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Subject: Siria oggi
Le ultime notizie dicono che era un poliziotto in servizio.
Infiltrazioni isis nelle forze turche o obbediva agli ordini e quell ' ambasciatore dava fastidio a Erdogan?
Siccome è una cosa tra Russia e Turchia non lo sapremo mai
Infiltrazioni isis nelle forze turche o obbediva agli ordini e quell ' ambasciatore dava fastidio a Erdogan?
Siccome è una cosa tra Russia e Turchia non lo sapremo mai
Intanto Obama, come preannunciato a inizio Dicembre, ha deciso di alimentare ulteriormente le forniture militari ai "ribelli moderati (hahaha)" antiAssad.
La Russia c'è rimasta male:
Il governo russo ha definito "un atto ostile' la decisione di Washington di continuare a fornire armi ai ribelli in Siria.
"Invece di affrontare gli estremisti di ogni genere, che è quello che ci proponiamo da un certo tempo, Washington si è impegnata per la fornitura di aiuti militari ai gruppi armati anti-governativi che molto poco si differenziano dai terroristi", ha dichiarato, oggi, la portavoce il Ministero degli affari esteri della Federazione russa, Maria Zajarova, attraverso un comunicato pubblicato sul sito web del ministero.
A tal proposito, Zajarova ha criticato la nuova legge sulla spesa militare che il presidente uscente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha firmato il 23 dicembre scorso, che prevede la possibilità di fornire armi, compresi i sistemi anti-aerei portatili, ai cosiddetti "ribelli" in Siria.
Il diplomatico russo ha definito questa decisione come un passo ostile verso Mosca, che minaccia direttamente i piani del Air Force russa, nonché i rappresentanti diplomatici e militari del paese in Siria.
Secondo il portavoce del Ministeri degli Esteri russo con tale misura, gli statunitensi "stanno proteggendo infatti il gruppo terroristico di Al-Nusra (ora chiamato Fath al-Sham), che è una filiale di Al-Qaeda" e sottolineando che "possiamo solo classificarlo come collusione con i terroristi".
Come potrà Trump fare peggio?
Bè, certamente potrà perchè al peggio non c'è limite si sa... certo che Obama ha posto l'asticella molto in alto
(edited)
“Ho le prove che la coalizione guidata dagli Stati Uniti in Siria aiuta gruppi terroristici come l’Isis”. Lo ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa il presidente turco Recep Tayyip Erdogan nel corso di una conferenza stampa ad Ankara. “Ci accusano di aiutare lo Stato Islamico”, ha affermato, “Ma invece sono loro a dare sostegno a gruppi terroristici compresi i Daesh” (così viene chiamato lo Stato Islamico nel mondo arabo e in Turchia). E’ molto chiaro. Abbiamo le prove, con immagini, foto e video”.
L’uscita di Erdogan è clamorosa e gravida di conseguenze. La situazione in Turchia è a dir poco confusa. La scorsa settimana il mondo è rimasto senza fiato nel vedere le immagini del poliziotto turco che uccideva l’ambasciatore russo Andrei Karlov per vendicarsi della riconquista di Aleppo da parte dell’esercito siriano fedele al presidente Bashar Assad aiutato dalle forze armate di Mosca. Negli ultimi tempi c’è stato un clamoroso avvicinamento fra la Turchia e la Russia. Uno sviluppo non sorprendente, visto che Erdogan è convinto che il fallito tentativo di colpo di Stato ai suoi danni dello scorso 15 luglio sia stato opera del predicatore musulmano Fethullah Gulen, suo ex alleato che da anni è riparato negli Stati Uniti.
Erdogan è stato più volte accusato di finanziare l’Isis tramite il contrabbando di petrolio estratto dalle aree occupate dallo Stato Islamico, un traffico che vedrebbe coinvolto in prima persona il figlio dello stesso presidente turco, Bilal. In quanto agli Stati Uniti, il presidente eletto Donald Trump durante la campagna elettorale ha più volte accusato la sua concorrente democratica, Hillary Clinton, di avere aiutato l’Isis quando era segretario di Stato. L’uscita di Erdogan potrebbe essere interpretata anche come un tentativo di ingraziarsi Trump. Quando si parla di cose turche ogni interpretazione è possibile. Di certo le parole di Erdogan avranno delle conseguenze.
