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Subject: [Attualità]
Ma perché necessariamente associare le grandi intuizioni alla pigrizia? Per carità, quella di Bill è una graziosa boutade ma ce lo vedo proprio a fare accomodare fuori il tizio che ha risposto per filo e per segno alla sua domanda per dare il lavoro al tizio che gli risponde "Chee? nn ho capit... pensavo a cose mie"
P.s. un pigro comunque avrebbe lasciato correre il ce diventato c'è . E invece qui si fa la fatica di editare :)
(edited)
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P.s. un pigro comunque avrebbe lasciato correre il ce diventato c'è . E invece qui si fa la fatica di editare :)
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Allora: il pigro che intendi tu è uno che non si applica. Quello che intende coso, con un ragionamento nel quale mi ritrovo, è uno che si applica ma si rifiuta di farlo a prescindere.
Il pigro mette in discussione la premessa, non si tuffa a capofitto pensando poi alla gestione delle risorse.
Il pigro mette in discussione la premessa, non si tuffa a capofitto pensando poi alla gestione delle risorse.
Scene mute agli orali, lettere aperte, boicottaggi, proteste contro i voti. L’estate 2025 verrà ricordata anche per gli “studenti ribelli” e le contestazioni all’esame di Maturità con storie ed episodi a catena, da Nord a Sud dell’Italia. Ma secondo lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet si tratta di proteste fuori tempo massimo: “Oltre ad essere tardi mi sembra anche un modo per salire facilmente agli onori delle cronache. Ma a cosa serve? Domani parleremo di altro e quindi la protesta non sarà servita a niente”, ha spiegato in un’intervista a Il Messaggero.
Lo spunto è la scelta della studentessa di Belluno che qualche giorno fa si è presentata alla Maturità rifiutandosi di sostenere il colloquio orale. Il motivo? Contestare i meccanismi di valutazione, l’eccessiva competitività, la mancanza di empatia dei docenti. Una scelta che Crepet bolla come “ingenua”: “In tanti anni di scuola si è chiesta solo alla fine perché nessuno l’abbia mai ascoltata e capita”. Secondo lo psichiatra si tratta di una protesta fuori tempo massimo che non serve a niente e non è di aiuto a nessuno.
“In 13 anni di scuola, io avrei parlato prima. Se si ha l’intenzione di cambiare le cose”, aggiunge, precisando di essere d’accordo sulle motivazioni addotte: “Avrebbe potuto stanare i suoi docenti e chiedergli: dove vi siete nascosti?”. Crepet ne ha per tutti, anche per la scuola italiana che accusa di non capire i ragazzi, visto che il sistema scolastico non si è mai adeguato.
“Nessuno in classe domanda a questi giovani come stanno. Non esiste lo spazio o il momento giusto per farlo: non è proprio previsto. Con chi dovrebbero parlare questi ragazzi? Non hanno nessuno con cui farlo. Né a scuola né in famiglia. Su questo abbiamo fallito”. Ma c’è un altro ma: per Crepet la protesta non dovrebbe essere contro i voti e la non accettazione di una valutazione è sbagliata perché “non è possibile affrontare la vita con questo atteggiamento. Ci piace tanto Sinner ma poi, quando tocca a noi, i voti non vanno bene”.
Per il sociologo, il tennista è un punto di riferimento da prendere come esempio perché accetta le sconfitte, “quindi la valutazione negativa, e va avanti per cercare di migliorare. Tutte le mattine si sveglia presto per allenarsi: servire un impegno costante. Ma non per vincere: per affrontare le sfide senza paura. Aspettiamo di vedere contro Djokovic e cosa vedremo? Assisteremo a una partita in cui due persone cercano i voti, vogliono i numeri: di certo non ne hanno paura. E sanno bene che uno dei due perderà, la valutazione non è sempre positiva ma questa è la vita”.
Insomma, i ragazzi “devono abituarsi ai voti che ti dà la vita”, imparare ad accettare qualsiasi tipo di valutazione (anche il “non classificato”) senza farne una tragedia. “E quando perdiamo andiamo avanti. Così si impara: nella vita bisogna saper fare le cose, qualunque lavoro si faccia. E quando si vuole protestare bisogna trovare qualcuno che ascolti”. Purché non fuori tempo massimo: “Abbiamo tutti il diritto di essere ascoltati. Vuoi dire qualcosa? Dilla, prenditi lo spazio con decisione. Ma fallo durante il percorso, non alla fine”.
