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Subject: una storia ai confini tra fantasia e rea

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2007-11-01 15:20:15
sto rileggendo Gomorra, un libro che consiglio a chi voglia sapere di piu' sulla camorra e sulla mentalita' camorristica, verita' agghiccianti vengono descritte con scrupolo da chi si vive la camorra sulla propria pelle

ecco uno stralcio del libro, una storia nella storia, il racconto dell'ascesa criminale di due ragazzini che vivono la realta' immersi nell'enfasi fantastica di opere cinematografiche che hanno la violenza criminale come elemento principale (in questo caso Tornatore e Tarantino)


A Napoli non è complicato comprendere quanto il film II camorrista di Giuseppe Tornatore sia in assoluto il film che più di ogni altro ha marchiato l'immaginario. Basta ascoltare le battute delle persone, sempre le stesse da anni.
«Dicitancello 'o professore che nun l'aggio tradito.»
«Io so bene chi è lui, ma so pure chi sono io!»
«'O Malacarne è nu guappo 'e cartone!»
«Chi ti manda?»
«Mi manda chi a vita va po' ddà e va po' pure llevà!»
La musica del film è diventata una sorta di colonna sonora della camorra, fischiettata quando passa un capozona, o spesso solo per far inquietare qualche negoziante. Ma il film è arrivato persino nelle discoteche dove si ballano ben tre versioni mixate delle più celebri frasi del boss Raffaele Cutolo, pronunciate nel film da Ben Gazzarra.
In maniera mnemonica ripetevano mimando tra loro i dialoghi de II camorrista anche due ragazzini di Casal di Principe, Giuseppe M. e Romeo P. Facevano vere e proprie scenette tratte dal film:
«Quanto pesa un picciotto? Quanto una piuma al vento.» Non avevano ancora la patente quando iniziarono a assediare le comitive di coetanei di Casale e San Cipriano d'Aversa. Non ce l'avevano perché nessuno dei due aveva diciotto anni. Erano due bulli. Spacconi, buffoni, mangiavano lasciando come mancia il doppio del conto. Camicia aperta sul petto con pochi peli, una camminata declamata ad alta voce, come se ogni passo dovesse essere rivendicato. Mento alto, un'ostentazione di sicurezza e potere, reali solo nella mente dei due. Giravano sempre in coppia. Giuseppe faceva il boss, sempre un passo avanti rispetto al compare. Romeo faceva il suo guardiaspalle, la parte del braccio destro, l'uomo fedele. Spesso Giuseppe lo chiamava Donnie, come Donnie Brasco. Anche se era un poliziotto infiltrato, il fatto che diventi un mafioso vero, nell'anima, lo salva, agli occhi degli ammiratori da questo peccato originale. Ad Aversa facevano tremare i neopatentati. Preferivano le coppiette, tamponavano l'auto con il motorino, e quando scendevano per raccogliere i dati per l'assicurazione, uno dei due si avvicinava alla ragazza, le sputava in faccia e aspettavano che il fidanzato reagisse per poterlo pestare a sangue. I due sfidavano però anche gli adulti, anche quelli che contavano davvero. Andavano nelle loro zone d'influenza e facevano ciò che volevano. Provenivano da Casal di Principe e nell'immaginario questo bastava. Volevano far capire che erano davvero persone temibili e da rispettare, chiunque si avvicinava loro doveva fissare i propri piedi e non trovare neanche il coraggio di guardarli in faccia. Un giorno però alzarono troppo il tiro della loro spacconeria. Scesero in strada con una mitraglietta, racimolata chissà in quale armeria dei clan, e si presentarono dinanzi a un gruppetto di ragazzi. Dovevano essersi addestrati bene perché spararono contro il gruppetto curandosi di non colpire nessuno, ma solo di far sentire il puzzo della polvere da sparo e il sibilare dei proiettili. Prima di sparare però uno dei due aveva recitato qualcosa. Nessuno aveva capito cosa blaterava, ma un testimone aveva detto che gli sembrava la Bibbia, e aveva ipotizzato che i ragazzini stessero preparandosi alla cresima. Ma smozzicando un po' di frasi era evidente che non era un brano da cresima. Era la Bibbia, in effetti, appresa non dal catechismo, ma da Quentin Tarantino. Era il brano pronunciato da Jules Winnfield in Pulp Fiction prima di ammazzare il ragazzotto che aveva fatto sparire la preziosissima valigetta di Marcellus Wallace:
Ezechiele 25,17. Il cammino dell'uomo timorato è minacciato da ogni parte dall'iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli
attraverso la valle delle tenebre perché egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti e la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare e distruggere i miei fratelli e tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te. ■--,;.•-
Giuseppe e Romeo la ripetevano come nel film, e poi sparavano. Giuseppe aveva un padre camorrista, prima pentito, poi nuovamente rientrato nell'organizzazione di Quadrano-De Falco sconfitta dagli Schiavone. Un perdente quindi. Ma aveva pensato che recitando la parte giusta, il film della sua vita forse poteva cambiare. I due conoscevano a memoria le battute, le parti salienti di ogni film criminale. La maggior parte delle volte picchiavano per uno sguardo. Nelle terre di camorra lo sguardo è parte di territorio, è come un'invasione nelle proprie stanze, come sfondare la porta di casa di qualcuno ed entrare con violenza. Uno sguardo è persino qualcosa in più di un insulto. Attardarsi a fissare il viso di qualcuno è già in qualche modo un'aperta sfida:
«Ehi, ce l'hai con me? No, dico, ce l'hai con me?»
E dopo il famoso monologo di Taxi Driver partivano gli schiaffi e i pugni sullo sterno, quelli che rimbombano nella cassa toracica e si sentono anche a parecchia distanza.
