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Subject: Siria oggi

2013-09-07 22:57:03
edytowany
(edited)
2013-09-08 00:07:23
Già
Sono uno dei tanti illusi, pensavo che qualcosa cambiasse, invece nada
Persone che sono numeri, che valgono dollari ed influenza

Era Tacito che diceva "dove fanno deserto la chiamano pace"? Non è cambiato nulla
2013-09-08 13:40:41
dopotutto questa era la democrazia esportata in Iraq... production sharing agreement, alè, asd


Iraq: l'occupazione sporca di petrolio

Fabio Alberti
La Rinascita della sinistra
Il disegno di legge sul petrolio approvato dal Governo iracheno permette “finalmente”, a 34 anni dalla nazionalizzazione, alle compagnie straniere di mettere le mani sui rubinetti di quello che probabilmente è il maggiore serbatoio di oro nero del mondo

di Fabio Alberti*
La Rinascita della sinistra, 23 marzo 2007
Missione compiuta. Dopo quattro anni di occupazione, oltre mezzo milione di vittime, e dopo un anno di tira e molla le pressioni dell’amministrazione Bush e del Fondo Monetario Internazionale sembrano essere state coronate da successo.



Una pressione “bipartisan”. Di tutte le raccomandazioni dell’Iraq Study Group, guidato dall’ex Segretario di Stato Baker,George W. Bush ha dichiarato di condividere le raccomandazioni 62 e 63, che consigliano di rafforzare la pressione sul governo iracheno affinché aprisse lo sfruttamento del petrolio alle multinazionali statunitensi.



La legge approvata dal Governo iracheno e portata alla approvazione del Parlamento permette “finalmente”, a 34 anni dalla nazionalizzazione, alle compagnie straniere di mettere le mani sui rubinetti di quello che probabilmente è il maggiore serbatoio di oro nero del mondo.

Lo fa senza ritegno e senza limiti. Nessun obbligo di consorziarsi con compagnie locali, nessun obbligo di assunzione di manodopera irachena, nessun limite alla esportazione dei profitti, nessun controllo parlamentare sui contratti concessi, nessuna possibilità di regolare l’estrazione. Una previsione, quest’ultima, che vanifica lo stesso ruolo dell’Iraq nell’Opec, minandone le fondamenta, e impedisce una gestione strategica delle risorse.

Non contenti di questa libertà sfrenata la legge demanda a arbitrati internazionali la soluzione delle controversie, sottraendole alla magistratura irachena.



Secondo il ministro del petrolio, Hussain al-Shahristani, degli 80 giacimenti noti, 65 saranno offerti alle multinazionali con contratti di “ricerca e sviluppo”. Si tratta in realtà dei famigerati “production sharing agreement” diversamente denominati, della lunghezza inusuale di 25/30 anni, che consentono agli investitori esteri di realizzare profitti che possono raggiungere il triplo di quanto l’Iraq era solito riconoscere.

Si tratta di cifre da capogiro: solo dai primi dieci giacimenti che saranno aperti agli investimenti si potrebbero ricavare 30 miliardi di Euro.



Ma l’Iraq ha veramente bisogno di una nuova legge sul petrolio? E soprattutto ha veramente bisogno di investimenti esteri? Sono in molti in Iraq a dubitarne, a cominciare dagli esperti iracheni tagliati fuori dalla discussione della legge che si è svolta a porte chiuse ignorando anche le proteste dei sindacati.

La necessità di attrarre investimenti dall’estero viene motivata dal Governo iracheno con l’obiettivo di aumentare rapidamente la produzione per raggranellare soldi necessari alla ricostruzione. Ma l’Iraq, si dice, potrebbe autofinanziare la ripresa della produzione petrolifera ricorrendo a prestiti da Paesi che esprimono una forte e crescente domanda di petrolio, come la Cina e l’India, garantendo gli stessi con la futura estrazione, ed evitando la intermediazione di compagnie private multinazionali.



