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Subject: Calcio: storia e aneddoti
Lo confesso: ve l'ho messa apposta. Volevo vedere chi per primo avrebbe individuato quella losca figura
Cremona 12 aprile 2012, dopo svariate settimane riesco a riunire la cremonese del 1976/77. Quella che conquistò la promozione in serie B. Dico dopo svariate settimane perché ai tempi Prandelli, allenatore della nazionale, aveva impegni decisamente più pressanti. Si presentano tutti oltre al mitico Miglioli storico vicepresidente, la giornata è stata veramente qualcosa da ricordare, ero l’unico non appartenente a quella squadra o alla società e venni invitato da alcuni di quegli ex giocatori. Dopo la visita allo Zini ci recammo al centro sportivo della Cremonese e poi a cenare nel ristorante storico della società. Nelle foto di gruppo la squadra e poi il portiere Luciano Bodini viene punito con il taglio di capelli da Prandelli e Mondonico. Da situazioni come queste capisci veramente cosa sia il calcio, altro che i grandi comunicatori e commentatori che ti vogliono raccontare gli schemi e la visione di gioco. A prescindere dalla carriera di ogni singolo calciatore ti rendi conto che il concetto stesso di squadra o partita è qualcosa che non riesci mai a trovare i giornali o nelle trasmissioni.
Ringrazio il sorcio per la gentilezza con le foto
Ringrazio il sorcio per la gentilezza con le foto
Perché si era opposto alla scelta della squadra di valutare il gol più importante di quella stagione
"Ho accettato questa sfida di scendere in Promozione col Lebowski perché mi riconosco nei valori portati avanti da questi ragazzi.
Ero convinto di giocare un’altra stagione nella Fiorentina, non certo per soldi o per chissà cosa. Avrei potuto dare una mano.
Ma soprattutto il mio obiettivo era salutare i tifosi dal campo e dirgli grazie.
Nel Lebowski ho visto entusiasmo, organizzazione e soprattutto mi sono riconosciuto nei loro valori, a partire da quello che hanno fatto in San Frediano per ridare vita al giardino dei Nidiaci e per dare la possibilità a tutti i bambini e alle bambine del quartiere di giocare, divertirsi e imparare a vivere senza ansie uno sport bellissimo che però sta perdendo la sua umanità.
Quando faccio qualcosa voglio farla bene e seriamente.
Mi metterò a disposizione del tecnico e magari, se capita, darò qualche consiglio.
Ma non è per giocare che ho fatto questa scelta.
E’ per dare una mano e visibilità al lavoro di ragazzi che ci mettono il cuore, e anche, a modo loro, un pizzico di follia".
[Borja Valero a La Nazione]
Ero convinto di giocare un’altra stagione nella Fiorentina, non certo per soldi o per chissà cosa. Avrei potuto dare una mano.
Ma soprattutto il mio obiettivo era salutare i tifosi dal campo e dirgli grazie.
Nel Lebowski ho visto entusiasmo, organizzazione e soprattutto mi sono riconosciuto nei loro valori, a partire da quello che hanno fatto in San Frediano per ridare vita al giardino dei Nidiaci e per dare la possibilità a tutti i bambini e alle bambine del quartiere di giocare, divertirsi e imparare a vivere senza ansie uno sport bellissimo che però sta perdendo la sua umanità.
Quando faccio qualcosa voglio farla bene e seriamente.
Mi metterò a disposizione del tecnico e magari, se capita, darò qualche consiglio.
Ma non è per giocare che ho fatto questa scelta.
E’ per dare una mano e visibilità al lavoro di ragazzi che ci mettono il cuore, e anche, a modo loro, un pizzico di follia".
[Borja Valero a La Nazione]
Eravamo tutti abituati a vederlo lottare in campo, per i tifosi di Bari, Bologna e per gli sportivi italiani era il "Guerriero" che sradicava palloni agli avversari e che svettava dall'alto dei suoi 190 cm di altezza.
Sembrava invincibile, ma nel 2009 a Klas Ingesson fu diagnosticato un mieloma multiplo.
"Quando il dottore disse che avevo il cancro vidi tutto nero. Ho avuto un sacco di persone malate nella mia famiglia e per me quella parola significava morte. Quando lo shock passò decisi di scegliere la vita e di fare il massimo dalla mia situazione”.
E scegliere la vita voleva dire, in automatico, scegliere il calcio.
Iniziò ad allenare squadre giovanili fino alla grande occasione di allenare la prima squadra dell'Elfsborg.
Ma il mieloma non concedeva troppi attimi per godersi l'avventura in panchina. Ogni domenica le cose andavano peggio: all’inizio raggiungeva la panchina in stampelle, poi con un girello e infine passò alla sedia a rotelle.
Però Klas era sempre sul rettangolo verde nonostante la malattia lo rendesse più debole.
Una volta, durante una partita contro il Göteborg, cadde dalla sedia a rotelle finendo a terra con le mani che non furono in grado di attutire il colpo.