I boss Casalesi presero seriamente in considerazione il problema di questi due ragazzini. Risse, alterchi, minacce, non erano facilmente tollerati: troppe madri nervose, troppe denunce. Così li fanno "avvertire" da qualche capozona che gli fa una sorta di richiamo all'ordine. Li raggiunge al bar e dice che stanno facendo perdere la pazienza ai capi. Ma Giuseppe e Romeo continuano il loro film immaginario, picchiano chi vogliono, pisciano nei serbatoi delle moto dei ragazzi del paese. Una seconda volta li "mandano a chiamare". I boss vogliono parlare direttamente con loro, il clan non può sopportare più questi atteggiamenti in paese, la tolleranza paternalistica, solita in questi territori, si muta in dovere di punizione, e così un "mazziatone" devono averlo, una violenta sculacciata pubblica per farli rigare dritto. Loro snobbano l'invito, continuano a stare al bar stravaccati, attaccati ai videopoker, i pomeriggi incollati davanti alla televisione a vedere i dvd dei loro film, ore passate a imparare a memoria frasi e posture, modi di dire e scarpe da indossare. I due credono di potere tener testa a chiunque. Anche a chi conta. Anzi sentono che proprio tenendo testa a chi conta davvero potranno divenire realmente temuti. Senza porsi limite alcuno, come Tony e Manny in Scarface. Non mediano con nessuno, continuano le loro scorribande, le loro intimidazioni, lentamente sembrano diventare i viceré del casertano. I due ragazzini non avevano scelto di entrare nel clan. Non ci tentavano neanche. Era un percorso troppo lento e disciplinato, una gavetta silenziosa che non volevano fare. Da anni poi i Casalesi inserivano quelli che valevano veramente nei settori economici dell'organizzazione, e non certo nella struttura militare. Giuseppe e Romeo erano in completa antitesi con la figura del nuovo soldato di camorra. Si sentivano capaci di cavalcare l'onda della peggior fama dei loro paesi. Non erano affiliati, ma volevano godere dei privilegi dei camorristi. Pretendevano che i bar li servissero gratuitamente, la benzina per i loro motorini era un dazio dovuto, le loro madri dovevano avere la spesa pagata, e quando qualcuno osava ribellarsi arrivavano subito sfasciando vetri, tirando schiaffi a fruttivendoli e commesse. Nella primavera del 2004 così alcuni emissari del clan gli danno appuntamento alla periferia di Castelvolturno, zona Parco Mare. Un territorio di sabbia, mare e spazzatura, tutto mischiato. Forse una proposta allettante, qualche affare o addirittura la partecipazione a un agguato. Il primo vero agguato della loro vita. Se non erano riusciti a coinvolgerli con le cattive, i boss tentarono di incontrarli con qualche buona proposta. Me li immaginavo sui motorini tirati al massimo, ripassarsi i passaggi salienti dei film, i momenti in cui quelli che contano devono piegarsi all'ostinazione dei nuovi eroi. Come i giovani spartani andavano in guerra con in mente le gesta di Achille ed Ettore, in queste terre si va ad ammazzare e farsi ammazzare con in mente Scarface, Quei bravi ragazzi, Donnie Brusco, Il Padrino. Ogni volta che mi capita di passare per Parco Mare, immagino la scena che hanno raccontato i giornali, che hanno ricostruito i poliziotti. Giuseppe e Romeo arrivarono con i motorini, molto in anticipo rispetto all'orario stabilito. Infuocati dall'ansia. Erano lì ad attendere l'auto. Scese un gruppo di persone. I due ragazzini gli andarono incontro per salutarli, ma immediatamente, bloccarono Romeo e iniziarono a pestare Giuseppe. Poi poggiando la canna di un'automatica al petto, fecero fuoco. Sono certo che Romeo avrà visto dinanzi a sé la scena di Quei bravi ragazzi quando Tommy De Vito viene invitato a sedere nella dirigenza di Cosa Nostra in America, e invece di accoglierlo in una sala con tutti i boss lo portano in una stanza vuota e gli sparano alla testa. Non è vero che il cinema è menzogna, non è vero che non si può vivere come nei film e non è vero che ti accorgi mettendo la testa fuori dallo schermo che le cose sono diverse. C'è un momento solo che è diverso, il momento in cui Al Pacino si alzerà dalla fontana in cui i colpi di mitra hanno fatto cascare la sua controfigura, e si asciugherà il viso pulendosi dal colore del sangue, Joe Pesci si laverà i capelli e farà cessare la finta emorragia. Ma questo non ti interessa saperlo, e quindi non lo comprendi. Quando Romeo vide Giuseppe per terra, sono sicuro di una certezza che non potrà mai avere alcun tipo di conferma, che comprese l'esatta differenza tra cinema e realtà, tra costruzione scenografica e il puzzo dell'aria, tra la propria vita e una sceneggiatura. Venne il suo turno. Gli spararono alla gola e lo finirono con un colpo alla testa. Sommando la loro età raggiungevano a stento trent'anni. Il clan dei Casalesi così aveva risolto quest'escrescenza microcriminale alimentata dal cinema. Non chiamarono neanche anonimamente la polizia o un'ambulanza. Lasciarono che le mani dei cadaveri dei ragazzini fossero beccate dai gabbiani e le labbra e i nasi mangiucchiati dai randagi che circolavano sulle spiagge di spazzatura. Ma questo i film non lo raccontano, si fermano un attimo prima.
Non c'è una reale differenza tra gli spettatori dei film in terra di camorra e qualsiasi altro spettatore. Ovunque i riferimenti cinematografici sono seguiti come mitologie d'imitazione. Se altrove ti può piacere Scarface e puoi sentirti come lui in cuor tuo, qui puoi essere Scarface, però ti tocca esserlo fino in fondo.

