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Subject: Crisi economica
Gli italiani sono il popolo più contrario in Europa all’aumento della spesa militare richiesto dal presidente Usa Donald Trump e accettato da Giorgia Meloni. Oltre che da considerazioni etiche e politiche, il “no” nasce dalla preoccupazione per i conti dello Stato e il debito pubblico, dai timori di tagli al welfare e di possibili aumenti delle tasse. Lo confermano due sondaggi condotti tra maggio e giugno, prima dell’ultimo vertice Nato che ha visto tutti i Paesi dell’Alleanza Atlantica, tranne la Spagna, sottomettersi ai diktat di Washington. Trump ha imposto che l’obiettivo di spesa per la difesa della Nato venga aumentato dall’attuale 2 al 5% del Pil, con un salto al 3,5% della spesa militare di base e un ulteriore 1,5% per investimenti legati alla difesa. Per l’Italia, si tratta di più che triplicare le spese in armi e strutture dall’1,49 al 5% del Pil, con decine di miliardi di esborso ulteriore all’anno.
Però Ggiorgiahh vola nei sondaggi
Però Ggiorgiahh vola nei sondaggi
probabilmente perchè gli elettori non hanno alcun dubbio sul fatto che qualsiasi altro governo avrebbe fatto uguale.
Noi i politici non li puniamo mai.
Fanno il contrario di ciò che dicono e noi continuiamo a votarli, quindi poi uno vale l'altro, non c'è differenza e la democrazia è sterilizzata col pilota automatico. Perchè noi votiamo contro, e non per...
Comunque sulle armi ci sarebbe molto da dire, e forse anche qualcosa da fare (io sono contrario in quanto pacifista, ma una ratio ci sarebbe!)
Il fatto è che in assenza di una strategia qualsiasi spesa è sempre sprecata.
Diventa solo foraggio pubblico in tasche private (che siano italiane sarebbe già qualcosa, ma dubito)
Noi i politici non li puniamo mai.
Fanno il contrario di ciò che dicono e noi continuiamo a votarli, quindi poi uno vale l'altro, non c'è differenza e la democrazia è sterilizzata col pilota automatico. Perchè noi votiamo contro, e non per...
Comunque sulle armi ci sarebbe molto da dire, e forse anche qualcosa da fare (io sono contrario in quanto pacifista, ma una ratio ci sarebbe!)
Il fatto è che in assenza di una strategia qualsiasi spesa è sempre sprecata.
Diventa solo foraggio pubblico in tasche private (che siano italiane sarebbe già qualcosa, ma dubito)
probabilmente perchè gli elettori non hanno alcun dubbio sul fatto che qualsiasi altro governo avrebbe fatto uguale.
"Gli elettori" che non approfondiscono, che non si informano e che se parlano lo fanno tanto per dare fiato alla bocca e descrivere situazioni come vorrebbero che fossero.
La realtà poi è diversa ma sono d'accordo: siamo circondati, o lo siamo noi stessi, da menti pigre che ragionano a prescindere da fatti e numeri. La conseguenza è che poi ci governa gente che questo "metodo" lo conosce bene, e infatti... Ggiorgiah sta in alto nei sondaggi anche se chi la vota lo ha fatto per promesse di posizionamento diametralmente opposto.
"Gli elettori" che non approfondiscono, che non si informano e che se parlano lo fanno tanto per dare fiato alla bocca e descrivere situazioni come vorrebbero che fossero.
La realtà poi è diversa ma sono d'accordo: siamo circondati, o lo siamo noi stessi, da menti pigre che ragionano a prescindere da fatti e numeri. La conseguenza è che poi ci governa gente che questo "metodo" lo conosce bene, e infatti... Ggiorgiah sta in alto nei sondaggi anche se chi la vota lo ha fatto per promesse di posizionamento diametralmente opposto.
Incredibile: i dazi USA fanno esattamente quello per cui sono stati imposti.
Corriere: Bilancia commerciale, a giugno il surplus Ue frena a 8 miliardi: export verso gli Usa in calo del 10%
Il calo è stato determinato principalmente da una diminuzione del surplus di prodotti chimici e correlati, meno esportazioni negli Usa
A giugno 2025, l'Ue ha registrato un surplus commerciale di beni di 8 miliardi di euro con il resto del mondo (7 miliardi per la sola area euro), in calo rispetto ai 20,3 miliardi di giugno 2024. Le esportazioni extra-Ue sono rimaste stabili (213,7 miliardi), mentre le importazioni sono aumentate del 6,4%. È quanto emerge dagli ultimi dati Eurostat.
