Questa era l’idea, la pubblicità con cui l’Unione Europea ci è “stata venduta”.
Nel 1992 è stato quindi istituito il trattato di Maastricht, che descrive alcuni parametri che i paesi che vogliono far parte dell’Unione Europea devono rispettare, perchè ovviamente questo rischio diffuso fa sì che non tutti i paesi fossero adatti ad entrare a far parte dell’unione europea, ma solo quelli abbastanza stabili. Uno di questi parametri riguarda proprio il Rapporto Debito/PIL, che deve essere non superiore al 60%. L’Italia nel 1992 aveva un Rapporto Debito/PIL al 105%, ma questo vincolo fu sollevato per permetterci di entrare nell’Unione Europea ed adottare l’Euro.
Anche il Belgio ha avuto questo trattamento di favore, e infatti lo ritroveremo fra poco.
Ma è il caso della Grecia che è emblematico: è abbastanza noto che la Grecia non aveva assolutamente conti in ordine per entrare nell’Unione Europea e adottare l’Euro come moneta. E’ un po’ meno noto al di fuori di internet che la banca d’affari Goldman Sachs abbia illecitamente aiutato il governo ellenico a falsare i bilanci proprio allo scopo di far entrare la Grecia nell’eurozona. [4] E gli ‘inguaribili complottisti’ del New York times dicono che Goldman Sachs avrebbe aiutato con prestiti segreti pure l’Italia… aiutati ad entrare nell’unione europea, ovviamente. [5]
Per intenderci Goldman Sachs è la banca d’affari di livello mondiale che in questi anni ha direttamente posto i suoi uomini migliori alla guida politica di varie nazioni europee compresa la nostra con i suoi consulenti Enrico Letta e Mario Monti [6], la banca privata che è capace di annoverare tra i suoi membri Mario Draghi, il presidente della Banca Centrale Europea, Antonio Borges direttore del Dipartimento Europa del Fondo Monetario Internazionale, e nientemeno che il presidente della Commissione Europea nonchè due volte presidente del Consiglio Romano Prodi:
Il Fiscal Compact
Visto che alcuni paesi faticano ad allinearsi con i vincoli del Trattato di Maastricht nel 1997 viene promulgato il Patto di Stabilità [7]: sono delle regole che dettagliano quali sanzioni applicare agli stati troppo indebitati, in che modi e in che tempi. Questo insieme di norme evolve poi nel Fiscal Compact, firmato e sottoscritto dal governo Monti nel 2011 a nome dell’Italia, sostenuto poi dal governo Letta ed infine sostenuto dal governo Renzi, e che entrerà in pieno vigore l’anno prossimo. Tra le varie norme del Fiscal Compact la più importante è sicuramente quella relativa all’abbattimento del Debito Pubblico, per tornare entro 20 anni alla quota prevista dal Trattato di Maastricht, cioè ad un Rapporto Debito/PIL del 60%.
Facciamo un calcolo sui dati certi, quelli del 2013, come se il Fiscal Compact l’avessimo già oggi invece che l’anno prossimo:
Debito Pubblico = 2069 miliardi
Pil = 1560 miliardi
60% del Pil = 936 miliardi
Quota da ridurre = Debito Pubblico (2069 miliardi) – 60% del Pil (936 miliardi) = 1133 miliardi
Un ventesimo di 1133 miliardi = 57 miliardi all’anno.
Quindi il Fiscal Compact ci dice: siccome avete troppo Debito rispetto al PIL, e siccome faticate a pagare 82 miliardi di euro all’anno di interessi sul debito, allora pagatene 82+57 = 139. Poi andate avanti così per i prossimi 19 anni e finalmente sarete dei veri europei.
Il fatto che siamo entrati nell’unione europea in deroga del parametro del 60% se lo sono come dimenticati, non conta più… ora che la nostra economia vacilla è il momento di pagare i debiti: “ce lo chiede l’europa”.
E il trattato è già stato firmato e sottoscritto, quindi dove troveremo questi fondi? Alzare ancora le tasse non serve: ogni analisi concorda nel dire che siamo già al punto in cui aumentare ulteriormente le tasse farebbe solo sì che le pagherebbero ancora in di meno, e che quindi lo stato prenderebbe di netto meno soldi.
Quindi si dovrà agire sulla spesa: vendere gli immobili di pregio dello stato (ovviamente ad una frazione del valore, dato che la vendita avverrà in condizioni di estremo bisogno di far cassa da parte nostra), eseguire privatizzazioni selvagge (sempre per il suddetto motivo) comprese la cessione delle concessioni sulle coste e dei diritti di sfruttamento delle nostre risorse energetiche nonchè artistiche nazionali, esattamente come è già successo in Grecia dove si sono venduti ferrovie di stato, coste, parchi, ed isole intere.[8][9]
Le altre cose che sono già successe in Grecia e che quindi possono essere una plausibile linea di condotta includono la distruzione dello stato sociale fino al punto massimo di sopportazione della popolazione, e passerà da tappe obbligate quali la sospensione delle tredicesime statali e pensionistiche, che sono la prima avvisaglia che la vera crisi è arrivata.
Alcuni temono anche un prelievo forzoso sui c/c, di cui peraltro Unicredit ha già parlato, o una patrimoniale sugli immobili.
Se queste ipotesi vi sembrano catastrofistiche o poco plausibili possiamo valutare a quanto ammontano realmente cifre come 57 miliardi di euro. Possiamo usare come metro di paragone l’IMU prima casa, per cui i politici hanno discusso un anno intero prima di autorizzarne la cessazione, che era una tassa da 4 miliardi di euro. Oppure il decreto bankitalia, per il quale è stato necessario invocare la sospensione del dibattito parlamentare (la censura che va sotto il nome di ‘ghigliottina’), che era un uscita una-tantum di 7,5 miliardi di euro.
L’aumento dell’1% di I.V.A. ci porta 4 miliardi l’anno
La tanto decantata riforma del Senato porterebbe ad un risparmio di 1 miliardo l’anno.
Le province, tutte assieme, costano allo stato 11 miliardi di euro all’anno.
Bene, il Fiscal Compact ci dice di ripagare 57 miliardi di euro di Debito Pubblico all’anno, per 20 anni.
La disinformazione sul Fiscal Compact
La disinformazione sul Fiscal Compact opera sul consolidato schema a tre livelli, per offrire una risposta ad ogni sensibilità. Le famose 3 scimmiette.
Al primo livello, quello della televisione, c’è la scimmietta che non parla: del Fiscal Compact non se ne parla affatto, proprio per non incuriosire la gente; piuttosto si saturano le trasmissioni di boiate e intanto il tempo passa... e i trattati sono stati già firmati… quindi la doccia fredda per la maggior parte delle persone ci sarà a giochi fatti.