(edited)
2007-11-02 06:55:41
casertano, casale.

ma porca vacca è da dove viene la mia ragazza -.-'''

cmq inquietante, ed è inquietante il fatto che accadono ste cose...
2007-11-02 12:35:14
gran libro ... veramente una gran bella inchiesta ... un'po romanzata (parere mio)... ma fatta benissimo ... a tratti mi è sembrato di stare a Scampia ...

Imho questo un libro potrà entrare nella storia della letteratura italiana
2007-11-02 17:26:10
perche' romanzata?
io ci vedo la descrizione, la cronaca di avvenimenti crudi

ecco un'altro stralcio crudissimo del lavoro di Saviano, fantasia? romanzo? io ci vedo solo la realta'

fu una telefonata in piena notte che mi avvertì dell'accaduto. Arrivato sul luogo, trovai una macchina completamente bruciata. L'avevano cosparsa di benzina. Litri di benzina, Ovunque. Benzina sui sedili anteriori, benzina su quelli posteriori, benzina sulle gomme, sul volante. Le fiamme erano già consumate, i vetri esplosi, quando sono arrivati i pompieri. Non so bene perché mi sono precipitato davanti a quella carcassa d'auto. C'era un puzzo terribile, di plastica bruciata. Poche persone d'intorno, un vigile urbano con una torcia guarda dentro le lamiere. C'è un corpo, o qualcosa che gli somiglia. I pompieri aprono le portiere prendendo il cadavere, hanno una smorfia di disgusto. Un carabiniere si sente male, appoggiandosi al muro vomita la pasta e patate mangiata poche ore prima. Il corpo era solo un tronco irrigidito, tutto nero, il volto solo un teschio annerito, le gambe scuoiate dalle fiamme. Presero il corpo per le braccia e lo posarono a terra aspettando la macchina mortuaria.