Lo spunto è la scelta della studentessa di Belluno che qualche giorno fa si è presentata alla Maturità rifiutandosi di sostenere il colloquio orale. Il motivo? Contestare i meccanismi di valutazione, l’eccessiva competitività, la mancanza di empatia dei docenti. Una scelta che Crepet bolla come “ingenua”: “In tanti anni di scuola si è chiesta solo alla fine perché nessuno l’abbia mai ascoltata e capita”. Secondo lo psichiatra si tratta di una protesta fuori tempo massimo che non serve a niente e non è di aiuto a nessuno.
“In 13 anni di scuola, io avrei parlato prima. Se si ha l’intenzione di cambiare le cose”, aggiunge, precisando di essere d’accordo sulle motivazioni addotte: “Avrebbe potuto stanare i suoi docenti e chiedergli: dove vi siete nascosti?”. Crepet ne ha per tutti, anche per la scuola italiana che accusa di non capire i ragazzi, visto che il sistema scolastico non si è mai adeguato.
“Nessuno in classe domanda a questi giovani come stanno. Non esiste lo spazio o il momento giusto per farlo: non è proprio previsto. Con chi dovrebbero parlare questi ragazzi? Non hanno nessuno con cui farlo. Né a scuola né in famiglia. Su questo abbiamo fallito”. Ma c’è un altro ma: per Crepet la protesta non dovrebbe essere contro i voti e la non accettazione di una valutazione è sbagliata perché “non è possibile affrontare la vita con questo atteggiamento. Ci piace tanto Sinner ma poi, quando tocca a noi, i voti non vanno bene”.
Per il sociologo, il tennista è un punto di riferimento da prendere come esempio perché accetta le sconfitte, “quindi la valutazione negativa, e va avanti per cercare di migliorare. Tutte le mattine si sveglia presto per allenarsi: servire un impegno costante. Ma non per vincere: per affrontare le sfide senza paura. Aspettiamo di vedere contro Djokovic e cosa vedremo? Assisteremo a una partita in cui due persone cercano i voti, vogliono i numeri: di certo non ne hanno paura. E sanno bene che uno dei due perderà, la valutazione non è sempre positiva ma questa è la vita”.
Insomma, i ragazzi “devono abituarsi ai voti che ti dà la vita”, imparare ad accettare qualsiasi tipo di valutazione (anche il “non classificato”) senza farne una tragedia. “E quando perdiamo andiamo avanti. Così si impara: nella vita bisogna saper fare le cose, qualunque lavoro si faccia. E quando si vuole protestare bisogna trovare qualcuno che ascolti”. Purché non fuori tempo massimo: “Abbiamo tutti il diritto di essere ascoltati. Vuoi dire qualcosa? Dilla, prenditi lo spazio con decisione. Ma fallo durante il percorso, non alla fine”.
Per carità, quella di Bill è una graziosa boutade
No, non era una boutade, ma una realtá: ha ripreso il detto da Frank B. Gilbreth Sr che lo notó osservando i muratori
Gilbreth studied the methods of various bricklayers — the poor workmen and the best ones, and he stumbled upon an astonishing fact of great importance and significance. He found that he could learn most from the lazy man!
Most of the chance improvements in human motions that eliminate unnecessary movement and reduce fatigue have been hit upon, Gilbreth thinks, by men who were lazy — so lazy that every needless step counted.
https://john-thrale.medium.com/frank-gilbreth-therblig-inventor-lazy-man-advocate-and-visualization-pioneer-5ff148a7dc0b
No, non era una boutade, ma una realtá: ha ripreso il detto da Frank B. Gilbreth Sr che lo notó osservando i muratori
Gilbreth studied the methods of various bricklayers — the poor workmen and the best ones, and he stumbled upon an astonishing fact of great importance and significance. He found that he could learn most from the lazy man!