Al secondo livello, quello dei giornali, c’è la scimmietta che non vede i problemi: di Fiscal Compact se ne parla ma senza vederne i problemi, evocando i pareri rassicuranti degli esperti, senza mostrare dati o calcoli: il motto è che ce la faremo, e chi dice di no è un disfattista e comunque non è un esperto. [10]
Ma è il terzo livello che mostra maggiormente l’esplicita malafede, quello della scimmietta che non sente obiezioni. E’ il livello dei giornali specialistici o dei siti web, il livello che l’analisi la mostra, ma presentando la menzogna dimostrabile secondo cui anche non facendo nulla o facendo interventi limitati il rapporto Debito/PIL può calare. Questa linea di fallback dei disinformatori deriva da un vecchio articolo del 2012 pubblicato su La Voce a firma di Giuseppe Pisauro [11], ma qui analizzeremo una delle più recenti interpretazioni, a firma di Mauro Del Corno de Il Fatto Quotidiano, che ci rassicura che “il Fiscal Compact ci costerà solo 7 miliardi l’anno” [12]. L’articolo illustra il funzionamento del Fiscal Compact e la stima di 50 miliardi all’anno, e poi procede a dire che non serve ridurre il Debito, bensì...:
Trucco n° 1 (impariamo le frazioni con Del Corno)
In realtà la diminuzione che interessa è quella del rapporto tra il debito e il Pil, non del suo valore assoluto. Ossia: se il Pil cresce, il debito può restare comunque oltre i 2.100 miliardi (o persino salire) e in proporzione scendere comunque.
Certo, il rapporto Debito/PIL è una frazione, e l’articolo ci dice che il denominatore, cioè il PIL, se cresce e in venti anni raddoppia porta il rapporto Debito/PIL a dimezzarsi. Ok: a calcoli fatti un dato per raddoppiarsi in venti anni deve crescere in modo costante ed implacabile del 3,7% ogni anno per venti anni. L’andamento del PIL degli ultimi anni non va proprio verso questo andamento, anzi attualmente è in sostanziale calo.
Trucco n° 2 (viva l’inflazione)
Non solo. Il valore del prodotto interno lordo da utilizzare ai fini della regola del fiscal compact non è quello “reale”, di cui si legge abitualmente sui giornali (per esempio: nel 2014 il Pil italiano crescerà dello 0,7%) ma quello nominale, cioè non depurato dagli effetti dell’inflazione. Per esempio, se in un dato anno la crescita economica è pari allo 0,5% e i prezzi aumentano dell’1% il Pil nominale crescerà dell’1,5 per cento. Questo offre margini aggiuntivi per ridurre il quoziente debito/pil senza tagli alla spesa.
Ok: quindi se anche il prodotto interno lordo dell’Italia non cresce, l’importante è cresca il valore nominale. Cioè che la stessa quantità di beni e prodotti che come nazione facciamo adesso lo riusciamo a vendere a prezzi più alti grazie all’inflazione. Questo sarebbe parte della soluzione, secondo l’articolo. Ma va bene, proseguiamo su questa idea. Almeno mettiamoci i dati giusti: le ultime stime dell’Istat parlano di un aumento del PIL nel 2014 dello 0,6% e l’inflazione programmata è allo 1,5%.
Stiamo ad una crescita del PIL prevista dello 0,6+1,5 = 2,1 %
Trucco n° 3 (mentire sul contesto)
Per farsi un’idea, si consideri che alcune simulazioni hanno evidenziato come con un debito al 120% del Pil sarebbe sufficiente una crescita nominale (Pil reale + inflazione) del 2,6% per ottenere automaticamente una riduzione del debito pari al ventesimo richiesto dal fiscal compact.
Sarebbe bello vederle queste simulazioni; in ogni caso il rapporto Debito/Pil è al 134,5% e non al 120% quindi occorre un 3,7%, non un 2,6%. Ci siamo rubati un altro 0,9%
Trucco n° 4 (il trucco fondamentale - una leggerissima dimenticanza)
Mancherebbe quindi uno 0,5%-0,7% per ottenere una crescita sufficiente ad abbattere il debito di un ventesimo. Si parla insomma di 7-10 miliardi di euro
Il pubblicitario parla sempre dei pregi, mai dei difetti, perché l’omissione è un arma potentissima. Cosa manca dagli approfonditi calcoli di Del Corno? Rileggiamo questo brano precedente:
Ossia: se il Pil cresce, il debito può restare comunque oltre i 2.100 miliardi (o persino salire) e in proporzione scendere comunque.
“persino salire”??? Tutto l’arguto ragionamento di Del Corno si basa su una menzogna clamorosa, cioè che il Debito Pubblico nel frattempo non cresca mai! Questa parte è cruciale, perchè è il cuore della menzogna che si trova in numerosi articoli di disinformazione: omettere interamente di parlare dell’andamento del Debito Pubblico, e fingere che questo sia costante. Invece come mostrano le serie storiche il Debito Pubblico cresce sempre, e negli ultimi dieci anni è cresciuto in media di 70 miliardi ogni anno, cioè del 4% del suo valore ogni anno. Il PIL era in crescita prima del 2008 (sempre in modo più debole del Debito, ma almeno cresceva) e dopo il 2008 è addirittura in pareggio o in calo.
Quindi: al numeratore della frazione abbiamo un valore che aumenta di 82 miliardi l’anno, cioè del 4% del suo valore. Il denominatore aumenta del 2,6 o 2,8%. Curiosità matematica: se il numeratore cresce più del denominatore il Rapporto AUMENTA anzichè calare.
Quindi il PIL per soddisfare da solo il vincolo del Fiscal Compact dovrebbe crescere del 3,7% PIU’ DEL DEBITO PUBBLICO, cioè il PIL dovrebbe crescere del 7,7% all’anno per venti anni: la stessa crescita della CINA! Io firmo anche subito, però Del Corno mi deve spiegare come si fa.
Qui si potrebbe obiettare: ma adesso anche tu stai facendo stime sul futuro, mentre prima presentavi dati certi. Beh, l’andamento reale l’ho già mostrato, ora mostro le stime del governo, quelle che questi articolisti fingono di non vedere [13], per togliere ogni dubbio sulla loro malafede:
Concedetemi un ultima trattazione, dato che questo trucco del “ventesimo che si assottiglia” si trova in parecchi articoli:
Trucco n° 5: arriva l’esperto!
Inoltre, spiega Angelo Baglioni, economista dell’università Cattolica di Milano, il ritmo di discesa del debito (il famoso ventesimo, ndr) viene ricalcolato ogni anno sulla base del triennio precedente. Quindi, se il debito inizia a scendere la quota da ridurre si assottiglia via via: se ho un debito di 200 e lo riduco di un ventesimo arrivo a 190, quindi l’anno successivo il ventesimo richiesto non sarà più 10, ma 9,5.