Shell, Exxon, Texaco, BP, sono ai blocchi di partenza, pronte a incamerare il bottino di guerra, mentre alle compagnie francesi e russe, Paesi rei di non aver appoggiato la guerra, sono stati cancellati i contratti che avevano siglato con il precedente regime.



E l’Italia?

Presente a Nassiriya per assicurare all’Eni la conferma degli accordi sullo sfruttamento del quinto maggiore giacimento iracheno non in produzione, l’Italia ha ritirato i soldati, ma l’Eni è rimasta in campo.

Si dice che le trattative per Nassiriya siano state bloccate dagli americani dopo il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq, e che siano riprese dopo la conferma della presenza in Afghanistan. Potrebbero essere solo dicerie.

In ogni caso la maggiore industria energetica del nostro Paese, a proprietà pubblica, e quindi di tutti noi, per il 32%, ha continuato le trattative per il campo di Nassiriya, e ha esteso le sue attenzioni al nord del Paese, e verso il metano, e potrebbe trovarsi a profittare delle condizioni di maggior favore rese possibili da una guerra che è costata centinaia di migliaia di morti.

(edited)
2013-09-08 14:46:17
Ho letto questo post che non parla direttamente della Siria, ma di come i media possano influire sull'opinione pubblica.

L’INDUSTRIA DELLA MENZOGNA

Fonte: http://www.comedonchisciotte.org
(edited)
2013-09-08 15:19:05
come detto prima, bush&company erano lì con un progetto: mettere le mani sul petrolio iraqeno e mantenere il predominio usa sul mondo; obama non sembra avere un progetto globale e quindi è in balia degli eventi e dei centri di potere esistenti.
in ogn caso mettetevi il cuore in pace: il declino usa ormai è irreversibile e sn state proprio le guerre in afganistan e iraq a decretarlo. se nel 2001 gli usa invece di perdere tempo coi talebani avessero dichiarato guerra alla cina avrebbero vinto (almeno per quel poco che rimane dopo una guerra mondiale).
ma sembra che al pentagono la mentalità è la stessa del pre-obama: qualunque problema si risolve a suon di bombe. ma oggi la forza della cina è aumentata e quella degli usa è calata (delocalizzazione industriale in cina, deficit commerciale, deficit statale, esercito oltremare da 12 anni...)
2013-09-09 00:55:04
2013-09-09 05:27:50
Domanda...
A questo punto dovrebbe calare il prezzo della benzina, o no!??!?!?!?!?!??!?!?!

mmmmmmmm....................

Disgustorama!!!
2013-09-09 09:02:41
meditate...

http://www.corriere.it/cronache/13_settembre_08/quirico-liberato-siria_85deec1e-18bb-11e3-9feb-01ac3cd71006.shtml
2013-09-09 20:39:26
Fatemi capire bene il discorso di oggi....

Kerry: "non attaccheremmo la Siria se Assad distruggesse le armi chimiche"
Labrov - Al-Muallim: "la Siria e' pronta a distruggere le armi soto il controllo dell'ONU"
Kerry: "eh, ma nooooooo!!! Vecio.... Stavo scherzando!!! :P Attacchiamo lo stesso!"
2013-09-10 17:45:54
VIDEO DALLA SIRIA. LA BUFALA DELLA CNN

Fonte: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=12302
2013-09-11 10:26:08
Siria, Obama: “Non siamo poliziotti del mondo, ma no ai bambini gasati”
Sì alla diplomazia. Ma l’opzione militare resta in campo, fondamentale quando si tratta di “crimini contro l’umanità”. In quindici minuti di discorso alla Nazione il presidente ha ricordato che l’intervento cui lui pensa, in Siria, non ha nulla a che vedere con le guerre in Iraq e in Afghanistan, ma nemmeno con prolungati raid aerei sull’esempio della Libia