I settori in frenata
Il calo è stato determinato principalmente da una diminuzione del surplus di prodotti chimici e correlati, sceso da 24,4 miliardi di euro a 15,1 miliardi di euro. Il saldo dell'area dell'euro in un anno si è contratto di 13,7 miliardi di euro. In questo caso hanno pesato sia il calo del surplus nei settori dei prodotti chimici e correlati (da 20,6 miliardi di euro a 15,1 miliardi di euro), che quello nel settore dei macchinari e veicoli (da 17,4 miliardi di euro a 13,6 miliardi di euro) e di altri prodotti manifatturieri (che sono passati da un surplus di 2,4 miliardi di euro a un deficit di 0,4 miliardi di euro).
Esportazioni verso gli Usa in calo del 10,3%
Gli Stati Uniti continuano a essere il primo partner commerciale extra-Ue dei 27. L'export verso gli Usa rispetto a giugno del 2024 è sceso a 40,2 miliardi, con una variazione annua negativa del 10,3%. L'import, invece, segna 30,6 miliardi, con un aumento su anno del 16,4% (seconda crescita più alta dopo la Cina). Il calo delle esportazioni Ue verso gli Usa, evidenzia Eurostat, ha contribuito significativamente alla contrazione del surplus commerciale complessivo dell'Ue.
Corriere: Bilancia commerciale, a giugno il surplus Ue frena a 8 miliardi: export verso gli Usa in calo del 10%
Il calo è stato determinato principalmente da una diminuzione del surplus di prodotti chimici e correlati, meno esportazioni negli Usa
A giugno 2025, l'Ue ha registrato un surplus commerciale di beni di 8 miliardi di euro con il resto del mondo (7 miliardi per la sola area euro), in calo rispetto ai 20,3 miliardi di giugno 2024. Le esportazioni extra-Ue sono rimaste stabili (213,7 miliardi), mentre le importazioni sono aumentate del 6,4%. È quanto emerge dagli ultimi dati Eurostat.
I settori in frenata
Il calo è stato determinato principalmente da una diminuzione del surplus di prodotti chimici e correlati, sceso da 24,4 miliardi di euro a 15,1 miliardi di euro. Il saldo dell'area dell'euro in un anno si è contratto di 13,7 miliardi di euro. In questo caso hanno pesato sia il calo del surplus nei settori dei prodotti chimici e correlati (da 20,6 miliardi di euro a 15,1 miliardi di euro), che quello nel settore dei macchinari e veicoli (da 17,4 miliardi di euro a 13,6 miliardi di euro) e di altri prodotti manifatturieri (che sono passati da un surplus di 2,4 miliardi di euro a un deficit di 0,4 miliardi di euro).
Esportazioni verso gli Usa in calo del 10,3%
Gli Stati Uniti continuano a essere il primo partner commerciale extra-Ue dei 27. L'export verso gli Usa rispetto a giugno del 2024 è sceso a 40,2 miliardi, con una variazione annua negativa del 10,3%. L'import, invece, segna 30,6 miliardi, con un aumento su anno del 16,4% (seconda crescita più alta dopo la Cina). Il calo delle esportazioni Ue verso gli Usa, evidenzia Eurostat, ha contribuito significativamente alla contrazione del surplus commerciale complessivo dell'Ue.
L'impatto iniziale è praticamente scontato: bisognerà vedere se l'effetto voluto, quello dell'aumento e spostamento della produzione casalinga, arriverà effettivamente a lungo termine.
E a giudicare dai movimenti attualmente in corso, a lungo termine potrebbero succedere tante, tante cose per loro molto poco carine.
E a giudicare dai movimenti attualmente in corso, a lungo termine potrebbero succedere tante, tante cose per loro molto poco carine.
Fubini sul corriere:
Spread, pareggio Italia-Francia: ma la crisi di Parigi non è una buona notizia per l’economia italiana
di Federico Fubini
Per la prima volta lo spread tra i titoli decennali dei due paesi si è azzerato, con un rendimento del 3,47%. Ma se la Francia avesse realmente una crisi del debito. l’Italia sarebbe il primo paese esposto al contagio
Stamani, a crisi di governo ormai aperta a Parigi, è successo davvero. Ed è la prima volta mai registrata dalle serie statistiche: lo spread della Francia si è appaiato a quello dell’Italia al gradino più basso della zona euro. Secondo i dati riportati da Bloomberg, il rendimento dei titoli sovrani di entrambi i Paesi era al 3,47% o ottanta punti sopra a quello dei titoli tedeschi a pari scadenza. Non si era mai visto prima che il premio di rischio francese sul debito a lungo termine fosse pari a quello italiano.