Qui i casi sono due: o Angelo Baglioni non si è saputo spiegare, o Del Corno non è riuscito a capire; non voglio nemmeno ipotizzare che uno dei due menta sapendo di mentire. Il Fiscal Compact dice di ridurre il rapporto Debito/Pil fino a portarlo al 60% in venti anni, non dice che tu ogni anno paghi un ventesimo di quello che ti distanzia dal 60%. La differenza è sostanziale, perchè nel primo caso le 20 rate sono tutte uguali di 57 miliardi e in venti anni hai ripagato 1133 miliardi, mentre nel secondo di anno in anno la quota viene ricalcolata, calando la rata, e dopo 20 anni non avrai pagato affatto l’ammontare totale che dovevi pagare, ma solo due terzi… è matematica, non è un’opinione. Ma la fortuna di questa gente è che la matematica è noiosa. E chi pecora si fa, il lupo lo mangia.
Conclusione
Spero di aver illustrato con abbastanza chiarezza sia i meccanismi dietro al Fiscal Compact, che la congiura del silenzio che copre questo importantissimo argomento, che le menzogne usate per turlupinare chi cerca delle risposte e trova invece questi disinformatori. Come avete visto non serve altro che un po’ di matematica di base e la voglia di cercare i dati - abbiamo tutto a disposizione per costringere l’amministrazione pubblica a rendere conto delle proprie scelte, fatte peraltro con i soldi nostri.
Post scriptum
Per capire quanto siano disperati i conti e le stime del PIL, considerate che oggi 22 maggio 2014 l’Istat ha dichiarato [14] che inserirà le seguenti voci nel computo del PIL:
- droga
- prostituzione
- contrabbando
Davvero! Davvero davvero!!
Riccardo Pizzirani (Sertes)
Note e riferimenti:
[1] Documento di Economia e Finanza 2014, pagina 19
http://www.tesoro.it/doc-finanza-pubblica/def/2014/documenti/DEF_Sezione_I_Programma_di_Stabilitx_.pdf
[2] Chi ha creato il Debito Pubblico (anni 1970-2012) http://www.irpef.info/debito.html
[3] Andamento storico del Rapporto Debito/PIL in Italia: Tabella Cronologia, seconda colonna http://it.wikipedia.org/wiki/Dati_macroeconomici_italiani
[4] “Quando Goldman Sachs truccava i conti della Grecia per farla entrare nell’euro”, Il Fatto Quotidiano http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/26/prestiti-goldman-sachs-dietro-conti-truccati-della-grecia/199893/
[5] “Wall St. Helped to Mask Debt Fueling Europe’s Crisis”, New York Times http://www.nytimes.com/2010/02/14/business/global/14debt.html?pagewanted=all&_r=0
[6] Il punto di vista di Mario Monti, Primo Ministro Italiano, International Advisor di Goldman Sachs, Membro dell'Aspen Institute, Membro del Direttivo del Gruppo Bilderbergs, Presidente della Commissione Trilaterale: https://www.youtube.com/v/wsc-JVRad9o&feature=player_embedded
[7] Patto di stabilità e crescita: http://it.wikipedia.org/wiki/Patto_di_stabilit%C3%A0_e_crescita
[8] La Grecia mette in vendita le sue isole: http://www.corriere.it/economia/10_giugno_25/grecia-vendita-itol_7676922a-805e-11df-85d3-00144f02aabe.shtml
[9] La grecia mette in vendita le sue ferrovie: http://www.repubblica.it/economia/2013/04/01/news/grecia_vende_ferrovie-55750354/
[10] “Quante bugie sul Fiscal compact: ridurre il debito di 7 miliardi una tantum non è la fine del mondo”, di Veronica De Romanis, l’economista che sfrutta termini altisonanti come ‘forward looking’ per far credere che con le stime più favorevoli il 60% si raggiunga naturalmente con un unica spesa una-tantum da 7 miliardi: http://www.firstonline.info/a/2014/01/18/quante-bugie-sul-fiscal-compact-ridurre-il-debito-/88d5b791-ffbd-40a6-8e73-04bfd23a7713
[11] “Come Funziona il Fiscal Compact”, di Giuseppe Pisauro, La Voce (31.01.2012) - in cui ci si “dimentica” che il Debito Pubblico cresce: http://archivio.lavoce.info/articoli/pagina1002832-351.html
[12] “Fiscal Compact: ecco quanto ci costeranno davvero le nuove regole sul debito pubblico”, di Mauro Del Corno, Il Fatto Quotidiano: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/17/fiscal-compact-ecco-quanto-ci-costeranno-davvero-le-nuove-regole-sul-debito-pubblico/955018/
[13] Documento di Economia e Finanza 2014, pagina 23
http://www.tesoro.it/doc-finanza-pubblica/def/2014/documenti/DEF_Sezione_I_Programma_di_Stabilitx_.pdf
[14] http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2014/05/22/anche-droga-prostituzione-fanno-ricchezza-del-paese-attivita-illegali-nelle-stime-del-pil_ykJ1SAS6VAxWjOeXr2Bp1O.html?refresh_ce
http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=4480
Inviato da Redazione il 22/5/2014 23:50:00 (1265 letture)
di Riccardo Pizzirani
L’economia è davvero un argomento distante e complicato, per il quale dobbiamo affidarci al parere degli esperti del settore, o siamo vittima di un sistema che ci fa filtrare solo notizie confezionate per dirigere altrove il nostro interesse? Con questo articolo è mia intenzione illustrare in modo chiaro e semplice il funzionamento del Fiscal Compact, la norma europea che entrerà in vigore l’anno prossimo, e che condizionerà le nostre vite più di qualsiasi altra norma finora applicata nel nostro paese.
Per far questo è necessario introdurre due argomenti distinti: primo, come sono strutturati i conti dello stato, in semplici termini di entrate, uscite e debito; e secondo, elencare alcuni dei parametri richiesti per entrare e permanere nell’Unione Europea e nell’Euro. Questi due argomenti convergeranno poi nella trattazione del Fiscal Compact vero e proprio, e di cosa comporta per l’Italia l’adozione.
In conclusione, verranno mostrati anche i vari strati di menzogne e di mistificazioni che i media tradizionali hanno finora riservato a questo scomodo e fondamentale argomento.
Il bilancio dello stato
Innanzi tutto valutiamo la situazione economica attuale dello stato italiano. Il funzionamento del sistema-Italia non può essere descritto interamente usando quali esempi le logiche delle imprese o i normali funzionamenti di una famiglia, ...
... ma dal punto di vista economico ci sono alcune affinità alle quali possiamo appoggiarci ad esempi semplici bensì significativi:
Ogni famiglia ha delle entrate, che sono dovute tipicamente dagli stipendi dei suoi componenti che lavorano, e in qualche caso anche una o più rendite di immobili che si possiedono. Allo stesso modo ci sono delle uscite, delle spese: mangiare, vestirsi, le utenze, assicurazioni, affitto. Anche i soldi che vengono messi da parte di mese in mese possono essere considerati spese, fino a dire che “tanto entra e tanto esce”, cioè che il bilancio famigliare fa somma zero. Poi c’è il rapporto con le banche: una famiglia potrebbe decidere di fare un investimento “neutro”, cioè di fare un mutuo per comprarsi la casa in cui vive, e pagare la rata del mutuo invece che pagare l’affitto. Una impresa tipicamente fa investimenti “in positivo”, cioè chiede un prestito oggi, e ne paga le rate di volta in volta, per acquistare un macchinario che in futuro gli permetterà di avere maggiori entrate.
