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Subject: Paolo Rossi
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Lo scandalo italiano del calcioscommesse del 1980, noto anche come Totonero, fu uno scandalo che colpì il calcio italiano nella stagione agonistica 1979-1980 e vide coinvolti giocatori, dirigenti e società di Serie A e B, i quali truccavano le partite di campionato attraverso scommesse clandestine che per la FIGC rappresentavano casi di illecito sportivo.
I calciatori italiani alla sbarra nel primo processo sul calcioscommesse, 13 giugno 1980.
Le squadre coinvolte e condannate dalla giustizia sportiva furono Avellino, Bologna, Lazio,[1] Milan[1] e Perugia in Serie A, e Palermo e Taranto in Serie B. Tra gli altri club oggetto d'indagine, il Pescara fu l'unico assolto nonostante l'accusa avesse chiesto una penalizzazione,[2] mentre Genoa, Juventus, Napoli, Lecce e Pistoiese furono assolte su richiesta del procuratore federale.[3][4]
Nonostante il calcio italiano fosse già incappato in casi extrasportivi nei decenni precedenti, il Totonero è considerato il primo, grande scandalo di illeciti e partite truccate nella storia della disciplina per via del numero di club e calciatori coinvolti, e annessa risonanza mediatica,[5][6][7] tanto che il presidente federale Artemio Franchi, all'epoca anche alla testa dell'UEFA, decise in seguito di rassegnare le dimissioni
I calciatori italiani alla sbarra nel primo processo sul calcioscommesse, 13 giugno 1980.
Le squadre coinvolte e condannate dalla giustizia sportiva furono Avellino, Bologna, Lazio,[1] Milan[1] e Perugia in Serie A, e Palermo e Taranto in Serie B. Tra gli altri club oggetto d'indagine, il Pescara fu l'unico assolto nonostante l'accusa avesse chiesto una penalizzazione,[2] mentre Genoa, Juventus, Napoli, Lecce e Pistoiese furono assolte su richiesta del procuratore federale.[3][4]
Nonostante il calcio italiano fosse già incappato in casi extrasportivi nei decenni precedenti, il Totonero è considerato il primo, grande scandalo di illeciti e partite truccate nella storia della disciplina per via del numero di club e calciatori coinvolti, e annessa risonanza mediatica,[5][6][7] tanto che il presidente federale Artemio Franchi, all'epoca anche alla testa dell'UEFA, decise in seguito di rassegnare le dimissioni
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