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Subject: Crisi economica

2012-07-22 16:39:34
brasile,argentina,venezuela stanno crescendo enormemente per fare degli esempi ma vediamo nel medio lungo periodo come andranno,poi sull'argentina:

DAL 2008 IL PIL CRESCE DELL'8%. L’economia del Paese sudamericano, che oggi appare in ottima salute, è stata infatti ricostruita sulle ceneri del crac finanziario del 2001. E da fuori tutto sembra che funzioni per il meglio.
Dal 2008 il Prodotto interno lordo cresce con una media dell’8%, il tasso di disoccupazione è sceso dal 25% del 2002 all’attuale 7,1% e il reddito medio pro capite, che nel 2001 era di 2.670 dollari, è oggi di 7.400.
BUENOS AIRES TRUCCA I DATI. Numeri apparentemente inequivocabili, peccato però che da più parti (dagli economisti indipendenti riuniti sul blog Foco económico fino al gruppo di parlamentari dell’opposizione di Índice del congreso) il governo di Cristina Kirchner sia accusato di truccare regolarmente i dati statistici attraverso il controllo diretto dell’Indec (l'equivalente dell’Istat italiano).
THE ECONOMIST IGNORA L'ARGENTINA. La difformità tra i dati forniti dalla Casa Rosada e gli istituti indipendenti è tale che il settimanale The Economist, in un articolo pubblicato a febbraio, ha spiegato che in futuro ignorerà i dati sull’inflazione diffusi dall’Indec.
Secondo gli esperti di Foco económico il Pil argentino è oggi sovrastimato del 10%, mentre l’inflazione sottostimata del 16% (25% quella reale contro il 9% stimato dal governo).

Per sostenere la crescita, Kirchner ha creato pericolosi squilibri

.L’ossessione per la crescita a ogni costo, da un lato, e la necessità di tenere buone le masse con sussidi e benefici - le stesse che hanno garantito a Kirchner una vittoria schiacciante alle elezioni del 2011 - hanno prodotto degli squilibri economici che il Paese potrebbe presto pagare cari.
I sussidi economici alle classi più disagiate (per abbassare i prezzi di alimenti e trasporti pubblici, ma anche per maternità e spese scolastiche) continuano infatti a pesare molto sul deficit pubblico, ma anche altre politiche attuate nell’ultimo anno denotano un certo nervosismo.
LIMITATA L'INDIPENDENZA DELLA BANCA CENTRALE. A partire dalla recente riforma della Banca centrale argentina, che ora potrà trasferire al Tesoro liquidità fino al 20% (prima il limite era il 10%) delle entrate pubbliche e dovrà mettere a disposizione del governo tutte le proprie riserve (prima erano solo le eccedenze), oggi pari a 47 miliardi di dollari, per pagare il debito.
Ovvero una riforma che «limita fortemente l’indipendenza dell’istituto», come ha scritto Martin Uribe, docente di Economia alla Duke University di Durham, negli Stati Uniti.
NAZIONALIZZAZIONI CONTRO L'ESTERO. A completare il quadro ci sono le nazionalizzazioni - come l’ultima, contestata, della compagnia petrolifera Ypf ai danni della spagnola Repsol - e soprattutto il muro sollevato per limitare al massimo le importazioni ed evitare così la perdita di preziosa valuta estera.
Insomma, i conti argentini sono tutt’altro che a posto, e l’economia non è in salute come sembra.
CON L'AUSTERITY PAESE IN GINOCCHIO. «È vero che oggi l’Argentina sta meglio del 2001 perché ha un debito estero molto basso», ha spiegato a Lettera43.it Mario Seminerio, economista e autore del blog economico Phastidio.net, «ma è anche molto fragile perché sui mercati internazionali è considerata un paria, proprio per il default. Per questo l’Argentina ha difficoltà a chiedere prestiti, ed è condannata ad avere un avanzo commerciale».
Prosegue l'economista: «Se sparisse quell’avanzo, davanti a un eventuale deficit commerciale, per limitare le importazioni, l'Argentina sarà costretta a stringere la domanda interna. E per farlo dovrà attuare una manovra di austerità simile a quelle viste in Europa, che la costringerà a ridurre o azzerare i sussidi economici. E questo, in un Paese che ha ancora ampi strati di popolazione sotto la soglia di povertà, provocherà forti tensioni sociali».
2012-07-23 11:12:10
[url=]http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2012/07/23/Crisi-spread-Btp-Bund-510-punti_7223342.html[/url]