Marcello Bussi, Milano Finanza 27.12.16
L’uscita di Erdogan è clamorosa e gravida di conseguenze. La situazione in Turchia è a dir poco confusa. La scorsa settimana il mondo è rimasto senza fiato nel vedere le immagini del poliziotto turco che uccideva l’ambasciatore russo Andrei Karlov per vendicarsi della riconquista di Aleppo da parte dell’esercito siriano fedele al presidente Bashar Assad aiutato dalle forze armate di Mosca. Negli ultimi tempi c’è stato un clamoroso avvicinamento fra la Turchia e la Russia. Uno sviluppo non sorprendente, visto che Erdogan è convinto che il fallito tentativo di colpo di Stato ai suoi danni dello scorso 15 luglio sia stato opera del predicatore musulmano Fethullah Gulen, suo ex alleato che da anni è riparato negli Stati Uniti.
Erdogan è stato più volte accusato di finanziare l’Isis tramite il contrabbando di petrolio estratto dalle aree occupate dallo Stato Islamico, un traffico che vedrebbe coinvolto in prima persona il figlio dello stesso presidente turco, Bilal. In quanto agli Stati Uniti, il presidente eletto Donald Trump durante la campagna elettorale ha più volte accusato la sua concorrente democratica, Hillary Clinton, di avere aiutato l’Isis quando era segretario di Stato. L’uscita di Erdogan potrebbe essere interpretata anche come un tentativo di ingraziarsi Trump. Quando si parla di cose turche ogni interpretazione è possibile. Di certo le parole di Erdogan avranno delle conseguenze.
Marcello Bussi, Milano Finanza 27.12.16
L’uscita di Erdogan è clamorosa e gravida di conseguenze
conseguenze come se piovesse :D
per erdogan qualsiasi cosa negativa che capita in turchia è colpa di gulen, che è negli usa, quindi è colpa degli usa, ma se ne guarda bene dall'uscire dalla nato. sta cercando l'alleanza con putin, e la russia è in guerra contro la nato in ucraina, ma la nato di guarda bene dall'espellere la turchia per tradimento dell'alleanza.
tanto fumo negli occhi, tante parole ipocrite :(
conseguenze come se piovesse :D
per erdogan qualsiasi cosa negativa che capita in turchia è colpa di gulen, che è negli usa, quindi è colpa degli usa, ma se ne guarda bene dall'uscire dalla nato. sta cercando l'alleanza con putin, e la russia è in guerra contro la nato in ucraina, ma la nato di guarda bene dall'espellere la turchia per tradimento dell'alleanza.
tanto fumo negli occhi, tante parole ipocrite :(
la turchia si sta riposizionando (da ovest ad est). la sua stessa appartenenza nato oggi è sempre più discussa.
Qualche video informativo... comincio con il più bello, poi vengono quelli da ulcera...
http://www.difesaonline.it/geopolitica/brevi-estero/palmira-lisis-indietreggia-iniziata-la-controffensiva-siriana
... però Southfront usa ancora le pinze:
ISIS units have been reportedly retreating from the areas west of Palmyra after they had suffered major casualties as result of air and artillery strikes by government forces, according to media reports.
ISIS militants are allegedly withdrawing from the areas near the government-held Tyas Airbase which they had failed to seize from the Syrian army and its allies. Over 250 ISIS members have been killed and about 40 units of military equipment destroyed by government forces during clashes for the Tyas Airbase.