Most of the chance improvements in human motions that eliminate unnecessary movement and reduce fatigue have been hit upon, Gilbreth thinks, by men who were lazy — so lazy that every needless step counted.
https://john-thrale.medium.com/frank-gilbreth-therblig-inventor-lazy-man-advocate-and-visualization-pioneer-5ff148a7dc0b
Scusa eh, ma non è il pigro che intendo io è il significato della parola "pigro":
Pigro: Di persona che, per natura, rifugge dalla fatica, dallo sforzo, dall’impegno fisico o intellettuale, e dall’azione in genere, o che agisce e opera con lentezza e senza entusiasmo
Chi si applica ma si rifiuta di farlo a prescindere... mette in discussione la premessa, non si tuffa a capofitto pensando poi alla gestione delle risorse non lo definirei certo un pigro; e, prima di questi post, credo che nessuno avrebbe associato "pigro" a definire quei comportamenti.
Definizioni che ci sarebbero venute in mente prima di pigro secondo mio cugino:
Ingegnoso
Indica chi trova soluzioni originali e pratiche ai problemi, spesso con creatività e intelligenza.
Innovativo
Chi introduce novità nel modo di lavorare, sperimentando soluzioni nuove.
Efficiente
Chi punta a ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo o risorse.
Creativo
Chi usa fantasia e inventiva per trovare approcci alternativi.
Pragmatico
Chi si concentra sull’efficacia e sulla praticità delle soluzioni.
Ottimizzatore
Chi cerca sempre di migliorare processi e risultati.
Problem solver
Espressione inglese molto usata, indica chi è abile a risolvere problemi in modo efficace e spesso non convenzionale.
Pigro: Di persona che, per natura, rifugge dalla fatica, dallo sforzo, dall’impegno fisico o intellettuale, e dall’azione in genere, o che agisce e opera con lentezza e senza entusiasmo
Chi si applica ma si rifiuta di farlo a prescindere... mette in discussione la premessa, non si tuffa a capofitto pensando poi alla gestione delle risorse non lo definirei certo un pigro; e, prima di questi post, credo che nessuno avrebbe associato "pigro" a definire quei comportamenti.
Definizioni che ci sarebbero venute in mente prima di pigro secondo mio cugino:
Ingegnoso
Indica chi trova soluzioni originali e pratiche ai problemi, spesso con creatività e intelligenza.
Innovativo
Chi introduce novità nel modo di lavorare, sperimentando soluzioni nuove.
Efficiente
Chi punta a ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo o risorse.
Creativo
Chi usa fantasia e inventiva per trovare approcci alternativi.
Pragmatico
Chi si concentra sull’efficacia e sulla praticità delle soluzioni.
Ottimizzatore
Chi cerca sempre di migliorare processi e risultati.
Problem solver
Espressione inglese molto usata, indica chi è abile a risolvere problemi in modo efficace e spesso non convenzionale.
Ah beh, se l'ha detta lui (cosa che l'articolo stesso mette in dubbio) senz'altro aderirei... purtroppo sono pigro e quindi non accetto l'autorità e l'autorevolezza secondo questa nuova e straordinaria accezione della parola che, a quanto pare, è adesso in grado di descrivere ogni tipo umano ragguardevole mai venuto al mondo :)
Di persona che, per natura, rifugge dalla fatica
La premessa per la ricerca della soluzione alternativa.
Sento già la contestazione successiva: l'impegno fisico e mentale. Ma questo non significa qualcosa di diverso da ciò che ho scritto. Rifuggire l'impegno fisico e mentale significa non accettare *una modalità* di impiego di risorse, ovvero quella proposta. Quella attesa.
La premessa per la ricerca della soluzione alternativa.
Sento già la contestazione successiva: l'impegno fisico e mentale. Ma questo non significa qualcosa di diverso da ciò che ho scritto. Rifuggire l'impegno fisico e mentale significa non accettare *una modalità* di impiego di risorse, ovvero quella proposta. Quella attesa.
secondo me la discussione su pigro è fuorviante.
Il punto è che il progresso lo produce chi non accetta passivamente la situazione.
La motivazione può essere perchè gli pare ingiusta o perchè gli tocca una fatica che non vuole fare ( o mille altre), ma quella è "solo" la motivazione per cui decide di scegliere una strada alternativa.
Per scegliere di provare una strada alternativa non basta avere una motivazione, ci vuole anche molto altro.
Ecco queste persone cambiano il mondo mentre gli altri zappano la terra altrui.
(edited)
Il punto è che il progresso lo produce chi non accetta passivamente la situazione.
La motivazione può essere perchè gli pare ingiusta o perchè gli tocca una fatica che non vuole fare ( o mille altre), ma quella è "solo" la motivazione per cui decide di scegliere una strada alternativa.