“Non riuscivamo a portarlo via, voleva vedere la fine” spiegò il medico della squadra Matilda Lundblad.
A maggio i suoi ragazzi sconfissero l’Helsinborgs in finale e Ingesson festeggiò la Coppa di Svezia.
Due settimane dopo rassegnò le dimissioni sapendo di non essere più in grado di allenare.
Salutando, promise di lottare contro la malattia e da buon guerriero ha lottato fino alla fine.
Oggi sarebbe il suo compleanno.
Tanti auguri Klas!
Sembrava invincibile, ma nel 2009 a Klas Ingesson fu diagnosticato un mieloma multiplo.
"Quando il dottore disse che avevo il cancro vidi tutto nero. Ho avuto un sacco di persone malate nella mia famiglia e per me quella parola significava morte. Quando lo shock passò decisi di scegliere la vita e di fare il massimo dalla mia situazione”.
E scegliere la vita voleva dire, in automatico, scegliere il calcio.
Iniziò ad allenare squadre giovanili fino alla grande occasione di allenare la prima squadra dell'Elfsborg.
Ma il mieloma non concedeva troppi attimi per godersi l'avventura in panchina. Ogni domenica le cose andavano peggio: all’inizio raggiungeva la panchina in stampelle, poi con un girello e infine passò alla sedia a rotelle.
Però Klas era sempre sul rettangolo verde nonostante la malattia lo rendesse più debole.
Una volta, durante una partita contro il Göteborg, cadde dalla sedia a rotelle finendo a terra con le mani che non furono in grado di attutire il colpo.
“Non riuscivamo a portarlo via, voleva vedere la fine” spiegò il medico della squadra Matilda Lundblad.
A maggio i suoi ragazzi sconfissero l’Helsinborgs in finale e Ingesson festeggiò la Coppa di Svezia.
Due settimane dopo rassegnò le dimissioni sapendo di non essere più in grado di allenare.
Salutando, promise di lottare contro la malattia e da buon guerriero ha lottato fino alla fine.
Oggi sarebbe il suo compleanno.
Tanti auguri Klas!
Che coppia, lui e Kennet Andersson. Bari e Bologna, mi pare, quando la A era una cosa serissima. Oggi molto probabilmente sarebbero in una squadra di prima fascia.
“Si dimette Spalletti, è il 2009.
La Dirigenza chiede di riunirci a Villa Pacelli.
Quindi andiamo io, Perrotta, Pizarro... diciamo tutti i senatori.
Arrivati lì ci mettiamo seduti e Rosella Sensi ci dice che ci sono due opzioni come successori di Spalletti: Claudio Ranieri o Roberto Mancini. Uno dei due andava scelto.
Ci guardiamo con i senatori e scegliamo Roberto Mancini.
La dirigenza mi chiede il perché di questa scelta e io rispondo:
“Perché Ranieri è di Roma, conosce l’ambiente, potrebbe essere trattato da privilegiato, quindi per lui potrebbe essere una situazione più comoda.
Mancini in questo momento è un allenatore più europeo, vuole sicuramente giocatori forti e vuole vincere (senza nulla togliere a Ranieri)”.
Allora la Dirigenza ci dice: “Siete sicuri quindi? Mancini?”.
“Si siamo sicuri”, rispondiamo.
Così andiamo via da Villa Pacelli, convinti che Mancini fosse il nuovo allenatore della Roma.
Dopo poche ore torno a casa, accendo la tv e leggo: “Ranieri è il nuovo allenatore della Roma”.
“Bene!", pensai… “Bella passeggiata ce semo fatta a Villa Pacelli… pensa quanto contiamo". (ride ndr)
Il giorno dopo troviamo Ranieri agli allenamenti… eravamo tutti contenti… (ride ndr), almeno si parlava romano.
Da lì è partita una stagione straordinaria”.
[Francesco Totti]
Fonte: La Repubblica – Totti al Colosseo
La Dirigenza chiede di riunirci a Villa Pacelli.
Quindi andiamo io, Perrotta, Pizarro... diciamo tutti i senatori.
Arrivati lì ci mettiamo seduti e Rosella Sensi ci dice che ci sono due opzioni come successori di Spalletti: Claudio Ranieri o Roberto Mancini. Uno dei due andava scelto.
Ci guardiamo con i senatori e scegliamo Roberto Mancini.
La dirigenza mi chiede il perché di questa scelta e io rispondo:
“Perché Ranieri è di Roma, conosce l’ambiente, potrebbe essere trattato da privilegiato, quindi per lui potrebbe essere una situazione più comoda.
Mancini in questo momento è un allenatore più europeo, vuole sicuramente giocatori forti e vuole vincere (senza nulla togliere a Ranieri)”.
Allora la Dirigenza ci dice: “Siete sicuri quindi? Mancini?”.
“Si siamo sicuri”, rispondiamo.