If reports about the withdrawal of ISIS units from the area are confirmed, the Syrian army and its allies will be able to conduct a series of military operations north and south of the Tyas Airbase to build a large buffer zone around this crucial defense site.
la cosa più interessante letta oggi su Southfront è quest'analisi globale del 2016... in effetti ha tutte le caratteristiche potenziali perchè i nostri bisnipoti se lo ritrovino nei manuali di storia come anno cruciale.
p.s. vabbè, confesso, ho letto solo la prima metà finora :)
(edited)
... però Southfront usa ancora le pinze:
ISIS units have been reportedly retreating from the areas west of Palmyra after they had suffered major casualties as result of air and artillery strikes by government forces, according to media reports.
ISIS militants are allegedly withdrawing from the areas near the government-held Tyas Airbase which they had failed to seize from the Syrian army and its allies. Over 250 ISIS members have been killed and about 40 units of military equipment destroyed by government forces during clashes for the Tyas Airbase.
If reports about the withdrawal of ISIS units from the area are confirmed, the Syrian army and its allies will be able to conduct a series of military operations north and south of the Tyas Airbase to build a large buffer zone around this crucial defense site.
la cosa più interessante letta oggi su Southfront è quest'analisi globale del 2016... in effetti ha tutte le caratteristiche potenziali perchè i nostri bisnipoti se lo ritrovino nei manuali di storia come anno cruciale.
p.s. vabbè, confesso, ho letto solo la prima metà finora :)
(edited)
leaving the EU would allow the UK to control immigration more efficiently
questa cazzata dovevano risparmiarsela.
mentre l'analisi strategico-militare sembra condivisibile ma spero di aver tempo per approfondire
questa cazzata dovevano risparmiarsela.
mentre l'analisi strategico-militare sembra condivisibile ma spero di aver tempo per approfondire
mentre l'analisi strategico-militare
sì, infatti mi sembrava interessante quella... interessante eh (nel senso che un punto di vista motivato è sempre utile) non dico condivisibile; anche se la debolezza della posizione europea è chiara a prescindere
sì, infatti mi sembrava interessante quella... interessante eh (nel senso che un punto di vista motivato è sempre utile) non dico condivisibile; anche se la debolezza della posizione europea è chiara a prescindere
Perché cazzata? Purtroppo a Calais muoiono cercando un modo per raggiungere gli UK
Purtroppo a Calais muoiono cercando un modo per raggiungere gli UK
cosa triste ma che succede da prima del referendum... e che continuerà nella stessa misura anche dopo la separazione.
ci sono delle dinamiche sociali (tipo l'emigrazione da paesi in guerra o da certi paesi africani) che non sono modificabili dai governi con un trattato. pretendere che la gente non fugga dalla guerra è come pretendere che il sole sorga a ovest -impossibile!
un paese serio si dota di leggi per affrontare al meglio questo dato di fatto, visto che in tema di immigrazione l'UE non esiste, su questo tema per l'UK è irrilevante essere dentro o fuori l'UE
cosa triste ma che succede da prima del referendum... e che continuerà nella stessa misura anche dopo la separazione.
ci sono delle dinamiche sociali (tipo l'emigrazione da paesi in guerra o da certi paesi africani) che non sono modificabili dai governi con un trattato. pretendere che la gente non fugga dalla guerra è come pretendere che il sole sorga a ovest -impossibile!
un paese serio si dota di leggi per affrontare al meglio questo dato di fatto, visto che in tema di immigrazione l'UE non esiste, su questo tema per l'UK è irrilevante essere dentro o fuori l'UE
un paese serio si dota di leggi per affrontare al meglio questo dato di fatto
Tassa sugli assunti eu.
Demotivescion.
Tassa sugli assunti eu.
Demotivescion.
Si combatte in tutta la Siria ma una situazione particolare è quella di Deir Ezzor, città di circa 250mila abitanti a sud di Raqqa e centro petrolifero di primaria importanza. Nel bel mezzo del territorio ISIS era controllata dalle forze SAA che però ora, si ritrovano accerchiate e duramente sotto attacco.