Per scegliere di provare una strada alternativa non basta avere una motivazione, ci vuole anche molto altro.
Ecco queste persone cambiano il mondo mentre gli altri zappano la terra altrui.
(edited)
secondo me la discussione su pigro è fuorviante
Ma infatti, basterebbe dire che nel mazzo dei pigri ci sono persone d'ingegno e sarebbe tutto tranquillo; invece no, bisogna dire che il mazzo dei pigri ha tutti assi
Ma infatti, basterebbe dire che nel mazzo dei pigri ci sono persone d'ingegno e sarebbe tutto tranquillo; invece no, bisogna dire che il mazzo dei pigri ha tutti assi
Il punto è che il progresso lo produce chi non accetta passivamente la situazione.
Si, ma tra non accettare passivamente e non rispettare regole basilari di un "contratto" che hai firmato ce ne passa
Per prendere il diploma (lo sai da quando ti iscrivi volontariamente a una scuola superiore) devi sostenere un esame di stato finale. Non vuoi fare l'esame? Accetti di non prendere il diploma. E' una libera scelta.
Capisci che siamo in loop su un concetto base?
Si, ma tra non accettare passivamente e non rispettare regole basilari di un "contratto" che hai firmato ce ne passa
Per prendere il diploma (lo sai da quando ti iscrivi volontariamente a una scuola superiore) devi sostenere un esame di stato finale. Non vuoi fare l'esame? Accetti di non prendere il diploma. E' una libera scelta.
Capisci che siamo in loop su un concetto base?
Si ma tu contesti a degli studendi che hanno rispettato le regole di non averlo fatto.
Quelle che non sono state rispettate sono le aspettative di qualcuno.
Quelle che non sono state rispettate sono le aspettative di qualcuno.
Si ma tu contesti a degli studendi che hanno rispettato le regole di non averlo fatto.
scusa, a me sembra il contrario. NON hanno rispettato le regole perchè NON hanno fatto l'esame di stato. E sono stati promossi. Quindi è l'opposto della tua frase di sopra.
in cosa avrebbero pagato per non aver fatto l'esame? in un voto più basso? evidentemente sono soggetti reietti a cui non frega na mazza del voto
Per me se non fai l'esame non prendi il diploma.
Conditio sine qua non
(edited)
scusa, a me sembra il contrario. NON hanno rispettato le regole perchè NON hanno fatto l'esame di stato. E sono stati promossi. Quindi è l'opposto della tua frase di sopra.
in cosa avrebbero pagato per non aver fatto l'esame? in un voto più basso? evidentemente sono soggetti reietti a cui non frega na mazza del voto
Per me se non fai l'esame non prendi il diploma.
Conditio sine qua non
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secondo me la fai tragica Karlà, questi non sono altro che la massima espressione della cultura italian, il paraculismo acuto ... sanno che sono promossi, ottengono pubblicità, ma ci fanno delle stories e ci fanno pure i soldi ... non è nient'altro che quello che vedono in giro ... ottenere il massimo con il minimo sforzo ... che non so se si può definire pigro ... ma gran paraculo si ..
scusa, a me sembra il contrario. NON hanno rispettato le regole perchè NON hanno fatto l'esame di stato
hanno fatto l'esame scritto e la regola prevede che, raggiunto quel punteggio, anche se prendi ZERO all'orale sei passato.
quindi quale regola hanno violato?
Qui non si deve usare nessun "per me".. infatti sono stati promossi.
Inoltre faccio (terza volta) notare che hanno pagato per la loro scelta (punteggio di diploma inferiore).
Davvero fatico a capire che cosa si contesta in fatto di "regole".
Le tue sono aspettative.
hanno fatto l'esame scritto e la regola prevede che, raggiunto quel punteggio, anche se prendi ZERO all'orale sei passato.
quindi quale regola hanno violato?
Qui non si deve usare nessun "per me".. infatti sono stati promossi.
Inoltre faccio (terza volta) notare che hanno pagato per la loro scelta (punteggio di diploma inferiore).
Davvero fatico a capire che cosa si contesta in fatto di "regole".
Le tue sono aspettative.