Ma talvolta possono esserci anche delle spese impreviste, e allora in questo caso la famiglia/impresa per farne fronte o è stata abbastanza saggia da crearsi un fondo di risparmio, ed attinge da esso, oppure è costretta a rivolgersi a chi i soldi li ha, per avere un prestito: le banche.
Detto questo, mettiamoci qualche numero: se ogni mese io prendo 745 euro di stipendio e ne spendo 710 per tutte le mie necessità, ho un bilancio positivo, e ho pure un margine di 35 euro ancora da impiegare. Ma se ho un debito pregresso che mi costringe a pagare un interesse di 82 euro ogni mese, allora sono nei guai: tipicamente non posso alzare le entrate imponendo al mio datore di lavoro un arbitrario aumento di stipendio, e se non posso ridurre le spese perché non sono in condizione di fare rinunce, allora per pagare l’interesse del debito sono costretto a fare nuovidebiti. Ed è chiaro che se faccio questa scelta e nel sistema non cambia nulla, al mese dopo avrò ancora più interessi da pagare (tutti quelli precedenti più quelli che ho appena fatto) e sarò sempre più strozzato dall’interesse sul debito: sono proprio quelle situazioni in cui non ci si deve mai trovare.
Il problema è che se tramutiamo questo esempio da mesi in anni, e se consideriamo le cifre da euro a miliardi di euro... questi sono proprio i conti dell’Italia, presi pari pari dal Bilancio di Stato del 2013! [1]
Vista la nostra enorme pressione fiscale, che è tra le più alte al mondo, lo Stato italiano incassa più di quanto spende Anche con tutti gli sprechi, la malagestione, le clientele assortite e l’evasione, abbiamo ben 745 miliardi di euro di entrate (tasse dirette, indirette e accise) a fronte di 710 miliardi di euro di spese (stipendi di politici, magistrati, polizia, pompieri, medici, altri statali, pensioni, spese varie di manutenzione statale come strade, scuole, ospedali, la difesa, i sussidi, insomma tutto quanto faccia lo stato).
I 35 miliardi di margine positivo tra le entrate e uscite vengono chiamati in gergo tecnico Avanzo Primario, e sono calcolati al netto dell’interesse sul Debito Pubblico. Il Debito Pubblico è l’ammontare dei soldi che la nostra nazione ha preso in prestito, ad interesse, da banche private e da altri investitori privati, ed è ben oltre i 2000 miliardi di euro. Questo colossale ammanco ci rende uno dei paesi più indebitati al mondo e ci richiede il pagamento di un interesse di 82 miliardi di euro l’anno, cioè circa un ottavo delle spese totali dello Stato.
Ci si può chiedere chi ha creato questo enorme debito, come, e perché: quali sono state mai le emergenze che ci hanno coinvolto come nazione, anno per anno, per costringerci a ricorrere al finanziamento a debito. Oppure, in mancanza di queste motivazioni e di queste emergenze, potremmo ragionare su quanti regali alle banche i nostri politici hanno fatto in cambio dei loro privilegi. Se ne potrebbe parlare tanto, ciascuno con la propria opinione, ma il dato puro è incontestabile: qualsiasi sia stata l’origine del problema, oggi ricorrere al finanziamento a debito è la norma, anzi il sistema è così drogato di denaro che non possiamo più farne a meno pur di tenere in piedi i nostri conti e onorare nel contempo gli impegni presi precedentemente. Il Debito Pubblico cresce sempre, e con esso l’interesse da pagare.
Se poi vi interessa analizzare nel dettaglio questi dati in forma numerica, qui [2] trovate una tabella riassuntiva che mostra come il Debito Pubblico sia passato da 14 miliardi del 1970 ai 2120 miliardi odierni, con a fianco il nome del governo che ha licenziato il bilancio statale di anno in anno.
Ma per tornare alla nostra trattazione, siccome tra l’80 e il 90% del Debito Pubblico è detenuto dalle banche private, e siccome il pagamento dell’interesse sul Debito è fatto con le entrate di stato che sono sostanzialmente tasse, possiamo concludere che “il debito è pubblico e l’interesse è privato” (dei soliti noti).
Visto il fatto, e visto l’ammontare, questo è il motivo per cui di Debito Pubblico (e del relativo interesse) si parla sempre molto poco.
Anche quando se ne deve proprio parlare gli economisti invece che presentare il Debito Pubblico come dato puro in euro, lo presentano come Rapporto Debito/PIL, cioè frazione tra il Debito Pubblico e la capacità produttiva di beni e servizi annuale della nazione (il prodotto interno lordo), così appare in forma di percentuale piuttosto che con il dato puro in euro. Matematicamente questa cosa avrebbe anche senso, perchè anche un debito di importo molto sostenuto potrebbe essere sopportabile dalla nazione se la sua capacità produttiva fosse altrettanto alta; in tal caso ci sarebbero altri problemi, ma tutti di entità inferiore a quelli attuali. In ogni caso, studiando i dati certi del Ministero del Tesoro sul Rapporto Debito/PIL [3] appare chiaro che la trappola del debito è già scattata, e la produttività del paese non è riuscita a crescere quanto i nostri politici siano riusciti ad indebitarci. O detta in altro modo, che i soldi ricevuti con l’indebitamento dello stato non sono stati spesi in azioni produttive, ma sottratti o sprecati. Non siamo nel caso positivo in cui l’impresa chiede un prestito per fare un investimento produttivo. Non siamo nemmeno nel caso neutro in cui un capofamiglia fa un mutuo per la casa in cui la famiglia vive, al posto di pagare l’affitto... siamo piuttosto nel caso in cui il capofamiglia è un tossicodipendente che non riesce a pagare l’interesse del debito che ha fatto tempo addietro con uno strozzino, e quindi pensa bene di rivolgersi ad un altro strozzino, chidere dei soldi, e con questi pagare l’interesse (solo l’interesse) del primo strozzino!
Certo, anche qui l’analisi è aperta a diverse interpretazioni, e la mia vale come quella di chiunque altro, ma i dati no, quelli sono certi: il Rapporto Debito/Pil è alto, altissimo, e visto il fatto che il debito cresce sempre (e parecchio) ed il pil della nazione specialmente dal 2008 arranca, il Rapporto Debito/Pil non accenna affatto a diminuire:
L’unione europea
L’Unione Europea è stata costituita principalmente come entità economica, per fare una moneta unica con un importante idea di fondo: ciascuno stato vende parte del proprio Debito Pubblico agli altri stati membri, ed acquista da loro un pari ammontare di debito pubblico estero. Questo significherà che il destino di ogni stato membro è indissolubilmente legato a quello di tutti gli altri, e che quindi sarà interesse dell’intero insieme di nazioni far fronte comune alle problematiche delle singole nazioni. Questa era l’idea, la pubblicità con cui l’Unione Europea ci è “stata venduta”.