Così andiamo via da Villa Pacelli, convinti che Mancini fosse il nuovo allenatore della Roma.
Dopo poche ore torno a casa, accendo la tv e leggo: “Ranieri è il nuovo allenatore della Roma”.
“Bene!", pensai… “Bella passeggiata ce semo fatta a Villa Pacelli… pensa quanto contiamo". (ride ndr)
Il giorno dopo troviamo Ranieri agli allenamenti… eravamo tutti contenti… (ride ndr), almeno si parlava romano.
Da lì è partita una stagione straordinaria”.
[Francesco Totti]
Fonte: La Repubblica – Totti al Colosseo
Per tanti anni è stato trattato come una figura "comica" del calcio.
Era il giocatore che "non conosceva nemmeno le regole elementari del calcio...
Era il giocatore che aveva spostato indietro di 25/30 anni le lancette dell'orologio della storia del calcio africano.
Era Joseph Mwepu Ilunga, terzino dello Zaire, il giocatore della punizione più famosa dei mondiali del 1974.
In quel mondiale, lo Zaire fu sconfitto prima dalla Scozia e poi dalla Jugoslavia con un incredibile 9-0.
L'ultima partita era contro il Brasile, campione del mondo in carica, che per qualificarsi doveva vincere almeno 3-0.
La partita andò proprio così anche se passò alla storia per una punizione.
Non è una punizione a giro sotto il sette, ma una punizione battuta al contrario.
All'85esimo i verdeoro hanno la possibilità di aumentare il vantaggio con una punizione dal limite.
Se ne incarica Rivelino, con il suo mancino fantastico, che parlotta con i compagni allungando i tempi di battuta.
Così dalla barriera schierata si stacca Mwepu, che corre verso il pallone e lo scaglia il più lontano possibile.
Tutti i giocatori restano straniti, il terzino si becca un giallo tra le risate e le ironie dei brasiliani e degli spettatori.
Anni dopo si capì, che in realtà, c'era ben poco da ridere.
Mobutu, il dittatore dello Zaire, non aveva "gradito" il 9-0 subito contro la Jugoslavia.
Un risultato troppo pesante per l'orgoglio di uno dei tiranni più pericolosi della storia, e prima della gara con il Brasile era arrivata la minaccia alla squadra: "Se perdete per più di 3-0 nessuno tornerà a casa vivo".
Fu proprio Mwepu a confermarlo in un'intervista:
"Eravamo già sul 3-0, fui preso dal panico e calciai il pallone lontano. I brasiliani ridevano, ma non capivano cosa io provassi in quel momento"
Quella punizione "battuta al contrario" non era un gesto comico di un "ignorante" delle regole del calcio, era solo il gesto di un uomo disperato che voleva salvarsi la vita..
Oggi sarebbe il suo compleanno.
Tanti auguri Mwepu
Era il giocatore che "non conosceva nemmeno le regole elementari del calcio...
Era il giocatore che aveva spostato indietro di 25/30 anni le lancette dell'orologio della storia del calcio africano.
Era Joseph Mwepu Ilunga, terzino dello Zaire, il giocatore della punizione più famosa dei mondiali del 1974.
In quel mondiale, lo Zaire fu sconfitto prima dalla Scozia e poi dalla Jugoslavia con un incredibile 9-0.
L'ultima partita era contro il Brasile, campione del mondo in carica, che per qualificarsi doveva vincere almeno 3-0.
La partita andò proprio così anche se passò alla storia per una punizione.
Non è una punizione a giro sotto il sette, ma una punizione battuta al contrario.
All'85esimo i verdeoro hanno la possibilità di aumentare il vantaggio con una punizione dal limite.
Se ne incarica Rivelino, con il suo mancino fantastico, che parlotta con i compagni allungando i tempi di battuta.
Così dalla barriera schierata si stacca Mwepu, che corre verso il pallone e lo scaglia il più lontano possibile.
Tutti i giocatori restano straniti, il terzino si becca un giallo tra le risate e le ironie dei brasiliani e degli spettatori.
Anni dopo si capì, che in realtà, c'era ben poco da ridere.
Mobutu, il dittatore dello Zaire, non aveva "gradito" il 9-0 subito contro la Jugoslavia.
Un risultato troppo pesante per l'orgoglio di uno dei tiranni più pericolosi della storia, e prima della gara con il Brasile era arrivata la minaccia alla squadra: "Se perdete per più di 3-0 nessuno tornerà a casa vivo".
Fu proprio Mwepu a confermarlo in un'intervista:
"Eravamo già sul 3-0, fui preso dal panico e calciai il pallone lontano. I brasiliani ridevano, ma non capivano cosa io provassi in quel momento"
Quella punizione "battuta al contrario" non era un gesto comico di un "ignorante" delle regole del calcio, era solo il gesto di un uomo disperato che voleva salvarsi la vita..
Oggi sarebbe il suo compleanno.
Tanti auguri Mwepu