Southfront qui ne descrive bene la storia... e conclude così, per capirci
If IS is able to break resistance, it will slaughter the population. It will give the “international community” in the form of the US-led coalition an additional reason to get involved. The US will be able to occupy eastern Syria using the opposition it trained under the pretext of fighting IS. For that purpose, there exists a base 60km north-west of Riyadh in order to train terrorists of Syrian nationality who arrived through Jordan. The unit is called the New Syrian Army. NSA commander Muhhamadat-Tallya is a defector from SAA. That’s who will play a key role in the event of Deir Ezzor’s capture.
In the event of a de-facto partition of Syria which is often mentioned in Western media, US and its allies will get a strategically important region. It is through Deir Ezzor that the proposed gas pipeline from Qatar is supposed to run. Its approximate route takes it from Iraq through al-Kemal toward Deir Ezzor, then toward Raqqa and then to the Turkish border.
These US and allied operations show that Washington and its Persian Gulf allies and Istanbul have never been interested in combating international terrorism. Their interest is only money and power, and they are indifferent to human suffering and casualties.
Southfront qui ne descrive bene la storia... e conclude così, per capirci
If IS is able to break resistance, it will slaughter the population. It will give the “international community” in the form of the US-led coalition an additional reason to get involved. The US will be able to occupy eastern Syria using the opposition it trained under the pretext of fighting IS. For that purpose, there exists a base 60km north-west of Riyadh in order to train terrorists of Syrian nationality who arrived through Jordan. The unit is called the New Syrian Army. NSA commander Muhhamadat-Tallya is a defector from SAA. That’s who will play a key role in the event of Deir Ezzor’s capture.
In the event of a de-facto partition of Syria which is often mentioned in Western media, US and its allies will get a strategically important region. It is through Deir Ezzor that the proposed gas pipeline from Qatar is supposed to run. Its approximate route takes it from Iraq through al-Kemal toward Deir Ezzor, then toward Raqqa and then to the Turkish border.
These US and allied operations show that Washington and its Persian Gulf allies and Istanbul have never been interested in combating international terrorism. Their interest is only money and power, and they are indifferent to human suffering and casualties.
Trump ostaggio delle lobbies antirusse. Ecco a chi giova l’attacco USA alla Siria
(di Giampiero Venturi)
07/04/17 -
I primi ad esultare per l’attacco missilistico americano alla base aerea siriana di Al Sharyat sono stati nell’ordine: l’ISIS, i miliziani islamisti del fronte di Idlib, Hillary Clinton, la Turchia di Erdogan, Israele e l’Arabia Saudita. Se gli effetti di un'azione mostrano le intenzioni che l'hanno generata, basterebbe questo per farsi un quadro.
La base colpita è una delle principali da cui partono le missioni che colpiscono lo Stato Islamico sul fronte sud, cioè l’arco di territorio compreso tra Palmira e Deir Ezzor. Sotto il profilo militare, aver colpito questa importante infrastruttura significa aver dato respiro ai tagliagole del Califfato ormai in ritirata su tutti i fronti.
Sotto il profilo politico il gioco è più sottile.
Dall’insediamento di Trump fino alla notte del 7 aprile, l'equilibrio geopolitico che si stava configurando a luci spente in Siria era complesso ma chiaro: Assad e i russi avrebbero vinto la guerra contro i ribelli e l’ISIS; gli USA, coscienti degli errori dell’era Obama, avrebbero partecipato al trionfo conquistando Raqqa attraverso le Syrian Democratic Forces; alla Turchia, per anni colpevole di ogni nefandezza, sarebbe stato lasciato il cuscinetto di territorio a ridosso del confine, per smaltire i profughi e controllare i curdi. La questione curda e gli equilibri interni alla Siria sarebbero stati discussi in seguito.
A qualcuno questo scenario non è andato giù.