Nel 1992 è stato quindi istituito il trattato di Maastricht, che descrive alcuni parametri che i paesi che vogliono far parte dell’Unione Europea devono rispettare, perchè ovviamente questo rischio diffuso fa sì che non tutti i paesi fossero adatti ad entrare a far parte dell’unione europea, ma solo quelli abbastanza stabili. Uno di questi parametri riguarda proprio il Rapporto Debito/PIL, che deve essere non superiore al 60%. L’Italia nel 1992 aveva un Rapporto Debito/PIL al 105%, ma questo vincolo fu sollevato per permetterci di entrare nell’Unione Europea ed adottare l’Euro.
Anche il Belgio ha avuto questo trattamento di favore, e infatti lo ritroveremo fra poco.
Ma è il caso della Grecia che è emblematico: è abbastanza noto che la Grecia non aveva assolutamente conti in ordine per entrare nell’Unione Europea e adottare l’Euro come moneta. E’ un po’ meno noto al di fuori di internet che la banca d’affari Goldman Sachs abbia illecitamente aiutato il governo ellenico a falsare i bilanci proprio allo scopo di far entrare la Grecia nell’eurozona. [4] E gli ‘inguaribili complottisti’ del New York times dicono che Goldman Sachs avrebbe aiutato con prestiti segreti pure l’Italia… aiutati ad entrare nell’unione europea, ovviamente. [5]
Per intenderci Goldman Sachs è la banca d’affari di livello mondiale che in questi anni ha direttamente posto i suoi uomini migliori alla guida politica di varie nazioni europee compresa la nostra con i suoi consulenti Enrico Letta e Mario Monti [6], la banca privata che è capace di annoverare tra i suoi membri Mario Draghi, il presidente della Banca Centrale Europea, Antonio Borges direttore del Dipartimento Europa del Fondo Monetario Internazionale, e nientemeno che il presidente della Commissione Europea nonchè due volte presidente del Consiglio Romano Prodi:
Il Fiscal Compact
Visto che alcuni paesi faticano ad allinearsi con i vincoli del Trattato di Maastricht nel 1997 viene promulgato il Patto di Stabilità [7]: sono delle regole che dettagliano quali sanzioni applicare agli stati troppo indebitati, in che modi e in che tempi. Questo insieme di norme evolve poi nel Fiscal Compact, firmato e sottoscritto dal governo Monti nel 2011 a nome dell’Italia, sostenuto poi dal governo Letta ed infine sostenuto dal governo Renzi, e che entrerà in pieno vigore l’anno prossimo. Tra le varie norme del Fiscal Compact la più importante è sicuramente quella relativa all’abbattimento del Debito Pubblico, per tornare entro 20 anni alla quota prevista dal Trattato di Maastricht, cioè ad un Rapporto Debito/PIL del 60%.
Facciamo un calcolo sui dati certi, quelli del 2013, come se il Fiscal Compact l’avessimo già oggi invece che l’anno prossimo:
Debito Pubblico = 2069 miliardi
Pil = 1560 miliardi
60% del Pil = 936 miliardi
Quota da ridurre = Debito Pubblico (2069 miliardi) – 60% del Pil (936 miliardi) = 1133 miliardi
Un ventesimo di 1133 miliardi = 57 miliardi all’anno.
Quindi il Fiscal Compact ci dice: siccome avete troppo Debito rispetto al PIL, e siccome faticate a pagare 82 miliardi di euro all’anno di interessi sul debito, allora pagatene 82+57 = 139. Poi andate avanti così per i prossimi 19 anni e finalmente sarete dei veri europei.
Il fatto che siamo entrati nell’unione europea in deroga del parametro del 60% se lo sono come dimenticati, non conta più… ora che la nostra economia vacilla è il momento di pagare i debiti: “ce lo chiede l’europa”.
E il trattato è già stato firmato e sottoscritto, quindi dove troveremo questi fondi? Alzare ancora le tasse non serve: ogni analisi concorda nel dire che siamo già al punto in cui aumentare ulteriormente le tasse farebbe solo sì che le pagherebbero ancora in di meno, e che quindi lo stato prenderebbe di netto meno soldi.
Quindi si dovrà agire sulla spesa: vendere gli immobili di pregio dello stato (ovviamente ad una frazione del valore, dato che la vendita avverrà in condizioni di estremo bisogno di far cassa da parte nostra), eseguire privatizzazioni selvagge (sempre per il suddetto motivo) comprese la cessione delle concessioni sulle coste e dei diritti di sfruttamento delle nostre risorse energetiche nonchè artistiche nazionali, esattamente come è già successo in Grecia dove si sono venduti ferrovie di stato, coste, parchi, ed isole intere.[8][9]
Le altre cose che sono già successe in Grecia e che quindi possono essere una plausibile linea di condotta includono la distruzione dello stato sociale fino al punto massimo di sopportazione della popolazione, e passerà da tappe obbligate quali la sospensione delle tredicesime statali e pensionistiche, che sono la prima avvisaglia che la vera crisi è arrivata.
Alcuni temono anche un prelievo forzoso sui c/c, di cui peraltro Unicredit ha già parlato, o una patrimoniale sugli immobili.
Se queste ipotesi vi sembrano catastrofistiche o poco plausibili possiamo valutare a quanto ammontano realmente cifre come 57 miliardi di euro. Possiamo usare come metro di paragone l’IMU prima casa, per cui i politici hanno discusso un anno intero prima di autorizzarne la cessazione, che era una tassa da 4 miliardi di euro. Oppure il decreto bankitalia, per il quale è stato necessario invocare la sospensione del dibattito parlamentare (la censura che va sotto il nome di ‘ghigliottina’), che era un uscita una-tantum di 7,5 miliardi di euro.
L’aumento dell’1% di I.V.A. ci porta 4 miliardi l’anno
La tanto decantata riforma del Senato porterebbe ad un risparmio di 1 miliardo l’anno.
Le province, tutte assieme, costano allo stato 11 miliardi di euro all’anno.
Bene, il Fiscal Compact ci dice di ripagare 57 miliardi di euro di Debito Pubblico all’anno, per 20 anni.
La disinformazione sul Fiscal Compact
La disinformazione sul Fiscal Compact opera sul consolidato schema a tre livelli, per offrire una risposta ad ogni sensibilità. Le famose 3 scimmiette.
Al primo livello, quello della televisione, c’è la scimmietta che non parla: del Fiscal Compact non se ne parla affatto, proprio per non incuriosire la gente; piuttosto si saturano le trasmissioni di boiate e intanto il tempo passa... e i trattati sono stati già firmati… quindi la doccia fredda per la maggior parte delle persone ci sarà a giochi fatti.