Cosa significa per l’Italia
Viste le tensioni politiche ricorrenti fra il governo di Roma e il presidente o l’esecutivo a Parigi, qualcuno in Italia potrebbe accogliere un evento del genere con silenziosa soddisfazione. E non solo semplicemente perché non era mai accaduto, ma anche dopo un’occhiata ad alcuni degli elementi di fondo delle due economie fotografati dalla banca dati della Commissione europea. Che il rischio di default percepito di un Paese con un debito pubblico al 136,7% del Prodotto lordo (in aumento dell’1,4% nel 2025) sia pari a quello di un altro Paese con il debito pubblico di venti punti più basso (ma in aumento del 3% nel 2025) testimonia della credibilità del primo. In questi anni l’Italia ha avuto un governo stabile che ha seguito una linea di bilancio prudente, anche a costo di far salire la pressione fiscale. Ora raccoglie i frutti non essendo più l’ultimo nell’area euro sullo spread, per lo meno non ultimo da solo.
I due pericoli per l’Italia
Ma le celebrazioni finiscono qui. Anzi, ci sono almeno due ragioni per le quali una crisi politica, di bilancio e di mercato delle Francia dovrebbe preoccupare classi dirigenti in Italia. In primo luogo, perché è praticamente impossibile separare il destino finanziario dei due Paesi. Se Parigi dovesse realmente diventare l’epicentro di una nuova crisi del debito sovrano in Europa, l’Italia sarebbe la prima a trovarsi esposta al contagio. Se i titoli pubblici francesi dovessero crollare di prezzo, molti investitori si chiederebbero dove si nascondono rischi simili oggi in Europa. Vedrebbero allora che a Sud-Est della Francia c’è un Paese con un tasso di crescita persino inferiore allo 0,7% atteso per la Francia quest’anno; con un debito pubblico ancora più alto, con molto meno «venture capital», meno start up, meno competenze e tecnologie e con ancora più sforzi da compiere per soddisfare i nuovi vincoli della Nato sugli investimenti nella difesa. Quel Paese, ovviamente, è l’Italia. A quel punto potremmo veder crescere il premio di rischio di Roma. Per questo ha un interesse immediato a far sì che l’impasse politica a Parigi di sblocchi in modo costruttivo.
L’avanzo commerciale
C’è poi un’altra ragione concreta, quali che siano le preferenze politiche dei singoli, per cui l’Italia deve tifare Francia. Perché oggi quello è (anche) un mercato che l’Italia non può permettersi di perdere o veder deperire. Soprattutto dopo i dazi di Donald Trump e le pressioni commerciali della Cina, la Francia permette all’Italia un surplus negli scambi che contribuisce in modo sostanziale alla crescita. Dopo gli Stati Uniti è il mercato rispetto al quale l’economia italiana ha il più vasto avanzo commerciale; ma, a differenza degli Stati Uniti, senza dazi in arrivo. Così nel 2024 le imprese italiane hanno esportato dall’altra parte delle Alpi beni per 61,5 miliardi di euro (secondo l’Istituto per il commercio estero) e ne hanno importati per 48,2 miliardi (secondo l’agenzia statistica transalpina Insee). La differenza a favore dell’Italia di oltre 12 miliardi di euro va direttamente ad alimentare la crescita del Paese. Il surplus con gli Stati Uniti è più ampio ma soggetto a un calo per colpa dei dazi, mentre con la Germania l’Italia ha addirittura un deficit commerciale. Dunque il mercato transalpino è fondamentale e una crisi finanziaria lo aggredirebbe come un virus dannosissimo. Insomma, l’Italia non ha niente di cui congratularsi per una crisi francese. Nella lingua all’origine degli idiomi di entrambi i Paesi, il latino, esiste persino un detto per esprimerlo: simul stabant, simul cadent.
A parte le varie amenità sul fatto che la sfiducia sui titoli francesi dovrebbe contagiare l'Italia (perchè non il Mali?), la cosa su cui voglio porre l'attenzione è la RELIGIONE mercantilista.
Noi con la Francia abbiamo un avanzo commerciale e questo viene considerato un bene, una cosa da preservare.
A mio parere bisogna essere cauti. Un avanzo commerciale è un disequilibrio e comporterà dei costi da ambo i lati. Non è buono e forse neppure cattivo in se. Di sicuro l'idea di MANTENERLO è ideologica.
Soprattutto frutto di un'ideologica di stampo mercantilista. Un'ideologia che penalizza i lavoratori.