Sì alla diplomazia. Ma l’opzione militare resta in campo, fondamentale quando si tratta di “crimini contro l’umanità”. E’ il senso del discorso di Barack Obama sulla Siria, quindici minuti trasmessi in diretta televisiva dalla Casa Bianca per convincere gli americani della necessità di agire contro Damasco. Con un tono asciutto, senza mai alzare la voce, Obama ha usato immagini particolarmente crude per svelare i crimini di Assad e ha detto che “gli Stati Uniti non possono far finta di niente di fronte all’uccisione di bambini con i gas”. Oltre le parole, c’è già un primo, concreto effetto di questo approccio: Obama ha detto di aver chiesto al Congresso di rimandare il voto sull’intervento in Siria e aspettare l’esito delle trattative all’Onu.

Il discorso di Obama all’America. Erano due anni che il presidente non approfittava della prima serata televisiva per parlare agli americani. Del resto, storicamente, i discorsi dei presidenti alla Nazione non hanno mai cambiato di molto gli orientamenti dell’opinione pubblica – Richard Nixon, nel novembre 1969, non riuscì a rendere più accettabile agli americani l’idea della guerra in Vietnam – e negli ultimi anni sono stati seguiti da un pubblico sempre più esiguo. Soltanto 33 milioni di persone si sono sintonizzati sul Discorso sullo Stato dell’Unione del 2013.

Obama aveva però, in questa occasione, assoluto bisogno di rivolgersi agli americani e chiarire una strategia, quella sulla Siria, che negli ultimi giorni ha subito molti ondeggiamenti. Il presidente ha anzitutto puntigliosamente ricordato, con dettagli forti, cos’è avvenuto il 21 agosto scorso in Siria, “una notte terribile, in cui sono stati compiuti crimini contro l’umanità… in cui si sono visti bambini morti e uomini e donne con la bava alla bocca”. Pur ammettendo che “dopo l’Iraq e l’Afghanistan il Paese è stanco di guerre”, Obama ha detto che gli Stati Uniti non possono fare finta di niente “perché noi siamo l’America e dobbiamo agire”. Con accenti che hanno richiamato la vecchia ideologia dell’eccezionalismo americano, Obama ha spiegato “che in gioco ci sono i nostri ideali e la nostra sicurezza nazionale… Non siamo i poliziotti del mondo, ma quando possiamo evitare che dei bambini vengano gassati, dobbiamo farlo”.

Il presidente ha ricordato che l’intervento cui lui pensa, in Siria, non ha nulla a che vedere con le guerre in Iraq e in Afghanistan, ma nemmeno con prolungati raid aerei sull’esempio della Libia. “Il nostro intervento sarà limitato e mirato a scoraggiare l’uso di armi chimiche”, volto dunque a distruggere parte dell’arsenale militare di Assad, spesso definito “un dittatore”, dissuadendo il suo governo dall’uso futuro delle armi chimiche. Il ruolo di deterrenza è stato più volte richiamato da Obama, secondo cui, se non agiamo, “altri dittatori nel futuro potranno liberamente ricorrere ai gas contro le loro popolazioni”.

Dopo aver riepilogato tutte le ragioni che rendono necessario un attacco contro Assad, Obama si è però interrotto e ha lasciato spazio all’opzione diplomatica. “E’ troppo presto per dire quanto la proposta russa avrà successo, ma potrebbe consentire di togliere di mezzo le armi chimiche senza un intervento militare”, ha spiegato. Nel frattempo, comunque, Obama ha spiegato di aver ordinato all’esercito di mantenere la pressione militare, nel caso la diplomazia fallisca”. Nessun accenno, da parte del presidente, a quanto tempo è disposto a offrire alla diplomazia, prima di tornare all’uso della forza.