La lettera di un docente precario a Fanpage.it
Gentile Ministro Valditara,
ho letto con attenzione le sue parole in merito al gesto dei due studenti che, in forma di protesta pacifica e consapevole, hanno deciso di non presentarsi all’orale dell’Esame di Stato per contestare il carattere competitivo e performativo del sistema scolastico. Lei ha definito il loro gesto “inaccettabile” e ha dichiarato che “chi si comporterà così, verrà bocciato”. Eppure, mi chiedo: è davvero questa la risposta educativa che uno Stato dovrebbe offrire a chi esprime un disagio profondo, non con rabbia o violenza, ma con una scelta pensata e simbolica?
La scuola non è solo luogo di valutazione: è — o dovrebbe essere — luogo di ascolto, dialogo, formazione del pensiero critico. Mi chiedo se, davanti a una generazione sempre più disillusa, fragile e spesso invisibile agli occhi degli adulti se non per casi di cronaca drammatici, sia pedagogicamente accettabile rispondere con una minaccia.
Don Milani, che in molte scuole italiane viene ancora oggi celebrato come simbolo di un’educazione inclusiva e non selettiva, scriveva: “La scuola siede tra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. Perciò deve essere insieme conservatrice e innovatrice.”
Oggi, quegli studenti hanno portato un pezzo di futuro. Si può essere d’accordo o meno con le modalità, ma non si può fingere di non vedere la domanda radicale che pongono: “Che scuola vogliamo?”
Paulo Freire, nella “Pedagogia degli oppressi”, ci ricorda che: “L’educazione è un atto d’amore, per questo è un atto di coraggio.” Punire chi osa contestare non è coraggioso. È comodo. È molto più difficile — ma infinitamente più educativo — fermarsi ad ascoltare, fare domande, interrogare sé stessi prima degli altri.
D’altronde, gli stessi corsi di aggiornamento che noi docenti siamo tenuti a frequentare (sotto il suo Ministero), parlano continuamente dell’importanza dell’empatia, del clima scolastico, della motivazione intrinseca, della centralità dello studente. E allora mi chiedo: vale solo finché gli studenti si adeguano? O quei principi valgono anche — e soprattutto — quando uno studente ci mette in discussione? Scrivo queste righe da insegnante precario da dieci anni, oltre che da poeta.
In dieci anni ho cambiato scuola ogni anno, come accade a tutti noi precari. Questo mi ha dato — e mi dà — un’ampiezza di sguardo concreta e vissuta sul disagio giovanile: ho incontrato centinaia di classi, migliaia di studenti, dalle periferie urbane ai licei del centro. Le loro paure, i loro silenzi, le loro richieste non dette, io le ho ascoltate ogni giorno tra i corridoi, nei colloqui con i genitori, negli sguardi persi dei nostri studenti.
Non parlo dall’alto di una cattedra o dal chiuso di un ufficio. Parlo da dentro. E se oggi alzo parlo, è perché il mio punto di vista merita rispetto e ascolto tanto quanto quello di un ministro. Non si educa con il bastone, Ministro. Non si educa con la bocciatura come minaccia. Si educa con l’ascolto, anche quando fa tremare le nostre certezze. Si educa con la presenza, anche quando lo studente sceglie l’assenza. Si educa con il dubbio, anche quando ci viene più facile affermare l’autorità.
Se due ragazzi si sono rifiutati di sostenere l’orale per dire che non si sentono a casa in questa scuola, allora forse il vero esame è il nostro. E a differenza sua non ho la certezza di non star fallendo la mia missione educativa se mi impone di bocciare uno studente che esprime democraticamente e civilmente il suo dissenso pagando già il prezzo di una valutazione finale penalizzata.
Con rispetto, ma senza paura, un insegnante precario, Davide Volpe
Ps Sti prof poeti hanno rotto er cazzo!
(edited)
Gentile Ministro Valditara,
ho letto con attenzione le sue parole in merito al gesto dei due studenti che, in forma di protesta pacifica e consapevole, hanno deciso di non presentarsi all’orale dell’Esame di Stato per contestare il carattere competitivo e performativo del sistema scolastico. Lei ha definito il loro gesto “inaccettabile” e ha dichiarato che “chi si comporterà così, verrà bocciato”. Eppure, mi chiedo: è davvero questa la risposta educativa che uno Stato dovrebbe offrire a chi esprime un disagio profondo, non con rabbia o violenza, ma con una scelta pensata e simbolica?
La scuola non è solo luogo di valutazione: è — o dovrebbe essere — luogo di ascolto, dialogo, formazione del pensiero critico. Mi chiedo se, davanti a una generazione sempre più disillusa, fragile e spesso invisibile agli occhi degli adulti se non per casi di cronaca drammatici, sia pedagogicamente accettabile rispondere con una minaccia.