Al secondo livello, quello dei giornali, c’è la scimmietta che non vede i problemi: di Fiscal Compact se ne parla ma senza vederne i problemi, evocando i pareri rassicuranti degli esperti, senza mostrare dati o calcoli: il motto è che ce la faremo, e chi dice di no è un disfattista e comunque non è un esperto. [10]
Ma è il terzo livello che mostra maggiormente l’esplicita malafede, quello della scimmietta che non sente obiezioni. E’ il livello dei giornali specialistici o dei siti web, il livello che l’analisi la mostra, ma presentando la menzogna dimostrabile secondo cui anche non facendo nulla o facendo interventi limitati il rapporto Debito/PIL può calare. Questa linea di fallback dei disinformatori deriva da un vecchio articolo del 2012 pubblicato su La Voce a firma di Giuseppe Pisauro [11], ma qui analizzeremo una delle più recenti interpretazioni, a firma di Mauro Del Corno de Il Fatto Quotidiano, che ci rassicura che “il Fiscal Compact ci costerà solo 7 miliardi l’anno” [12]. L’articolo illustra il funzionamento del Fiscal Compact e la stima di 50 miliardi all’anno, e poi procede a dire che non serve ridurre il Debito, bensì...:
Trucco n° 1 (impariamo le frazioni con Del Corno)
In realtà la diminuzione che interessa è quella del rapporto tra il debito e il Pil, non del suo valore assoluto. Ossia: se il Pil cresce, il debito può restare comunque oltre i 2.100 miliardi (o persino salire) e in proporzione scendere comunque.
Certo, il rapporto Debito/PIL è una frazione, e l’articolo ci dice che il denominatore, cioè il PIL, se cresce e in venti anni raddoppia porta il rapporto Debito/PIL a dimezzarsi. Ok: a calcoli fatti un dato per raddoppiarsi in venti anni deve crescere in modo costante ed implacabile del 3,7% ogni anno per venti anni. L’andamento del PIL degli ultimi anni non va proprio verso questo andamento, anzi attualmente è in sostanziale calo.
Trucco n° 2 (viva l’inflazione)
Non solo. Il valore del prodotto interno lordo da utilizzare ai fini della regola del fiscal compact non è quello “reale”, di cui si legge abitualmente sui giornali (per esempio: nel 2014 il Pil italiano crescerà dello 0,7%) ma quello nominale, cioè non depurato dagli effetti dell’inflazione. Per esempio, se in un dato anno la crescita economica è pari allo 0,5% e i prezzi aumentano dell’1% il Pil nominale crescerà dell’1,5 per cento. Questo offre margini aggiuntivi per ridurre il quoziente debito/pil senza tagli alla spesa.
Ok: quindi se anche il prodotto interno lordo dell’Italia non cresce, l’importante è cresca il valore nominale. Cioè che la stessa quantità di beni e prodotti che come nazione facciamo adesso lo riusciamo a vendere a prezzi più alti grazie all’inflazione. Questo sarebbe parte della soluzione, secondo l’articolo. Ma va bene, proseguiamo su questa idea. Almeno mettiamoci i dati giusti: le ultime stime dell’Istat parlano di un aumento del PIL nel 2014 dello 0,6% e l’inflazione programmata è allo 1,5%.
Stiamo ad una crescita del PIL prevista dello 0,6+1,5 = 2,1 %
Trucco n° 3 (mentire sul contesto)
Per farsi un’idea, si consideri che alcune simulazioni hanno evidenziato come con un debito al 120% del Pil sarebbe sufficiente una crescita nominale (Pil reale + inflazione) del 2,6% per ottenere automaticamente una riduzione del debito pari al ventesimo richiesto dal fiscal compact.
Sarebbe bello vederle queste simulazioni; in ogni caso il rapporto Debito/Pil è al 134,5% e non al 120% quindi occorre un 3,7%, non un 2,6%. Ci siamo rubati un altro 0,9%
Trucco n° 4 (il trucco fondamentale - una leggerissima dimenticanza)
Mancherebbe quindi uno 0,5%-0,7% per ottenere una crescita sufficiente ad abbattere il debito di un ventesimo. Si parla insomma di 7-10 miliardi di euro
Il pubblicitario parla sempre dei pregi, mai dei difetti, perché l’omissione è un arma potentissima. Cosa manca dagli approfonditi calcoli di Del Corno? Rileggiamo questo brano precedente:
Ossia: se il Pil cresce, il debito può restare comunque oltre i 2.100 miliardi (o persino salire) e in proporzione scendere comunque.
“persino salire”??? Tutto l’arguto ragionamento di Del Corno si basa su una menzogna clamorosa, cioè che il Debito Pubblico nel frattempo non cresca mai! Questa parte è cruciale, perchè è il cuore della menzogna che si trova in numerosi articoli di disinformazione: omettere interamente di parlare dell’andamento del Debito Pubblico, e fingere che questo sia costante. Invece come mostrano le serie storiche il Debito Pubblico cresce sempre, e negli ultimi dieci anni è cresciuto in media di 70 miliardi ogni anno, cioè del 4% del suo valore ogni anno. Il PIL era in crescita prima del 2008 (sempre in modo più debole del Debito, ma almeno cresceva) e dopo il 2008 è addirittura in pareggio o in calo.
Quindi: al numeratore della frazione abbiamo un valore che aumenta di 82 miliardi l’anno, cioè del 4% del suo valore. Il denominatore aumenta del 2,6 o 2,8%. Curiosità matematica: se il numeratore cresce più del denominatore il Rapporto AUMENTA anzichè calare.
Quindi il PIL per soddisfare da solo il vincolo del Fiscal Compact dovrebbe crescere del 3,7% PIU’ DEL DEBITO PUBBLICO, cioè il PIL dovrebbe crescere del 7,7% all’anno per venti anni: la stessa crescita della CINA! Io firmo anche subito, però Del Corno mi deve spiegare come si fa.
Qui si potrebbe obiettare: ma adesso anche tu stai facendo stime sul futuro, mentre prima presentavi dati certi. Beh, l’andamento reale l’ho già mostrato, ora mostro le stime del governo, quelle che questi articolisti fingono di non vedere [13], per togliere ogni dubbio sulla loro malafede:
Concedetemi un ultima trattazione, dato che questo trucco del “ventesimo che si assottiglia” si trova in parecchi articoli:
Trucco n° 5: arriva l’esperto!
Inoltre, spiega Angelo Baglioni, economista dell’università Cattolica di Milano, il ritmo di discesa del debito (il famoso ventesimo, ndr) viene ricalcolato ogni anno sulla base del triennio precedente. Quindi, se il debito inizia a scendere la quota da ridurre si assottiglia via via: se ho un debito di 200 e lo riduco di un ventesimo arrivo a 190, quindi l’anno successivo il ventesimo richiesto non sarà più 10, ma 9,5.