L’Arabia Saudita ha visto sfumare il suo sogno di instaurare un governo sunnita in una Paese storicamente ostile. Israele, nonostante le garanzie di Mosca, ha visto potenziare il peso politico e militare di Hezbollah e del suo dante causa Iran. A tale proposito c'è da considerare che per lo Stato ebraico l’importante non sia tanto eliminare i nemici, ma fare in modo che siano deboli: il vero pericolo per Tel Aviv dunque, non è la dinastia Assad che gli israeliani hanno tollerato per 40 anni, ma Teheran. Il quadro che si stava configurando per la Siria del futuro a Netanyahu non dava sufficienti garanzie, soprattutto alla luce della nebulosa linea americana dei primi mesi 2017. Israele aveva bisogno di un segnale forte contro l’Iran, che con Obama non era mai arrivato, nonostante l’aiuto fornito da Barak ai miliziani ribelli sunniti.
La stessa Turchia, in mano al giocatore d’azzardo Erdogan, a conti fatti in Siria ha dovuto rinunciare all’operazione Scudo dell’Eufrate accettando la crescita delle milizie curde, decisive sul fronte anti ISIS. Erdogan, vedendo il rischio di rimanere col cerino in mano, ha ricominciato ad alzare i toni contro Assad, dopo averli attenuati in accordo con la Russia per quasi un anno. Lo scopo della Turchia è continuare ad avere voce in capitolo tra gli islamisti del nord, in modo da gestire il problema curdo siriano, fino al 2011 inesistente.
L’attacco americano alla Siria sembra paradossale ma in realtà va a incidere sugli equilibri sia interni americani che geopolitici.
Le conseguenze in Siria si vedranno nei prossimi giorni, anche in virtù della reazione di Putin, la cui pazienza con gli atteggiamenti ondivaghi di Trump non sarà infinita. Proprio mentre scriviamo, Mosca annuncia la fine della collaborazione con gli USA per la sicurezza nei cieli siriani.
È molto probabile che i missili americani siano però dimostrativi. Non avranno incidenza eccessiva sul piano militare, ma un significato politico molto chiaro, soprattutto per la politica interna.
L’atto unilaterale di Trump, deciso a caldo e senza nessun passaggio preventivo (né all’ONU, né con gli alleati), più che riportarci all’era Bush, sintetizza la necessità di mostrare autonomia da Mosca e potere decisionale. Trump, messo alle strette dalle accuse del Russiagate, ha pensato che l’unico modo per non mostrarsi debole fosse colpire.
Sul fronte interno USA, i vantaggi del raid sono molti. In un solo colpo (anzi in 59, quanti sono i missili lanciati…) Trump ammutolisce chi lo vuole sottomesso a Putin e fuga i fantasmi di chi paventava una nuova dottrina Monroe, con ritiro USA dai principali scacchieri internazionali.
In tutto questo esulta la Clinton. Non contenta di aver provocato la guerra civile siriana armando le milizie jihadiste che combattono Assad, ha voluto affondare il colpo e vendicarsi di chi l’ha umiliata davanti a tutto il mondo. Da dicembre, l’ex Segretario di Stato USA fa proselitismo alla ricerca di alleati sul fronte anti Assad. Per l’ex first lady è un’ossessione: la collaborazione con la Russia in Siria (e altrove) non si deve fare. C’è una sola via: Guerra fredda, Guerra fredda, Guerra fredda!
I primi sentori che le elezioni di novembre le abbia vinte Trump ma il vero potere politico in politica estera ce l’abbia il Pentagono e le lobbies antirusse che lo controllano, si avevano già dai primi giorni dell’insediamento del tycoon newyorchese alla Casa Bianca. Il Russiagate è partito con la velocità della luce e uno ad uno, tutti i collaboratori “alternativi” alla politica atlantista sono caduti: su tutti Michael Flynn e Stephen Bannon, entrambi rimossi dagli incarichi sulla sicurezza nazionale.
L’America rimane in mano agli antirussi che non vogliono il cambiamento?
Possiamo dire che Trump per il momento è caduto nella trappola di chi non lo vuole amico di Putin. La Clinton e i falchi repubblicani come McCain in questo ambito si ritrovano alleati e vincenti.