Spread, pareggio Italia-Francia: ma la crisi di Parigi non è una buona notizia per l’economia italiana
di Federico Fubini
Per la prima volta lo spread tra i titoli decennali dei due paesi si è azzerato, con un rendimento del 3,47%. Ma se la Francia avesse realmente una crisi del debito. l’Italia sarebbe il primo paese esposto al contagio
Stamani, a crisi di governo ormai aperta a Parigi, è successo davvero. Ed è la prima volta mai registrata dalle serie statistiche: lo spread della Francia si è appaiato a quello dell’Italia al gradino più basso della zona euro. Secondo i dati riportati da Bloomberg, il rendimento dei titoli sovrani di entrambi i Paesi era al 3,47% o ottanta punti sopra a quello dei titoli tedeschi a pari scadenza. Non si era mai visto prima che il premio di rischio francese sul debito a lungo termine fosse pari a quello italiano.
Cosa significa per l’Italia
Viste le tensioni politiche ricorrenti fra il governo di Roma e il presidente o l’esecutivo a Parigi, qualcuno in Italia potrebbe accogliere un evento del genere con silenziosa soddisfazione. E non solo semplicemente perché non era mai accaduto, ma anche dopo un’occhiata ad alcuni degli elementi di fondo delle due economie fotografati dalla banca dati della Commissione europea. Che il rischio di default percepito di un Paese con un debito pubblico al 136,7% del Prodotto lordo (in aumento dell’1,4% nel 2025) sia pari a quello di un altro Paese con il debito pubblico di venti punti più basso (ma in aumento del 3% nel 2025) testimonia della credibilità del primo. In questi anni l’Italia ha avuto un governo stabile che ha seguito una linea di bilancio prudente, anche a costo di far salire la pressione fiscale. Ora raccoglie i frutti non essendo più l’ultimo nell’area euro sullo spread, per lo meno non ultimo da solo.
I due pericoli per l’Italia
Ma le celebrazioni finiscono qui. Anzi, ci sono almeno due ragioni per le quali una crisi politica, di bilancio e di mercato delle Francia dovrebbe preoccupare classi dirigenti in Italia. In primo luogo, perché è praticamente impossibile separare il destino finanziario dei due Paesi. Se Parigi dovesse realmente diventare l’epicentro di una nuova crisi del debito sovrano in Europa, l’Italia sarebbe la prima a trovarsi esposta al contagio. Se i titoli pubblici francesi dovessero crollare di prezzo, molti investitori si chiederebbero dove si nascondono rischi simili oggi in Europa. Vedrebbero allora che a Sud-Est della Francia c’è un Paese con un tasso di crescita persino inferiore allo 0,7% atteso per la Francia quest’anno; con un debito pubblico ancora più alto, con molto meno «venture capital», meno start up, meno competenze e tecnologie e con ancora più sforzi da compiere per soddisfare i nuovi vincoli della Nato sugli investimenti nella difesa. Quel Paese, ovviamente, è l’Italia. A quel punto potremmo veder crescere il premio di rischio di Roma. Per questo ha un interesse immediato a far sì che l’impasse politica a Parigi di sblocchi in modo costruttivo.
L’avanzo commerciale
C’è poi un’altra ragione concreta, quali che siano le preferenze politiche dei singoli, per cui l’Italia deve tifare Francia. Perché oggi quello è (anche) un mercato che l’Italia non può permettersi di perdere o veder deperire. Soprattutto dopo i dazi di Donald Trump e le pressioni commerciali della Cina, la Francia permette all’Italia un surplus negli scambi che contribuisce in modo sostanziale alla crescita. Dopo gli Stati Uniti è il mercato rispetto al quale l’economia italiana ha il più vasto avanzo commerciale; ma, a differenza degli Stati Uniti, senza dazi in arrivo. Così nel 2024 le imprese italiane hanno esportato dall’altra parte delle Alpi beni per 61,5 miliardi di euro (secondo l’Istituto per il commercio estero) e ne hanno importati per 48,2 miliardi (secondo l’agenzia statistica transalpina Insee). La differenza a favore dell’Italia di oltre 12 miliardi di euro va direttamente ad alimentare la crescita del Paese. Il surplus con gli Stati Uniti è più ampio ma soggetto a un calo per colpa dei dazi, mentre con la Germania l’Italia ha addirittura un deficit commerciale. Dunque il mercato transalpino è fondamentale e una crisi finanziaria lo aggredirebbe come un virus dannosissimo. Insomma, l’Italia non ha niente di cui congratularsi per una crisi francese. Nella lingua all’origine degli idiomi di entrambi i Paesi, il latino, esiste persino un detto per esprimerlo: simul stabant, simul cadent.