Qui i casi sono due: o Angelo Baglioni non si è saputo spiegare, o Del Corno non è riuscito a capire; non voglio nemmeno ipotizzare che uno dei due menta sapendo di mentire. Il Fiscal Compact dice di ridurre il rapporto Debito/Pil fino a portarlo al 60% in venti anni, non dice che tu ogni anno paghi un ventesimo di quello che ti distanzia dal 60%. La differenza è sostanziale, perchè nel primo caso le 20 rate sono tutte uguali di 57 miliardi e in venti anni hai ripagato 1133 miliardi, mentre nel secondo di anno in anno la quota viene ricalcolata, calando la rata, e dopo 20 anni non avrai pagato affatto l’ammontare totale che dovevi pagare, ma solo due terzi… è matematica, non è un’opinione. Ma la fortuna di questa gente è che la matematica è noiosa. E chi pecora si fa, il lupo lo mangia.
Conclusione
Spero di aver illustrato con abbastanza chiarezza sia i meccanismi dietro al Fiscal Compact, che la congiura del silenzio che copre questo importantissimo argomento, che le menzogne usate per turlupinare chi cerca delle risposte e trova invece questi disinformatori. Come avete visto non serve altro che un po’ di matematica di base e la voglia di cercare i dati - abbiamo tutto a disposizione per costringere l’amministrazione pubblica a rendere conto delle proprie scelte, fatte peraltro con i soldi nostri.
Post scriptum
Per capire quanto siano disperati i conti e le stime del PIL, considerate che oggi 22 maggio 2014 l’Istat ha dichiarato [14] che inserirà le seguenti voci nel computo del PIL:
- droga
- prostituzione
- contrabbando
Davvero! Davvero davvero!!
Riccardo Pizzirani (Sertes)
Note e riferimenti:
[1] Documento di Economia e Finanza 2014, pagina 19
http://www.tesoro.it/doc-finanza-pubblica/def/2014/documenti/DEF_Sezione_I_Programma_di_Stabilitx_.pdf
[2] Chi ha creato il Debito Pubblico (anni 1970-2012) http://www.irpef.info/debito.html
[3] Andamento storico del Rapporto Debito/PIL in Italia: Tabella Cronologia, seconda colonna http://it.wikipedia.org/wiki/Dati_macroeconomici_italiani
[4] “Quando Goldman Sachs truccava i conti della Grecia per farla entrare nell’euro”, Il Fatto Quotidiano http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/26/prestiti-goldman-sachs-dietro-conti-truccati-della-grecia/199893/
[5] “Wall St. Helped to Mask Debt Fueling Europe’s Crisis”, New York Times http://www.nytimes.com/2010/02/14/business/global/14debt.html?pagewanted=all&_r=0
[6] Il punto di vista di Mario Monti, Primo Ministro Italiano, International Advisor di Goldman Sachs, Membro dell'Aspen Institute, Membro del Direttivo del Gruppo Bilderbergs, Presidente della Commissione Trilaterale: https://www.youtube.com/v/wsc-JVRad9o&feature=player_embedded
[7] Patto di stabilità e crescita: http://it.wikipedia.org/wiki/Patto_di_stabilit%C3%A0_e_crescita
[8] La Grecia mette in vendita le sue isole: http://www.corriere.it/economia/10_giugno_25/grecia-vendita-itol_7676922a-805e-11df-85d3-00144f02aabe.shtml
[9] La grecia mette in vendita le sue ferrovie: http://www.repubblica.it/economia/2013/04/01/news/grecia_vende_ferrovie-55750354/
[10] “Quante bugie sul Fiscal compact: ridurre il debito di 7 miliardi una tantum non è la fine del mondo”, di Veronica De Romanis, l’economista che sfrutta termini altisonanti come ‘forward looking’ per far credere che con le stime più favorevoli il 60% si raggiunga naturalmente con un unica spesa una-tantum da 7 miliardi: http://www.firstonline.info/a/2014/01/18/quante-bugie-sul-fiscal-compact-ridurre-il-debito-/88d5b791-ffbd-40a6-8e73-04bfd23a7713
[11] “Come Funziona il Fiscal Compact”, di Giuseppe Pisauro, La Voce (31.01.2012) - in cui ci si “dimentica” che il Debito Pubblico cresce: http://archivio.lavoce.info/articoli/pagina1002832-351.html
[12] “Fiscal Compact: ecco quanto ci costeranno davvero le nuove regole sul debito pubblico”, di Mauro Del Corno, Il Fatto Quotidiano: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/17/fiscal-compact-ecco-quanto-ci-costeranno-davvero-le-nuove-regole-sul-debito-pubblico/955018/
[13] Documento di Economia e Finanza 2014, pagina 23
http://www.tesoro.it/doc-finanza-pubblica/def/2014/documenti/DEF_Sezione_I_Programma_di_Stabilitx_.pdf
[14] http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2014/05/22/anche-droga-prostituzione-fanno-ricchezza-del-paese-attivita-illegali-nelle-stime-del-pil_ykJ1SAS6VAxWjOeXr2Bp1O.html?refresh_ce
http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=4480
Bagnai dà un'interpretazione diversa del FiscalCompact, riducendo un po' la cifra (una quarantina invece di una cinquantina di migggliardi l'anno), ma nei commenti precisa che l'argomento andrà studiato meglio
http://goofynomics.blogspot.it/2014/03/lievi-imprecisioni-sul-fiscal-compact.html
Ciò che è incredibile è che tale norma ce la ritroviamo nella Costituzione e che sia soggetta a interpretazioni... Non c'è modo di avere chiarezza??
Chi lo ha approvato, che *azzo ha approvato??
http://goofynomics.blogspot.it/2014/03/lievi-imprecisioni-sul-fiscal-compact.html
Ciò che è incredibile è che tale norma ce la ritroviamo nella Costituzione e che sia soggetta a interpretazioni... Non c'è modo di avere chiarezza??
Chi lo ha approvato, che *azzo ha approvato??
hanno inglobato i vari "esperti" di lavoce.info,
gente esperta come T. Boeri (bocconiano, economista esperto del mercato del lavoro che parla di ec. monetaria) per dire..
Dai, ma da un bocconiano cosa ti aspetti, che non difenda alla morte l'euro, che è il simbolo dei simboli della deregulation, dei mercati sovrani, del se va bene è mio, se va male è tuo?
Il fatto cerca di porsi da "moderatore" del dibattito, offrendo ai lettori (più o meno) le due campane.
Il punto è che se una campana spara puttanate a raffica, un giornale dovrebbe avere il coraggio di prendere delle decisioni.
gente esperta come T. Boeri (bocconiano, economista esperto del mercato del lavoro che parla di ec. monetaria) per dire..
Dai, ma da un bocconiano cosa ti aspetti, che non difenda alla morte l'euro, che è il simbolo dei simboli della deregulation, dei mercati sovrani, del se va bene è mio, se va male è tuo?
Il fatto cerca di porsi da "moderatore" del dibattito, offrendo ai lettori (più o meno) le due campane.