ci avviciniamo al baratro
2012-07-23 12:28:59
e comunque se crolla l'europa,pure stati uniti e paesi orientali,avranno i loro scompensi,in cina finchè non aumenta la domanda interna,saranno sempre fortemente dipendenti dalle esportazioni

infatti qui si vede la totale cecità dei software utilizzati x il trading. ora come ora è redditizio puntare sul collasso dell'euro, e ringraziando la totale incapacità dei politici (di tutti gli schieramenti e nazionalità) quello sarà il risultato (speriamo il prima possibile).
manca totalmente però il fattore umano che vada ad analizzare lo scenario post-euro. un continente di 450 milioni di persone improvvisamente fuori dal mercato globale, costretto a una sorte di autarchia come quella argentina (avete notato che uno dei passaggi chiave del programma economico argentino è quello di limitare le importazioni?)

cosa succederà a usa, giappone, cina e altri paesi asiatici se il mercato globale decresce di 450 milioni di consumatori? quanti giorni ci vorranno prima che nike, philips, toyota ecc, insomma tutte le aziende che produco beni di consumo falliscano?
l'attuale cecità prospettica del mondo finanziario sta x uccidere il sistema economico capitalistico. uno dei capisaldi del capitalismo è la crescita, x ottenerla è necessario ALLARGARE il mercato, cioè sempre più persone devono comprare i beni prodotti. invece credo x la prima volta dal '600 il mercato si sta restringendo...
nel settore auto è già palese da tempo che si è creata una crisi di sovrapproduzione, dettata non dall'aumento di capacità produttiva ma dalla riduzione del mercato. e si alimenta la spirale distruttiva: riduzione del mercato --> riduzione della produzione --> licenziamenti --> riduzione del mercato
come se il titanic dopo aver urtato l'iceberg proseguisse a tutta velocità verso la groenlandia!
2012-07-23 13:28:26
Siiiiii, quella di bnwilly e' forse la piu bella cosa che possa succedere.......non cimavevo pensato, le macchine non pensano , sai che salta tutto sto schifo e si torna a vivere come si deve!
2012-07-23 14:11:16
bisognsa vedere chi rimane in vita,tanta gente vivrà nella povertà più assoluta prima che il sistema si riprenda
2012-07-23 21:18:56
Franco Antonio Garippo, da 36 anni operaio della Volkswagen di Wolfsburg in Germania, nato a Palomonte vicino a Salerno, ha raccontato a Lettera43.it quanto guadagna, le tutele di cui gode, lo stile di vita, le speranze per il futuro.
E lo stesso ha fatto R. Da., 51 anni, operaio Fiat a Pomigliano, dove è stata annunciata per agosto l’ennesima cassa integrazione per 2.146 lavoratori.

LA BUSTA PAGA. Un operaio Volkswagen guadagna 2.600-2.800 euro al mese. Ma, con le domeniche e gli straordinari, supera i 3 mila euro. La paga di un operaio Fiat a Pomigliano oscilla fra i 900 e i 1.200 euro.

LO STRAORDINARIO. Di notte, lo straordinario in Volkswagen è pagato il 45% in più della paga normale. Se è pomeridiano, il 30% in più. Se è domenicale, addirittura il 150%.
In Fiat, lo straordinario è deciso dai sottocapi: quando c’è, vale il 25%. Il sabato, il 50%. La domenica, il 100%.

LE PAUSE. In Volkswagen per ogni turno è prevista una pausa di 30 minuti e due pause da 15 minuti. In Fiat, le pause sono tre per turno da 10 minuti. La pausa mensa è prevista a fine turno.

IL CONFRONTO. Gli operai tedeschi sono spesso invitati a incontrarsi per discutere della qualità produttiva della fabbrica. A Pomigliano, l’operaio che sbaglia viene convocato a fine turno per giustificarsi e prendere atto delle sanzioni.