Sostanzialmente negli USA si sta configurando in ambito politico quello che avviene anche in Europa: fronti ideologici tradizionalmente ostili (liberal e conservatori per intenderci) si alleano contro chi resiste alla globalizzazione e sbandiera identità sovrane.
Trump era nato come alternativa, ma ogni minuto che passa si mostra sempre più con le spalle al muro e incapace di imporre una terza via.
Tutti coloro che hanno esultato per la sua vittoria (russi compresi) oggi hanno avuto un sussulto.
Resta da vedere come reagirà il mondo DEM radicale e pacifista, ostile per natura a Trump ma improvvisamente scosso da un attacco che avrebbe tanto voluto fare Hillary Clinton. Gessetti o profili colorati in questo caso contano poco; dopo l’attacco USA alla Siria, c’è un solo dato oggettivo: la trappola delle armi chimiche è riuscita e oggi i terroristi islamici godono.
(di Giampiero Venturi)
07/04/17 -
I primi ad esultare per l’attacco missilistico americano alla base aerea siriana di Al Sharyat sono stati nell’ordine: l’ISIS, i miliziani islamisti del fronte di Idlib, Hillary Clinton, la Turchia di Erdogan, Israele e l’Arabia Saudita. Se gli effetti di un'azione mostrano le intenzioni che l'hanno generata, basterebbe questo per farsi un quadro.
La base colpita è una delle principali da cui partono le missioni che colpiscono lo Stato Islamico sul fronte sud, cioè l’arco di territorio compreso tra Palmira e Deir Ezzor. Sotto il profilo militare, aver colpito questa importante infrastruttura significa aver dato respiro ai tagliagole del Califfato ormai in ritirata su tutti i fronti.
Sotto il profilo politico il gioco è più sottile.
Dall’insediamento di Trump fino alla notte del 7 aprile, l'equilibrio geopolitico che si stava configurando a luci spente in Siria era complesso ma chiaro: Assad e i russi avrebbero vinto la guerra contro i ribelli e l’ISIS; gli USA, coscienti degli errori dell’era Obama, avrebbero partecipato al trionfo conquistando Raqqa attraverso le Syrian Democratic Forces; alla Turchia, per anni colpevole di ogni nefandezza, sarebbe stato lasciato il cuscinetto di territorio a ridosso del confine, per smaltire i profughi e controllare i curdi. La questione curda e gli equilibri interni alla Siria sarebbero stati discussi in seguito.
A qualcuno questo scenario non è andato giù.
L’Arabia Saudita ha visto sfumare il suo sogno di instaurare un governo sunnita in una Paese storicamente ostile. Israele, nonostante le garanzie di Mosca, ha visto potenziare il peso politico e militare di Hezbollah e del suo dante causa Iran. A tale proposito c'è da considerare che per lo Stato ebraico l’importante non sia tanto eliminare i nemici, ma fare in modo che siano deboli: il vero pericolo per Tel Aviv dunque, non è la dinastia Assad che gli israeliani hanno tollerato per 40 anni, ma Teheran. Il quadro che si stava configurando per la Siria del futuro a Netanyahu non dava sufficienti garanzie, soprattutto alla luce della nebulosa linea americana dei primi mesi 2017. Israele aveva bisogno di un segnale forte contro l’Iran, che con Obama non era mai arrivato, nonostante l’aiuto fornito da Barak ai miliziani ribelli sunniti.
La stessa Turchia, in mano al giocatore d’azzardo Erdogan, a conti fatti in Siria ha dovuto rinunciare all’operazione Scudo dell’Eufrate accettando la crescita delle milizie curde, decisive sul fronte anti ISIS. Erdogan, vedendo il rischio di rimanere col cerino in mano, ha ricominciato ad alzare i toni contro Assad, dopo averli attenuati in accordo con la Russia per quasi un anno. Lo scopo della Turchia è continuare ad avere voce in capitolo tra gli islamisti del nord, in modo da gestire il problema curdo siriano, fino al 2011 inesistente.