e ancora una cronaca crudissima

Un corpo martoriato, torturato, sfigurato in modo talmente atroce che sembrava impossibile si potesse conciare così un corpo. Una mina fatta inghiottire a qualcuno e poi esplosa nello stomaco avrebbe fatto meno scempio. Il corpo era di Edoardo La Monica, ma non si distinguevano più i lineamenti. La faccia aveva soltanto le labbra, il resto era tutto sfondato. Il corpo pieno zeppo di buchi era ovunque incrostato di sangue. L'avevano legato e poi con una mazza chiodata seviziato lentamente, per ore. Ógni botta sul corpo era un foro, botte che non rompevano solo le ossa ma foravano la carne, chiodi che entravano e uscivano. Gli avevano tagliato le orecchie, mozzato la lingua, spaccato i polsi, cavato gli occhi con un cacciavite, da vivo, da sveglio, da cosciente. E poi per ucciderlo gli avevano sfondato la faccia con un martello e con un coltello inciso una croce sulle labbra. Il corpo doveva finire nella spazzatura per farlo ritrovare marcio, tra la monnezza in una discarica. Il messaggio scritto sulla carne viene da tutti decifrato con chiarezza, anche se non vi sono altre prove che quella tortura. Tagliate le orecchie con cui hai sentito dove il boss era nascosto, spezzati i polsi con cui hai mosso le mani per ricevere i soldi, cavati gli occhi con cui hai visto, tagliata la lingua con la quale hai parlato. La faccia sfondata che hai perso dinanzi al Sistema facendo quello che hai fatto. Sigillate le labbra con la croce: chiuse per sempre dalla fede che hai tradito
(edited)
2007-11-02 17:53:36
questo lo conosci?

Nel ventesimo anniversario dell’uccisione di Giancarlo Siani

Il cammino verso la legalità è fatto soprattutto di conoscenza: tutto ciò che non viene detto, che viene sottaciuto, che viene silenziosamente accettato non fa che accrescere la forza delle violenze e dei sistemi illegali, dai quali i giovani rischiano ogni giorno, complice l’ignoranza ed il silenzio, di essere adescati.

“Per sconfiggere la mafia occorre un esercito. Un esercito di insegnanti”, diceva lo scrittore Gesualdo Bufalino. Ed insegnare, far conoscere, avere il coraggio di non tacere è probabilmente, se non l’unica, una delle migliori vie per cercare di sconfiggere, prima che nasca, la seduzione dell’illegalità.

LADRIDISOGNI, testo originale di Vincenzo de Falco e Peppe Celentano, è uno spettacolo, rivolto ai giovani ma non solo, che si prefigge l’obbiettivo di far conoscere e riconoscere quegli orrori che sono parte della nostra storia recente e remota, del nostro quotidiano, ma che troppo spesso finiscono per essere rapidamente dimenticati, assorbiti da contingenze più attraenti e più telegeniche.

LADRIDISOGNI ripercorre la storia della camorra in maniera non didascalica, partendo dalle sue origini, dalle collusioni tra la camorra e lo Stato, attraverso il racconto svolto da un misterioso “custode dei sogni” ed un altrettanto misterioso giornalista-professore, che avrà la possibilità di intervistare i piccoli ed involontari eroi, gli inconsapevoli martiri della barbarie organizzata, persone qualunque – una mamma, un prete, un ragazzo di periferia, un’adolescente di Forcella – che avrebbero certamente voluto continuare a vivere, e a far vivere i loro sogni.

LADRIDISOGNI è uno spettacolo che – alternando momenti di commozione a momenti più leggeri, con l’accompagnamento di musiche ed immagini – cerca di passare il testimone della consapevolezza agli uomini e alle donne di domani, con la fondata speranza che i sogni di cui sono stati derubati i protagonisti dello spettacolo possano essere riportati in vita dai destinatari del messaggio.
2007-11-02 18:19:24
conosco Siani, so chi era e perche' e' morto
un eroe dei giorni nostri

LADRIDISOGNI non lo conosco, deve essere interessante, grazie per avermelo indicato, se posso non manchero' di assistere ad uno spettacolo
intervista a Roberto Saviano

1a parte
2a parte
3a parte
4a parte
5a parte
2007-11-03 02:12:41
crudo e violento e purtroppo così reale O_o
Ho metà famiglia san ciprianese.. tutta la parte di mamma... :\ e il fatto che dire di essere di s. cipriano mette timore è vero... :\
2007-11-03 14:59:25
Letto tutto un paio di mesi fa prendendo spunto da qualche discussione letta in questo forum. Beh una lettura davvero interessante e piuttosto dura per chi come me abita a qualche centinaio di kilometri di distanza e davvero non ha proprio idea di cosa succeda da quelle parti.
2007-11-03 15:17:59
2007-11-04 01:50:15
La camorra non esiste!

:D
2007-11-04 01:57:06
letto quest'estate

non è una lettura facile, nondimeno lo consiglio
2007-11-04 01:58:26
io l'ho divorato in poche ore
molto bello
2007-11-04 02:04:54
:(
2007-11-04 13:21:50
io lo cercherò in libreria in questi giorni
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