LA CASSA INTEGRAZIONE. Nel 1993, di fronte a un esubero di 30 mila dipendenti, in Volkswagen fu deciso di applicare la settimana corta, cioè il 20% in meno sull’orario di lavoro e il 17% in meno sul salario. La crisi fu superata.
A Pomigliano, si è perso il conto delle ore di cassa integrazione comminate da decenni senza alternative né benefici. Ad agosto 2012 si ricomincia.

GLI SCIOPERI. In Germania il sindacato può organizzare lo sciopero (un evento rarissimo) se la Costituzione appare in pericolo o se una trattativa si è arenata senza spiragli. Per indirlo, Ig Metall (cui aderisce il 96% dei metalmeccanici) deve ottenere in un referendum il 75% dei consensi.
A Pomigliano, il referendum sul contratto è stato una beffa: l'alternativa al sì era la chiusura della fabbrica. Il tradizionale diritto allo sciopero è stato azzerato dal nuovo contratto. Nello stabilimento campano le proteste nei reparti nascono spesso da mini-disagi che sarebbero risolvibili in un
contesto di condivisione

I LICENZIAMENTI. Grazie agli accordi stipulati, i 500 mila dipendenti dei sei impianti tedeschi non sono licenziabili fino al 2014. In Fiat a Pomigliano, grazie al nuovo contratto, le sanzioni e i licenziamenti sono decisi dall’azienda e da rappresentanti sindacali non eletti dai lavoratori e con poteri non paritari.

CHI DECIDE E COME. In ciascun impianto Volkswagen viene eletto il consiglio di fabbrica (65 operai dei reparti) e il comitato di sorveglianza (10 membri scelti dall’azienda, 10 dai lavoratori) che partecipa con pari poteri alle decisioni: dai piani strategici alle delocalizzazioni, dagli spostamenti al cambio di mansioni, dai premi fino alle sanzioni.
In Fiat, invece, la rappresentanza sindacale ha decisionalità molto limitata, non viene eletta dalla base ed è ammessa in fabbrica solo se ha aderito al contratto imposto dall’azienda.

LA MALATTIA. In Volkswagen sono molteplici le forme di tutela per chi si ammala grazie a un welfare fra i più efficaci.
A Pomigliano, quasi il 50% degli operai risulta essere in ridotte capacità lavorative. Le operaie che per gravidanza o altri motivi non accumulano adeguate quantità di ore lavorate perdono i bonus salariali.

LE DELOCALIZZAZIONI. Volkswagen non ha mai minacciato di chiudere stabilimenti in Germania, dove gestisce 25 impianti e 500 mila dipendenti. Ciò non ha impedito di aprire fabbriche anche altrove.
Fiat ha minacciato di chiudere gli stabilimenti italiani e di delocalizzare la produzione in Paesi in cui il costo del lavoro è meno oneroso.

LO STIPENDIO DEL CAPO. Martin Winterkorn, amministratore delegato Volkswagen, è stato premiato con uno stipendio di 17,5 milioni di euro per i brillanti risultati ottenuti. A sceglierlo e a stabilire il compenso sono stati gli operai della fabbrica insieme con i rappresentanti dell’azienda. Anche l’amministratore Fiat Sergio Marchionne guadagna oltre 17 milioni di euro l'anno. Ma non è stato scelto dai suoi operai, che non decidono certo il suo stipendio.


2012-07-23 21:28:22
E' chiaro che per combattere ai massimi livelli ciò che conta è la qualità...

Ciò che non è chiaro è il motivo per il quale le maggiori aziende italiane non ci siano ancora arrivate...
2012-07-23 21:37:44
VW fa auto che sono dei gioielli e il rapporto qualità/prezzo è forse il migliore al mondo

Fiat fa auto spesso scadenti che necessitano di un sacco di manutenzione e per chi vuole garanzie su quello che compra non è proprio consigliabile come casa

li si gioca la partita e l'acquirente lo sa
2012-07-23 21:49:01
Ciò che non è chiaro è il motivo per il quale le maggiori aziende italiane non ci siano ancora arrivate...

Per me il motivo è chiarissimo, e me ne sono accorto negli ultimi due anni.