Il punto è che se una campana spara puttanate a raffica, un giornale dovrebbe avere il coraggio di prendere delle decisioni.
ma nelle ultime settimane hanno pubblicato articoli pro-euro?
Manifatturiero, l'Italia sorpassata dal Brasile. In 13 anni produzione giù del 25,5%
L'Italia continua a perdere posizioni nella classifica internazionale dei maggiori paesi produttori: nel 2013 è stata battuta dal Brasile ed è scivolata all'ottavo posto. In sei anni è passata dalla quinta all'ottava posizione.
A stilare la graduatoria è il Centro Studi di Confindustria negli ultimi Scenari industriali. I paesi emergenti continuano a correre, la Cina si conferma al primo posto seguita dagli Stati Uniti e dal Giappone. In quarta posizione si colloca la Germania, seguita dalla Corea del Sud e dall'India. L'arretramento dell'Italia "va al di là della fisiologica avanzata degli emergenti perché è stato accentuato da demeriti domestici", ha spiegato il Csc.
Tra il 2007 e il 2013 la produzione è calata del 5% medio annuo, "una contrazione che non ha riscontro negli altri più grandi paesi manifatturieri". E mentre nel mondo prosegue l'espansione della manifattura, in Italia la base produttiva si restringe.
Tra il 2000 e il 2013 l'incremento dei volumi prodotti a livello globale è stato del 36,1%, ma l'Italia è "in netta controtendenza" a -25,5%. Nello stesso periodo nel manifatturiero italiano 1,160 mln di addetti hanno perso il loro posto di lavoro e sono state chiuse 120 mila imprese.
L'Italia continua a perdere posizioni nella classifica internazionale dei maggiori paesi produttori: nel 2013 è stata battuta dal Brasile ed è scivolata all'ottavo posto. In sei anni è passata dalla quinta all'ottava posizione.
A stilare la graduatoria è il Centro Studi di Confindustria negli ultimi Scenari industriali. I paesi emergenti continuano a correre, la Cina si conferma al primo posto seguita dagli Stati Uniti e dal Giappone. In quarta posizione si colloca la Germania, seguita dalla Corea del Sud e dall'India. L'arretramento dell'Italia "va al di là della fisiologica avanzata degli emergenti perché è stato accentuato da demeriti domestici", ha spiegato il Csc.
Tra il 2007 e il 2013 la produzione è calata del 5% medio annuo, "una contrazione che non ha riscontro negli altri più grandi paesi manifatturieri". E mentre nel mondo prosegue l'espansione della manifattura, in Italia la base produttiva si restringe.
Tra il 2000 e il 2013 l'incremento dei volumi prodotti a livello globale è stato del 36,1%, ma l'Italia è "in netta controtendenza" a -25,5%. Nello stesso periodo nel manifatturiero italiano 1,160 mln di addetti hanno perso il loro posto di lavoro e sono state chiuse 120 mila imprese.
Ma dove volete che vada la Corea del Sud con il suo "Won"??? (il wonetto...)
Per fortuna che abbiamo l'euro, altrimenti avremmo fatto il -99%
-__-
Per fortuna che abbiamo l'euro, altrimenti avremmo fatto il -99%
-__-
ora ci diranno che
-"nessuno ha la bacchetta magica" (cioè non sanno cosa farci)
-"bisogna fare le riforme" (cioè ci devono impoverire e rendere precari)
-"si deve attrarre i capitali stranieri" (cioè dobbiamo metterci a 90° e aspettare che qualcuno compri a prezzi di saldo i nostri gioielli produttivi per deindustrializzarci definitivamente)
-"bisogna essere europeisti e rifiutare i populismi" (cioè che se difendi i tuoi interessi contro il nemico economico fai peccato contro il "Dio mercato" che ti punirà con l'inflazione)
-"urgono le riforme sul lavoro" (cioè che anche se non centra nulla con l'occupazione ti levo le garanzie del lavoro così ti posso schiavizzare e desindacalizzare)
-"abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità" (cioè lo stipendio non te lo pagavano perchè conveniva a chi te lo pagava, ma perchè erano scemi)
e via dicendo.
-"nessuno ha la bacchetta magica" (cioè non sanno cosa farci)
-"bisogna fare le riforme" (cioè ci devono impoverire e rendere precari)
-"si deve attrarre i capitali stranieri" (cioè dobbiamo metterci a 90° e aspettare che qualcuno compri a prezzi di saldo i nostri gioielli produttivi per deindustrializzarci definitivamente)
-"bisogna essere europeisti e rifiutare i populismi" (cioè che se difendi i tuoi interessi contro il nemico economico fai peccato contro il "Dio mercato" che ti punirà con l'inflazione)
-"urgono le riforme sul lavoro" (cioè che anche se non centra nulla con l'occupazione ti levo le garanzie del lavoro così ti posso schiavizzare e desindacalizzare)
-"abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità" (cioè lo stipendio non te lo pagavano perchè conveniva a chi te lo pagava, ma perchè erano scemi)
e via dicendo.
a breve comincerà la ripresina, non preoccuparti
credo, seriamente, che a breve la disoccupazione inizierà a diminuire
certo, dovremo lavorare 40 ore a settimana per 350 euro mensili, ma l'importante è diminuire la disoccupazione...
credo, seriamente, che a breve la disoccupazione inizierà a diminuire
certo, dovremo lavorare 40 ore a settimana per 350 euro mensili, ma l'importante è diminuire la disoccupazione...
L'importante è non cedere alla tentazione delle svalutazioni competitive!
Toyota è ritornato il primo produttore di auto mondiale quest'anno.
Da noi la fiat è emigrata negli states del quantitative easing.. e cmq le sue attività italiane van sempre peggio
ma dev'essere solo un caso.
ora il job act risolverà tutto.
:|
Da noi la fiat è emigrata negli states del quantitative easing.. e cmq le sue attività italiane van sempre peggio
ma dev'essere solo un caso.
ora il job act risolverà tutto.
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Ti sei dimenticato di dire che la colpa e' dei grillini che urlano troppo, minacciano e mettono paura alla gente... :-)
Non che io stimi la MTT, ma se non altro Barnard ha il merito di alzare la voce quando serve per cercare di svegliare il telespettatore addormentato...
si vabbè ma se poi accusano di populismo e soluzioni facili i sostenitori dell'uscita dall'euro per colpa di gente così hanno anche ragione.
Giusto il richiamo al fatto che uscire dalla crisi con le stupidaggini di "ridurre la spesa pubblica, la corruzione , l'evasione e il n. dei dip. pubblici" è un mantra scemo.
ma il resto delle soluzioni sono da tutte da vedere...
Giusto il richiamo al fatto che uscire dalla crisi con le stupidaggini di "ridurre la spesa pubblica, la corruzione , l'evasione e il n. dei dip. pubblici" è un mantra scemo.
ma il resto delle soluzioni sono da tutte da vedere...