Don Milani, che in molte scuole italiane viene ancora oggi celebrato come simbolo di un’educazione inclusiva e non selettiva, scriveva: “La scuola siede tra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. Perciò deve essere insieme conservatrice e innovatrice.”
Oggi, quegli studenti hanno portato un pezzo di futuro. Si può essere d’accordo o meno con le modalità, ma non si può fingere di non vedere la domanda radicale che pongono: “Che scuola vogliamo?”
Paulo Freire, nella “Pedagogia degli oppressi”, ci ricorda che: “L’educazione è un atto d’amore, per questo è un atto di coraggio.” Punire chi osa contestare non è coraggioso. È comodo. È molto più difficile — ma infinitamente più educativo — fermarsi ad ascoltare, fare domande, interrogare sé stessi prima degli altri.
D’altronde, gli stessi corsi di aggiornamento che noi docenti siamo tenuti a frequentare (sotto il suo Ministero), parlano continuamente dell’importanza dell’empatia, del clima scolastico, della motivazione intrinseca, della centralità dello studente. E allora mi chiedo: vale solo finché gli studenti si adeguano? O quei principi valgono anche — e soprattutto — quando uno studente ci mette in discussione? Scrivo queste righe da insegnante precario da dieci anni, oltre che da poeta.
In dieci anni ho cambiato scuola ogni anno, come accade a tutti noi precari. Questo mi ha dato — e mi dà — un’ampiezza di sguardo concreta e vissuta sul disagio giovanile: ho incontrato centinaia di classi, migliaia di studenti, dalle periferie urbane ai licei del centro. Le loro paure, i loro silenzi, le loro richieste non dette, io le ho ascoltate ogni giorno tra i corridoi, nei colloqui con i genitori, negli sguardi persi dei nostri studenti.
Non parlo dall’alto di una cattedra o dal chiuso di un ufficio. Parlo da dentro. E se oggi alzo parlo, è perché il mio punto di vista merita rispetto e ascolto tanto quanto quello di un ministro. Non si educa con il bastone, Ministro. Non si educa con la bocciatura come minaccia. Si educa con l’ascolto, anche quando fa tremare le nostre certezze. Si educa con la presenza, anche quando lo studente sceglie l’assenza. Si educa con il dubbio, anche quando ci viene più facile affermare l’autorità.
Se due ragazzi si sono rifiutati di sostenere l’orale per dire che non si sentono a casa in questa scuola, allora forse il vero esame è il nostro. E a differenza sua non ho la certezza di non star fallendo la mia missione educativa se mi impone di bocciare uno studente che esprime democraticamente e civilmente il suo dissenso pagando già il prezzo di una valutazione finale penalizzata.
Con rispetto, ma senza paura, un insegnante precario, Davide Volpe
Ps Sti prof poeti hanno rotto er cazzo!
(edited)
La scuola non è solo luogo di valutazione: è — o dovrebbe essere — luogo di ascolto, dialogo, formazione del pensiero critico.
Ma anche no.. forse di pensiero critico, ma non di ascolto e dialogo.
“L’educazione è un atto d’amore, per questo è un atto di coraggio.”
La scuola deve ISTRUIRE, non educare.
Il messaggio può anche essere accettabile, ma non si spiega PERCHE' a noi dovrebbe fregare qualcosa di un paio di illusi su centinaia di migliaia di maturandi.
E soprattutto cosa c'è di corretto nelle loro rivendicazioni.
In ogni caso la mia opinione è contraria a quella degli studenti che hanno manifestato malcontento. Gli esami servono e il disagio che provocano è forse troppo poco.
Ma anche no.. forse di pensiero critico, ma non di ascolto e dialogo.
“L’educazione è un atto d’amore, per questo è un atto di coraggio.”
La scuola deve ISTRUIRE, non educare.
Il messaggio può anche essere accettabile, ma non si spiega PERCHE' a noi dovrebbe fregare qualcosa di un paio di illusi su centinaia di migliaia di maturandi.
E soprattutto cosa c'è di corretto nelle loro rivendicazioni.
In ogni caso la mia opinione è contraria a quella degli studenti che hanno manifestato malcontento. Gli esami servono e il disagio che provocano è forse troppo poco.