Premessa: sono uno dei pochissimi 27enni non raccomandati in questo paese che ha ottenuto un contratto di di lavoro a tempo indeterminato negli ultimi 5 anni, e per farlo, metaforicamente parlando, ho dovuto succhiare più cazzi di una puttana. [so di aver usato un'espressione forte, se i mod vogliono punirmi hanno solo ragione, ma questo concetto potevo esprimerlo solo con una frase così diretta]

Perché le aziende italiane non sono arrivate a capire che serve qualità (nei prodotti e soprattutto nella produzione)?
Perché la classe dirigenziale e imprenditoriale italiana è la più ignorante, impreparata e testarda al mondo. E questo, mediamente, vale anche per tutti gli altri italiani: è proprio il popolo italiano ad essere estremamente ignorante e impreparato. Lo si può constatare già dal livello di scolarizzazione, ma lo si vive direttamente nel quotidiano in mille attimi diversi.
Lo vedo nella mia azienda, lo sento da altre persone che lavorano da altre parti... L'organizzazione del lavoro da noi è rimasta indietro di 30 anni, ad essere generosi. Si cerca disperatamente di tagliare i costi, ma l'unica cosa di cui sono capaci i nostri imprenditori è tagliare il personale.
Non sanno fare investimenti, non sanno valorizzare le proprie risorse (soprattutto quelle umane) e non hanno la minima consapevolezza di non essere in grado di farlo!
2012-07-23 21:56:56
mah, mi sa che non è spesso la qualità la prima scelta dell'acquirente medio, bensì del "marchio". Tant'è che spesso il prodotto sconosciuto ma fatto nella stessa fabbrica che produce per altri marchi viene snobbato.
2012-07-24 05:19:51
Ciò che non è chiaro è il motivo per il quale le maggiori aziende italiane non ci siano ancora arrivate...

Perchè il managment italiano è fatto di idioti raccomandati.

la competizione non la sui mai sui costi ma sulla qualità.

Vai a vedere qual'è il migliore standard di produzione industriale del mondo: si chiama Toyota Production System.

Vai a vedere su wikipedia a grandi linee di che si tratta e vedi chi tra fiat e Wv l'ha implementato.

Poi non stupirti perchè Wv paga di più gli oprai, vende di più, e fattore ancora più importante ha MARGINI più alti.

Marchionne è un'idiota e stop.
2012-07-24 05:23:54
Perché le aziende italiane non sono arrivate a capire che serve qualità (nei prodotti e soprattutto nella produzione)?
Perché la classe dirigenziale e imprenditoriale italiana è la più ignorante, impreparata e testarda al mondo. E questo, mediamente, vale anche per tutti gli altri italiani: è proprio il popolo italiano ad essere estremamente ignorante e impreparato. Lo si può constatare già dal livello di scolarizzazione, ma lo si vive direttamente nel quotidiano in mille attimi diversi.
Lo vedo nella mia azienda, lo sento da altre persone che lavorano da altre parti... L'organizzazione del lavoro da noi è rimasta indietro di 30 anni, ad essere generosi. Si cerca disperatamente di tagliare i costi, ma l'unica cosa di cui sono capaci i nostri imprenditori è tagliare il personale.
Non sanno fare investimenti, non sanno valorizzare le proprie risorse (soprattutto quelle umane) e non hanno la minima consapevolezza di non essere in grado di farlo!


Esatto. La qualità i ottiene investendo sul personale e pensando al medio-lungo periodo.

Conosco una sola impresa in Italia che ragiona da qui a 15 anni. Si chiama Chicco.

I piani di Chicco sono solo di lungo e lunghissimo periodo, da 5 anni a salire. si chiama programmazione e organizzazione aziendale.
2012-07-24 14:21:00
http://www.corriere.it/economia/12_luglio_24/spread-borse-mercati-eurozona_4bfc5ba4-d55e-11e1-8344-73c80d6dcb3d.shtml

uff.....
mancavano solo gli stati-regioni spagnoli.....