A parte le varie amenità sul fatto che la sfiducia sui titoli francesi dovrebbe contagiare l'Italia (perchè non il Mali?), la cosa su cui voglio porre l'attenzione è la RELIGIONE mercantilista.
Noi con la Francia abbiamo un avanzo commerciale e questo viene considerato un bene, una cosa da preservare.
A mio parere bisogna essere cauti. Un avanzo commerciale è un disequilibrio e comporterà dei costi da ambo i lati. Non è buono e forse neppure cattivo in se. Di sicuro l'idea di MANTENERLO è ideologica.
Soprattutto frutto di un'ideologica di stampo mercantilista. Un'ideologia che penalizza i lavoratori.
OpenAI ha firmato un contratto con Oracle per acquistare 300 miliardi di dollari in potenza di calcolo in circa 5 anni, un impegno enorme che supera di gran lunga l’attuale fatturato della startup: lo scrive il Wall Street Journal
Felice di star fuori da un sistema farlocco che collasserà alla prima scoreggia. Una bomba a orologeria che prima o poi qualcuno deciderà di far partire
Felice di star fuori da un sistema farlocco che collasserà alla prima scoreggia. Una bomba a orologeria che prima o poi qualcuno deciderà di far partire
a prima vista il problema non è più trovare le applicazioni, ma di sostenibilità economica. Stiamo a vedere.
sostenibilità economica
Esatto. Stanno bruciando pacchi di miliardi ogni trimestre
Esatto. Stanno bruciando pacchi di miliardi ogni trimestre
Il discorso sul consumo di energia è già presente da anni, quindi resta tutto da conquistare. L'obbiettivo più importante, ovvero la dipendenza mentale dallo strumento, credo sia stato raggiunto a velocità record: da privati e professionisti, ragazzini e aziende.
Non si tornerà mai più indietro, meglio piuttosto focalizzare il miglior "dopo". Ci sono forum apposta per dare seguito a tale dibattito, da noi uno è IDIA.
https://www.idiafest.it/
Non si tornerà mai più indietro, meglio piuttosto focalizzare il miglior "dopo". Ci sono forum apposta per dare seguito a tale dibattito, da noi uno è IDIA.
https://www.idiafest.it/
Cattive notizie per il governo Meloni, che ha fatto della riduzione delle tasse un cavallo di battaglia e in vista della legge di Bilancio ha rispolverato lo slogan “tagliamo l’Irpef al ceto medio”. I numeri dell’Istat raccontano che il peso del fisco è salito lo scorso anno ai massimi dai tempi del Covid. Dalla revisione dei conti nazionali annuali per il biennio 2023-2024 emerge che, dopo due anni di calo, la pressione fiscale complessiva è balzata di oltre un punto, dal 41,2% dell’anno prima al 42,5% del Pil: il livello più alto dal 2020. Escludendo l’anno pandemico, che ha visto il prodotto crollare, per trovare un rapporto tra entrate fiscali e contributive e Pil nominale più alto bisogna tornare al 2015, con Matteo Renzi a Palazzo Chigi (42,9%).
Ho letto l'articolo del FQ... ma causa principale è l'inflazione! come fai a costruire l'articolo contro la Meloni? è malafede dai..
Che servizio fai ai lettori?
Sta roba è propaganda, non informazione. Serve a tenere le persone al guinzaglio del tifo "contro" dando loro la notizia "di conferma" quotidiana.
PRECISAZIONE: la mia è una critica a questo articolo del FQ, non una difesa del governo (che fa schifo, ma in questo caso è irrilevante)
Che servizio fai ai lettori?
Sta roba è propaganda, non informazione. Serve a tenere le persone al guinzaglio del tifo "contro" dando loro la notizia "di conferma" quotidiana.
PRECISAZIONE: la mia è una critica a questo articolo del FQ, non una difesa del governo (che fa schifo, ma in questo caso è irrilevante)
Eccolo lì subito pronto a difendere la sua Giorgina.
L'articolo non dice che "è colpa dell'inflazione" e infatti individua indici che la incorporano: magari l'inflazione è presente proprio come negli altri anni... quindi che problema c'è a considerarla in parte responsabile? Che contestazione inutile è?
L'articolo non dice che "è colpa dell'inflazione" e infatti individua indici che la incorporano: magari l'inflazione è presente proprio come negli altri anni... quindi che problema c'è a considerarla in parte responsabile? Che contestazione inutile è?