La giornata della diplomazia. Il discorso di Obama è arrivato al termine di una giornata di intense trattative alle Nazioni Unite. Sicuramente la proposta di mediazione russa sulla messa sotto tutela delle armi siriane ha avuto l’effetto di rimettere in moto la diplomazia e costringere Stati Uniti e Francia a rivedere la loro strategia. Mosca ha ottenuto subito il sì della Siria – “Siamo pronti ad annunciare dove si trovano le armi chimiche, a cessarne la produzione e a mostrarne le strutture ai rappresentanti della Russia, di altri Paesi e delle Nazioni Unite” ha annunciato il ministro degli esteri siriano Muallem – ma anche gli americani, attraverso il segretario di stato John Kerry, hanno dovuto riconoscere che la mediazione russa è “ideale” per evitare il ricorso alle armi.

Da subito gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali hanno però paventato il rischio che l’azione russa sia in realtà una tattica dilatoria, che mira a salvare Assad dall’azione armata. Proprio per non subire l’iniziativa del Cremlino, i rappresentanti di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna si sono riuniti al Palazzo di Vetro e hanno messo a punto un’altra bozza di risoluzione, che fissa paletti temporali ben precisi entro i quali il regime di Assad dovrà agire per mettere il proprio arsenale chimico a disposizione della comunità internazionale. Il testo prevede anche l’adesione della Siria alla Convenzione internazionale che vieta l’uso di armi chimiche, il ricorso alla Corte Penale contro i responsabili dell’attacco del 21 agosto e l’uso della forza contro chi viola i dettami della risoluzione.

Lo scontro russo-statunitense. Proprio quest’ultimo punto, che in pratica lascia aperta la possibilità di un attacco armato contro Damasco, ha irritato la diplomazia russa (il ministro degli esteri Lavrov l’ha definito “inaccettabile”) e ha condotto all’annullamento di una riunione del Consiglio di Sicurezza chiesta proprio dalla Russia. Il fatto è che gli americani, nonostante le aperture di facciata, non si fidano. “Aspettiamo di vedere la proposta, ma non siamo disposti ad aspettare a lungo”, ha ribadito al Congresso John Kerry, mentre il capo del Pentagono, Chuck Hagel, ha spiegato che “l’unica soluzione è privare Assad dei gas letali”. Fonti dell’amministrazione hanno anche spiegato che l’idea di un ultimatum alla Siria, per consegnare le sue armi chimiche, era stata presa in considerazione da Obama e dai suoi nei giorni scorsi, ma era stata abbandonata perché difficilmente realizzabile. In che modo far uscire le armi dalla Siria? E come essere sicuri che Assad consegni davvero tutto il suo arsenale? Possibile che, nelle prossime ore, si assista a un muro contro muro russo-americano sul linguaggio della possibile risoluzione e sul tipo di obblighi cui sottoporre Assad. Kerry ha comunque spiegato che da Mosca arriveranno nelle prossime ore i dettagli del piano per mettere sotto controllo le armi di Assad. E il capo della diplomazia Usa dovrebbe incontrare il suo collega russo giovedì a Ginevra.

Il Congresso abbandona Obama. Oltre a rimettere in moto la diplomazia, riportando al centro della discussione il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, la proposta russa ha avuto anche un altro effetto: quello di modificare le dinamiche politiche al Congresso Usa. Da giorni, almeno da sabato, quando è diventato chiaro che Obama non avrebbe ottenuto il via libera del Congresso, alcuni senatori hanno cominciato a lavorare a una diversa possibilità. L’iniziativa è partita da due repubblicani, John McCain e Lindsay Graham, che hanno coinvolto nel loro progetto due democratici, Carl Levin e Charles Schumer, cui si sono aggiunti nelle ore successive altri quattro senatori. Il calcolo degli otto è stato sostanzialmente questo. Obama non otterrà mai il via libera del Congresso – dati diffusi nelle ultime ore rivelavano che 251 deputati e 38 senatori voterebbero no all’intervento. Per evitare un’umiliante sconfessione del presidente da parte del Congresso, i senatori hanno messo a punto una bozza di risoluzione che dà il via libera all’intervento militare, ma lo sospende nel caso la Siria metta le sue armi chimiche sotto il controllo dell’Onu. Non si sa se il piano dei senatori verrà abbandonato, dopo che anche Obama ha lasciato aperta la strada della diplomazia. Ma la loro iniziativa rivela quanto tormentato politicamente sia stato il caso siriano. E quanto Obama sia stato abbandonato da gran parte del mondo politico di Washington.