avete voluto messi-masquerano e piquè?
mò fallite e che fate?
ci tirate dentro tutti grazie al calcio?
2012-07-24 15:03:20
barcellona e real madrid dovrebbero vendere tutti i migliori giocatori e restituire i prestiti ottenuti dalle banche spagnole,il sistema è saltato non vedo perchè non debbano saltare anche le squadre di calcio che ne avevano benefiaciato fino ad ora
2012-07-24 15:13:08
Tutti i venerdì mattina alle 9 Dino e Mario si incontrano davanti alla parrocchia di San Giuseppe a Sesto San Giovanni in provincia di Milano. Prendono un vecchio furgone che un privato presta loro e partono per il giro del Last minute market.
IN ITALIA 8,1 MLN DI POVERI. Da tre anni sono quattro i supermercati della catena Il Gigante e qualche altro piccolo negozio di alimentari, che hanno aderito all'iniziativa voluta dal Comune di Sesto insieme con l'Opera San Vincenzo e l'università di Bologna.
Il progetto, nato nel 1998 da una ricerca di Andrea Segrè, preside della Facoltà di Agraria dell'ateneo emiliano, è attivo in oltre 40 Comuni, Province e Regioni e a Sesto è gestito da circa 45 volontari. Ogni giorno una parrocchia per volta (sono sette quelle che aderiscono al progetto) si occupa di ritirare dai magazzini dei supermercati gli alimenti in scadenza rimasti invenduti e li distribuisce poi ai bisognosi. Che di questi tempi sono sempre più numerosi.
Secondo gli ultimi dati Istat, sono infatti circa 8,1 milioni i poveri in Italia, l'11,1% dei nuclei familiari, e il 5,2% lo è in termini assoluti: circa 3,4 milioni di persone.
IL GIRO DEI SUPERMERCATI. «A volte i supermercati ci danno tanti prodotti, altre meno, dipende», racconta a Lettera43.it Dino, volontario in pensione, mentre parcheggia il furgone davanti al primo magazzino.
Una pila di cassette è già pronta all'ingresso: soprattutto pane, frutta e verdura. «Prima ci davano anche carne e formaggi, ma ora non più», spiega.
Ormai anche i supermercati hanno ridotto gli ordini per evitare di avere troppe giacenze in magazzino che poi rimangono invendute. Risparmiare è la prima regola.

IL TESSERINO PER AVERE GLI ALIMENTI. Davanti una fila di persone è già in attesa. Hanno tutti il tesserino che il Centro di ascolto della Caritas ha dato loro dopo un breve colloquio e che permette di usufruire del servizio Last minute market. Un piccolo aiuto giornaliero per chi non riesce più neanche a fare la spesa.
Sono soprattutto donne quelle davanti al cancello, soprattutto italiane, ma c'è anche qualche uomo e un paio di stranieri.
Ognuno ha in mano un foglietto con scritto il numero di arrivo, che si sono fatti loro per agevolare il lavoro dei volontari. Seduti nel muretto davanti all'ingresso dell'oratorio aspettano sotto il sole il loro turno.
SI PREPARANO I PACCHI UGUALI PER TUTTI. Intanto i volontari sistemano le provviste, smistano i prodotti, buttano quelli andati a male e preparano i sacchetti uguali per tutti con quello che c'è. «Quanti sono oggi in fila?», chiede Bruna, volontaria. «Sono 22», le risponde il collega Giancarlo.
La donna fa il Last minute market da un anno, da quando è andata in pensione, e lavora anche alla mensa comunale. «Qui c'è tanto bisogno di aiuto», dice.
LA STALINGRADO D'ITALIA IN CRISI. Sesto, 81.800 abitanti, non è più la Stalingrado d'Italia, la capitale operaia a Nord di Milano. La crisi qui è iniziata negli Anni 90 con le chiusure delle grandi industrie: Breda, Marelli, Falck. E non è più finita. Il suo cuore metalmeccanico ha smesso di pulsare da tempo.
E ora anche le piccole aziende, le imprese del settore terziario che un tempo avevano sostituito le grandi industrie sono in coma profondo. Giancarlo, a 63 anni ha perso il lavoro proprio perché l'impresa di pulizie per cui lavorava ha chiuso: «Non vinceva più un appalto, troppa concorrenza», racconta. E per lui trovare un altro lavoro è stato impossibile.
2012-07-24 19:28:36
New York - Banchieri avidi. Lo sono sempre stati. Nulla cambierà a meno di sanzioni legali. Il problema spread continuerà a intensificarsi. Necessaria una monetizzazione illimitata e non sterilizzata da parte della Banca centrale europea. Purtroppo impossibile.