L’attacco americano alla Siria sembra paradossale ma in realtà va a incidere sugli equilibri sia interni americani che geopolitici.
Le conseguenze in Siria si vedranno nei prossimi giorni, anche in virtù della reazione di Putin, la cui pazienza con gli atteggiamenti ondivaghi di Trump non sarà infinita. Proprio mentre scriviamo, Mosca annuncia la fine della collaborazione con gli USA per la sicurezza nei cieli siriani.
È molto probabile che i missili americani siano però dimostrativi. Non avranno incidenza eccessiva sul piano militare, ma un significato politico molto chiaro, soprattutto per la politica interna.
L’atto unilaterale di Trump, deciso a caldo e senza nessun passaggio preventivo (né all’ONU, né con gli alleati), più che riportarci all’era Bush, sintetizza la necessità di mostrare autonomia da Mosca e potere decisionale. Trump, messo alle strette dalle accuse del Russiagate, ha pensato che l’unico modo per non mostrarsi debole fosse colpire.
Sul fronte interno USA, i vantaggi del raid sono molti. In un solo colpo (anzi in 59, quanti sono i missili lanciati…) Trump ammutolisce chi lo vuole sottomesso a Putin e fuga i fantasmi di chi paventava una nuova dottrina Monroe, con ritiro USA dai principali scacchieri internazionali.
In tutto questo esulta la Clinton. Non contenta di aver provocato la guerra civile siriana armando le milizie jihadiste che combattono Assad, ha voluto affondare il colpo e vendicarsi di chi l’ha umiliata davanti a tutto il mondo. Da dicembre, l’ex Segretario di Stato USA fa proselitismo alla ricerca di alleati sul fronte anti Assad. Per l’ex first lady è un’ossessione: la collaborazione con la Russia in Siria (e altrove) non si deve fare. C’è una sola via: Guerra fredda, Guerra fredda, Guerra fredda!
I primi sentori che le elezioni di novembre le abbia vinte Trump ma il vero potere politico in politica estera ce l’abbia il Pentagono e le lobbies antirusse che lo controllano, si avevano già dai primi giorni dell’insediamento del tycoon newyorchese alla Casa Bianca. Il Russiagate è partito con la velocità della luce e uno ad uno, tutti i collaboratori “alternativi” alla politica atlantista sono caduti: su tutti Michael Flynn e Stephen Bannon, entrambi rimossi dagli incarichi sulla sicurezza nazionale.
L’America rimane in mano agli antirussi che non vogliono il cambiamento?
Possiamo dire che Trump per il momento è caduto nella trappola di chi non lo vuole amico di Putin. La Clinton e i falchi repubblicani come McCain in questo ambito si ritrovano alleati e vincenti.
Sostanzialmente negli USA si sta configurando in ambito politico quello che avviene anche in Europa: fronti ideologici tradizionalmente ostili (liberal e conservatori per intenderci) si alleano contro chi resiste alla globalizzazione e sbandiera identità sovrane.
Trump era nato come alternativa, ma ogni minuto che passa si mostra sempre più con le spalle al muro e incapace di imporre una terza via.
Tutti coloro che hanno esultato per la sua vittoria (russi compresi) oggi hanno avuto un sussulto.
Resta da vedere come reagirà il mondo DEM radicale e pacifista, ostile per natura a Trump ma improvvisamente scosso da un attacco che avrebbe tanto voluto fare Hillary Clinton. Gessetti o profili colorati in questo caso contano poco; dopo l’attacco USA alla Siria, c’è un solo dato oggettivo: la trappola delle armi chimiche è riuscita e oggi i terroristi islamici godono.
non conta chi sia il presidente americano dietro che comanda c'è sempre la stessa gente
Se l'attacco chimico del 4 aprile è vero 59 missili sono fin troppo pochi..tutti bravi e belli pacifici a scrivere dalla poltrona col computer...poi vorrei vederli a soffocare col gas o bruciare ustionati da reazioni chimiche quanto fanno i politically correct