Obama sempre più ridicolo

Ditegli di bombardare gli americani che hanno usato il fosforo bianco in Iraq
Ditegli che gli amici israeliani ammazzano bambini palestinesi da ogni giorno

Diteglielo
2013-09-16 19:17:05
E’ di almeno 6 morti e 8 feriti il bilancio della sparatoria avvenuta al Navy Yard di Washington, il quartier generale della marina militare. Resta da chiarire la dinamica dell’accaduto. Il commando responsabile dell’attacco sarebbe stato formato da tre persone. La polizia della capitale ha confermato la morte di un killer ucciso dal fuoco degli agenti, mentre “ci potrebbero essere altri due uomini in fuga”. Il presidente americano Barack Obama è tenuto costantemente informato sugli sviluppi della situazione. “E’ una tragedia”, ha commentato. “Un atto di codardia che ha colpito militari e civili qui, in casa nostra”.



Spero onestamente che non mettano in mezzo qualche siriano, se no si sfocia nel ridicolo più totale
2016-07-02 12:05:03
Lo metto qua, se non va bene ditemelo che sposto

riguarda la Siria, concetti semplici che anch'io posso capire :)

2016-07-21 11:24:53
In Siria ci sono proprio tutti: facciamo conoscenza coi ribelli "moderati" finanziati dagli USA

Aleppo (Siria), 20 lug. (askanews) -
barbara decapitazione di un bambino da parte di un gruppo ribelle ad Aleppo.

Il bambino è stato decapitato da membri del gruppo ribelle Nureddin al Zenki nella parte posteriore di un pick-up, in una strada pubblica del quartiere al Mashhad di Aleppo, controllato dall'opposizione. Nel filmato i ribelli hanno accusato il bambino di combattere con una fazione palestinese filoregime, la Brigata al Quds, hanno raccontato che è stato catturato durante i combattimenti nel nord di Aleppo.

La Brigata al Quds ha diramato un comunicato per smentire che il ragazzo fosse un suo membro e ha spiegato che si trattava invece di un rifugiato palestinese di dodici anni. Il gruppo Nureddin al Zenki ha ufficialmente bollato l'atto come una "violazione" e ha parlato di "un errore individuale che non rappresenta la politica generale del gruppo". L'organizzazione ha indicato di aver arrestato le persone coinvolte nell'omicidio e di aver istituito una commissione giudiziaria per indagare sulla vicenda e arrivare a un verdetto "il più presto possibile".


la ferma risposta americana: https://www.rt.com/usa/352193-pause-support-syrian-rebels-beheading-boy/

If we [the United States] can prove indeed what happened and this group [al-Zenki] was involved in it… it would give us pause about any assistance or frankly any further involvement,” Deputy Spokesperson for the State Department, Mark Toner, told reporters at a daily briefing Tuesday.

come sarebbe... IF ? L'ammissione diretta è insufficiente?
Qui una ricostruzione dei fatti: https://yallalabarra.wordpress.com/2016/07/20/the-us-needs-proof-that-zinki-beheaded-the-boy/

il video è accessibile da qui: ed è chiaramente un bambino (e non un 18enne come affermato da altre fonti) http://www.almasdarnews.com/article/aleppo-rebels-behead-a-child/
2016-07-21 17:00:12
Veramente una delle pagine più tristi di questa già tristissima guerra, cominciata per il desiderio bi-partisan americano di destituire a tutti i costi Assad, ma che su tutti porta la firma di McCain ed Hillary Clinton.
2016-07-21 22:31:26
Non so che ne pensate voi ma io spero che Trump diventi presidente : potrebbe dare il via a una politica estera isolazionista che sarebbe un bene x tutti.
La Clinton invece è garanzia di nuove guerre e più finanza.