Ecco che il 2013 sarà un altro anno difficile, con la possibilità che si abbatta una "tempesta perfetta globale": crollo dell’Eurozona, nuova recessione negli Stati Uniti, guerre in Medio Oriente, pesante crollo della crescita in Cina e nei grandi mercati emergenti.

Questa la visione pessimista di Nouriel Roubini, professore di economia a New York, tra i pochi che anticipo' (nel 2006) la Grande Recessione e la grande crisi finanziaria del 2008. Insomma, Dr. Doom è tornato.

"Nulla è cambiato dalla crisi finanziaria. Gli incentivi per le banche sono per agire in modo truffaldino - fare cose che sono o illegali o immorali. L'unico modo per evitare questo è rompere questo grande supermercato finanziaro. Non ci sono muraglie cinesi e massicci conflitti di interesse".

I banchieri

"I banchieri sono avidi - lo sono stati per 1000 anni".

Sulle sanzioni

"Dovrebbero esserci sanzioni penali. Nessuno è andato in prigione sin dalla crisi finanziaria globale. Le banche fanno cose che sono illegali e nel migliore dei casi vengono schiaffeggiate con una multa. Se alcune persone finiscono in carcere, forse sarà una lezione per qualcuno - o qualcuno verrà impiccato per le strade".

Banche troppo grandi per fallire

"Ci sono più conflitti di interesse oggi di quattro anni fa. Le banche erano già troppo grandi per fallire, ora sono ancora più grandi. Le cose vanno peggio - non migliorano".

Sul Summit Ue

"Il vertice è stato un fallimento. I mercati si aspettavano molto di più. O si ha una qualche sorta di debito comune (per ridurre lo spread), o si ha una monetizzazione del debito da parte della BCE, o il bazooka dei fondi EFSF / ESM deve essere quadruplicato - altrimenti gli spread su Italia e Spagna salterebbero in aria giorno dopo giorno. In caso contrario si avrà un'altra crisi più grande non in sei mesi da oggi, ma nelle prossime due settimane".

Sulla Bce che salva il mondo

"Il solo ente capace di fermare questo è la BCE, che ha bisogno di fare una vera e propria monetizzazione non sterilizzata in quantità illimitata, che è politicamente scorretto da dire e costituzionalmente illegale da fare".

Sul debito in comune

"Non è solo la Germania a dimostrarsi un paese forte, ma anche altri principali tra cui i Paesi Bassi, Austria e Finlandia. La Finlandia non vuole nemmeno accettare la mutualizzazione indiretta delle passività (fondi EFSF / ESM)".

Trascinarsi i problemi

"Entro il 2013 la capacità dei politici di rimandare le soluzioni ai problemi diminuirà, e nella zona euro il treno non deraglierà più a rilento, ma a grande velocità. Gli Stati Uniti sembrano vicini a una fase intermedia tra stallo della crescita e recessione economica. La Cina sembra prossima a quanto definito un atterraggio duro, mentre i grandi emergenti (BRIC: Brasile, Russia, India e Cina) registrano un forte calo della crescita. E infine c’è il pericolo di una possibile guerra tra Israele, Stati Uniti e Iran - che raddoppierebbe il prezzo del petrolio nel giro di una sola notte".

Il 2013 sarà peggio del 2008

"Peggio perché come nel 2008 ci sarà una crisi economica e finanziaria, ma a differenza del 2008 si è a corto di contromisure. Nel 2008 si potevano tagliare i tassi di interesse, fare QE1, QE2, varie misure di stimolo fiscale, e tanto altro. Oggi i QE stanno diventando sempre meno efficaci perché il problema è di solvibilità, non di liquidità. I disavanzi di bilancio sono già troppo grandi e non è possibile salvare le banche, perché 1) c'è una forte opposizione politica, e 2) i governi sono prossimi a essere insolventi - non possono salvarsi da soli, figuriamoci salvare le banche. Il problema è che siamo a corto di conigli da tirare fuori dal cappello".